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Cronache

Ischia, l’isola che rispetta i diritti dei disabili: sentenza esemplare di un giudice di pace che cancella multe ingiuste a una ex insegnante invalida

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La sentenza, quand’anche emessa da un giudice di pace, potrebbe fare giurisprudenza. Contiene i germi di un diritto positivo che esprime grande civiltà, non solo giuridica. I disabili possono attraversare le zone a traffico limitato anche senza autorizzazione purché sia esposto il contrassegno che certifica la disabilità sulla propria auto. Perchè, ovviamente, un vigile urbano, tanto per fare un esempio, davanti ad una vettura deve saper discernere se è al servizio di un disabile o meno. E questo elemento lo da il contrassegno H. La decisione che è stata presa dal Giudice di Pace di Ischia ha un qualcosa di rivoluzionario. Il giudice ha accolto i primi ricorsi proposti dalla signora Angelica de Giovanni, ex insegnante, titolare di un contrassegno invalido. La signora, l’estate passata, è transitata nella zona a traffico limitato di Ischia più e più volte, ovviamente con auto munita di contrassegno H. E più e più volte è stata multata. Da vigili urbani che hanno inteso applicare la legge alla lettera. Tradendo lo spirito. A rappresentare la signora De Giovanni dinanzi al Giudice di Pace c’erano il figlio Eugenio D’Orio con l’avvocato Luigi Alfano. Hanno ottenuto l’annullamento delle prime multe. “Questa non è solo la nostra vittoria, ma quella di tutti i disabili”, hanno detto i due legali. L’avvocato Alfano, parlando a juorno.it, ha spiegato perché la sentenza del Tribunale di Ischia è così importante per tutti i disabili d’Italia.

Il caso

Lo scorso settembre alla signora Angelica sono state notificate ben 12 multe dal Comune di Ischia per un totale di circa mille euro, per aver attraversato la zona a traffico limitato, a loro dire, senza permesso. Il caso fu portato alla ribalta dal quotidiano locale Il Golfo con una campagna di sensibilizzazione martellante a tutela dei diritti dei disabili. Non ci fu verso, però, di far annullare quelle multe palesemente ingiuste. Il quotidiano locale, il Golfo, non si arrese mai e rimase al fianco della signora de Giovanni, raccontandone le battaglie ingaggiate contro il comune di Ischia e l’insensibilità di una comandante dei vigili urbani abbarbicata alla legge (il codice della Strada e le Ordinanze sindacali) più per convenienza e quieto vivere che per certezza del diritto.

Angelica de Giovanni assieme al figlio Eugenio D’Orio fuori il Tribunale d’Ischia

Ma per la de Giovanni non ci sono solo le multe per il transito nella zona a traffico limitato da contestare. Qualche mese prima, infatti, la signora Angelica De Giovanni con suo figlio Eugenio denunciarono il Comune di Ischia per “la mancanza di un parcheggio per i disabili nei pressi dell’unico stabilimento balneare presente sull’isola attrezzato per i diversamente abili”. L’auto della signora De Giovanni venne multata per “divieto di sosta in zona a traffico limitato senza autorizzazione” e pochi giorni dopo annullata dal comandante della municipale Chiara Boccanfuso. Malgrado la contravvenzione sia stata prontamente eliminata la signora De Giovanni e suo figlio Eugenio hanno denunciato il Comune. Questione di principio, dissero. Ed in effetti i principi sono etici e giuridici. “Secondo l’articolo 1, comma 251, della legge 296 del 2006 è fatto obbligo alle Amministrazioni comunali di creare parcheggi nelle adiacenze degli stabilimenti balneari attrezzati per disabili”. Da un lato ci sono i diritti sacrosanti dei disabili e le modalità per render loro la vita meno complicata, dall’altro, le Pubbliche Amministrazioni che devono combattere contro gli automobilisti incivili e contro i furbetti del contrassegno. Per ora la battaglia di civiltà l’ha vinta una ex insegnante disabile che non si è a arresa a chi voleva seppellirla sotto un catasta di multe.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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