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Italia alla decima finale, l’Europeo manca da 53 anni

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Roberto Mancini puo’ essere orgoglioso degli azzurri e del suo lavoro di ricostruzione: in 60 anni di Europei e’ la quarta volta che l’Italia approda alla finale e l’unico successo e’ un miraggio di 53 anni fa. Un po’ meglio e’ andata ai mondiali perche’ in 90 anni la nazionale si e’ imposta quattro volte in sei finali. IN tutto quindi cinque successi in nove epiloghi dei tornei piu’ prestigiosi. La nazionale italiana e’ con Brasile e Germania sul podio delle squadre piu’ competitive da sempre, pur con alti e bassi. Ma dopo la polvere della non qualificazione 2018 neanche il tifoso piu’ incallito poteva pensare ad una salita cosi’ vertiginosa, col record di risultati di fila, il bel gioco offerto, l’abnegazione e il carattere mostrati nella sofferta semifinale di ieri con la Spagna. L’Italia da emulare nella finale europea e’ quella di Valcareggi che si impone nel 1968 con la Jugoslavia ma ha bisogno di una doppia partita dopo l’1-1 della prima. Il ct sostituisce cinque titolari e gli azzurri vincono facilmente con due prodezze di Gigi Riva e Anastasi. Gli slavi della stella Dzajic si arrendono nettamente, migliaia di giornali accesi come torce nella notte dell’Olimpico fanno sognare una nazione che sta per addentrarsi nelle tenebre della strategia della tensione. Le altre due finali europee sono una beffa e un crollo. Nel 2000 l’Italia di Zoff si presenta alla finale con la Francia euforica per la vittoria ai rigori sull’Olanda con le parate di Toldo e il ‘cucchiaio’ di Totti. A Rotterdam azzurri avanti con Delvecchio e in controllo, ma nel recupero Wiltford pareggia e ai supplementari Trezeguet segna il beffardo golden gol. Polemiche a non finire e Zoff si dimette per le aspre critiche di Berlusconi. Nel 2012 non c’e’ partita a Kiev: la Spagna di Iniesta e Xavi travolge 4-0 l’Italia di Prandelli che si era battuta per un mese da protagonista con Cassano e Balotelli in grande spolvero. Piu’ articolato e felice l’epilogo dei mondiali. Si comincia a Roma nel 1934 con grande fatica: ai 40 gradi dello stadio Pnf (poi Flaminio) la Cecoslovacchia e’ favorita, colpisce tre pali. L’Italia di Vittorio Pozzo (che si piazza dietro la porta avversaria per dirigere meglio) soffre, subisce il gol di Puc, poi pareggia con Orsi e conquista il titolo ai supplementari con Schiavio che sviene dopo il gol. Indiscutibile il successo del 1938 nonostante pressione e polemiche (Mussolini impone in una gara la maglia nera), grazie anche alla supponenza del Brasile che in semifinale fa riposare l’astro Leonidas e perde con gli azzurri. In finale a Parigi c’e’ la forte Ungheria di Sarosi, ma Pozzo ha fatto un lucido ricambio generazionale e l’Italia domina 4-2 con doppiette di Colaussi e Silvio Piola, grande protagonista con Meazza e Andreolo. La prima delusione e’ la finale in quota di Messico 70 dopo l’epico 4-3 con la Germania. L’Italia di Valcareggi e della staffetta subisce una lezione dal grande Brasile: Pele’ segna di testa saltando in cielo, Gerson, Jairzinho e Carlos Alberto rendono superfluo il pari di Boninsegna e disegnano un 4-1 che non da’ scampo. La rivincita e’, a sorpresa, a Spagna 82. L’Italia di Bearzot fa fuori Maradona e Zico e in finale domina 3-1 una Germania spenta col solito gol di Pablito Rossi, l’urlo di Tardelli e la chiusura di Altobelli per una gioia incontenibile col sorriso felice di Pertini in tribuna. Passano 12 anni, l’Italia e’ il laboratorio di Arrigo Sacchi che, dopo i trionfi col Milan, sfiora la grande i, mpresa negli Stati Uniti con i gol di Roberto Baggio. L’occasione e’ ghiotta perche’ in finale ai 36 gradi del mattino di Pasadena c’e’ uno dei peggiori Brasile della storia, ma l’Italia e’ in rosso fisso e Baggio, claudicante per vari infortuni, sbaglia il gol della possibile vittoria e poi l’ultimo rigore, coi brasiliani piu’ freddi e vincenti con Romario, Branco e Dunga. La rivincita ai rigori e’ rimandata al 2006: dopo lo scandalo scommesse l’Italia di Lippi si compatta, fa fuori in semifinale la Germania padrona di casa e a Berlino affronta la Francia di Zidane, protagonista con Materazzi. Zizou segna un rigore su fallo di Materazzi che pareggia di testa. Ai supplementari, dopo un diverbio il francese da’ una testata all’azzurro e viene espulso. Il pari non si sblocca piu’, ai rigori sbaglia Trezeguet, percorso netto italiano con quello di Grosso che determina il quarto titolo mondiale. Dopo nove anni (2012) gli azzurri tornano a giocarsi un trofeo. A Wembley sara’ in palio il sesto titolo, il secondo scettro europeo dopo un’interminabile attesa di oltre mezzo secolo.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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Tifosi del Napoli in silenzio 17′: poi cori contro De Laurentiis, Calzona e squadra

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Un’atmosfera insolita ha avvolto lo stadio Diego Armando Maradona durante l’ultimo incontro di Serie A tra il Napoli e la Roma. I tifosi del Napoli, in particolare quelli delle curve, hanno scelto una forma di protesta silenziosa per esprimere il loro dissenso verso la direzione del club in una stagione che si sta rivelando particolarmente difficile.

L’incontro è iniziato in questo clima quasi surreale. Il Napoli, attualmente ottavo in classifica, sta vivendo una delle sue stagioni più turbolente, segnata da risultati deludenti come l’ultima sconfitta contro l’Empoli. La scelta di non cantare è stata un modo per i tifosi di evidenziare il loro malcontento e la loro insoddisfazione per come le cose stanno procedendo sia sul campo sia fuori.

Il silenzio dei tifosi è stato interrotto solo al 17esimo minuto, quando è scaturito un coro contro il presidente Aurelio De Laurentiis.Questo tipo di manifestazione pacifica, ma estremamente eloquente, evidenzia la frattura crescente tra la base dei tifosi e la leadership del Napoli.

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