Dice: il Var ha ridotto il numero di errori arbitrale. Non è vero perchè il protocollo d’utilizzo è carente, e perchè c’è un eccesso di discrezionalità dell’arbitro nel ricorrere nel mezzo tecnologico per evitare errori marchiani. In molti casi, in troppi casi, se certi arbitri avesse perso un minuto in più per rivedere con attenzione certe azioni, forse ci sarebbero meno recriminazioni e meno veleno in un mondo, quello del calcio, che è sempre meno uno sport e sempre più una industria che produce soldi che vanno in molte direzioni. E non sempre sono direzioni giuste. Nell’ultima giornata c’erano due rigori, anche a occhio nudo, su Belotti e Zaza in Torino – Juventus. C’era un rigore a Roma sul genoano Pandev. Sono tre casi, non scelti a caso, dove l’arbitro avrebbe dovuto vedere anche senza Var quello che tutti hanno visto allo stadio e in tv. Ma siccome può accadere che si è distratti, non si ha la visuale giusta, si può essere stanchi, sarebbe stato opportuno che i direttori di gara avessero chiesto l’ausilio del Var o meglio che gli arbitri della Var Room avessero avvisato l’arbitro in campo che forse era il caso di rivedere certe azioni. Insomma non si può più consentire l’uso a singhiozzo che gli arbitri fanno della tecnologia. Perché Guida di Torre Annunziata e Di Bello di Molfetta (hanno diretto Torino vs Juventus e Roma vs Genoa) avrebbero dovuto usare il Var, dovevano controllare, non dovevano lasciare dubbi sulla direzione della gara! Magari, la soluzione c’ è: quella di consentire agli allenatori di poter chiamare il Var. Una, due o tre volte. Come quelli che nel basket chiamano il Time out.
Enrico Preziosi. Patron del Genoa sostiene che c’è malafede in certe scelte arbitrali
Al centro delle polemiche, guarda caso, sempre la Juventus, ancora una volta i bianconeri. Urbano Cairo, il presidente del Torino, è stato netto: “Penso che ci sia ancora una sudditanza psicologica, L’arbitro – spiega Cairo a mente fredda – doveva andare a vedere la Var. Una Var controllata meglio poteva scovare degli errori che magari un arbitro non riesce a vedere. Non credo servano molte riunioni, ci siamo visti un mese fa. Hanno detto che avrebbero fatto un ricorso maggiore alla Var e questo è quello che va fatto”. Nulla da fare. Anche il Milan ebbe da ridire. Anche il Milan protesto per la direzione di gara contro la Juve. Per la mancata espulsione di Benatia, dopo il fallo di mano che provocò il rigore di Higuain. Ma Rizzoli, il capo degli arbitri, non fu categorico in quella circostanza: “In questo caso dare il secondo giallo è una decisione soggettiva”. Embè, gli arbitri decidono soggettivamente e stranamente, sempre pro Juve nel dubbio. Altra prova in tal senso? A Cagliari, il 7 gennaio di un anno fa: Bernardeschi colpì col braccio, l’arbitro Calvaresi non ebbe esitazioni né dubbi di alcun tipo. E non andò a rivedere l’azione. Era un rigore grande quanto una casa che solo Calvaresi, tra migliaia di persone, non riuscì vedere. La madre di tutte le gare piene di sospetti è Inter-Juventus quando Orsato, nel match chiave per lo scudetto, diede rosso (giusto) a Vecino (dopo consulto Var) per fallo su Mandzukic. Contestato il mancato secondo giallo a Pjanic (in questo caso, però, non andò al Var). Non vanno dimenticati gli episodi dei due gol della Juve rivisti e corretti con la video assistenza.
Aurelio de Laurentiis. Il presidente del Napoli chiede una Var Room autonoma rispetto all’arbitro in campo che può fermare il gioco
Dal presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, arriva una proposta che è di buonsenso, non è urlata e non sparge veleni perchè ce ne sono già troppi. De Laurentiis sostiene la necessità di introdurre una cabina-regia Var unica, sul modello Russia 2018. Una cabina che intervenga di arbitrio, senza sollecitazioni dell’arbitro in campo. Perché così com’è, questo Var lascia un po’ l’amaro in bocca. C’è il sospetto che non pochi arbitri abbiano scelto la difesa istintiva del territorio. Dice Nicola Rizzoli, ex arbitro internazionale e oggi designatore per la serie A: “Gli errori sono pochi in questo avvio di campionato”. Ma tra arbitro e Var spesso c’è un cortocircuito. Preziosi, il presidente del Genoa, invece ci va giù pesante: “Quello non è un errore (la spinta su Pandev, per capirci), è il rifiuto di consultare un possibile fallo. Per me era una situazione di malafede, né più e né meno”. Più chiaro di così…
Gabriele Gravina. Il presidente di Federcalcio chiede di non demonizzare il Var
Prima degli errori clamorosi di domenica, ce sono a iosa di clamorosi, con il Torino vittima principale. Il fischio anticipato che cancella il gol buono di Berenguer in Udinese-Toro; il mancato rigore al Bologna contro l’Udinese; il mancato controllo sul rigore dato al Chievo contro il Bologna; il rigore da togliere alla Fiorentina contro l’Atalanta; il rigore negato all’Inter contro il Parma; il mancato annullamento del gol del Frosinone per carica su Sirigu contro il Torino; il mancato rosso per chiara occasione da gol a Vicari in Lazio-Spal. Poi, Marcello Nicchi aveva bollato come “errore inconcepibile” lo sgambetto di D’Ambrosio su Zaniolo in Roma-Inter che Rocchi neppure è andato a vedere. Chiffi, arbitro di Napoli-Chievo che se avesse guardato al monitorla spinta di Obi a Callejon avrebbe concesso il rigore. E poi ce ne sono altri, anche solo sospetti ma mai indagati.
Tommasi, il presidente dell AssoCalciatori, è severo. “Meglio una sosta al Var in più che mille polemiche in più, solo il gesto di andare a vedere il fatto aiuterebbe a creare meno polemiche”. Davanti a questo dati di fatto, intervengono il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, e il numero uno degli arbitri Marcello Nicchi, per dire stop alle lamentele. “Le dichiarazione di alcuni dirigenti a mio avviso forse andrebbero evitate. Anche perchè, la percentuale di errore si è abbassata moltissimo – fa notare il presidente Gravina a margine del consiglio federale in via Allegri -. Demonizzare solo le negatività di uno strumento che sta dando grandissimi vantaggi mi sembra fuorviante. Preziosi ha parlato di malafede? Per noi è una precondizione essenziale, non è assolutamente accettabile nel nostro mondo un’idea di questo tipo”. Anche Nicchi rispedisce al mittente l’accusa spiegando che la sudditanza psicologica “non è un argomento di casa mia”. Sul tavolo c’è invece un confronto aperto su come migliorare l’applicazione della tecnologia. “Ci sono aspetti positivi e ci sono ancora errori” ammette Gravina, rimarcando però che “in Atalanta-Lazio il fuorigioco nel finale di 3 cm è stato evidenziato proprio dalla Var”.
Nicola Rizzoli. Designatore serie A
“Sanciamo quindi il principio che rimane e funziona. Mi sembra che riscuota consenso a livello internazionale, gli altri vogliono valorizzarla, noi siamo stati il primo paese a introdurla e non possiamo essere i primi detrattori – conclude il n.1 della Figc -. Diamo un contributo affinché migliori e su questo l’Aia mi sembra si stia impegnando. Ammettiamo anche la possibilità di attivare l’esercizio del perdono”. Nel corso del consiglio federale si è affrontato poi l’argomento del prolungamento della finestra di mercato per il mese di gennaio sottolineando come l’Italia sia l’unico paese che ha come data ultima per i trasferimenti il 18 gennaio, mentre i principali campionati hanno la scadenza a fine mese. “Ho chiesto alla Lega di Serie A una posizione di interesse. Aspettiamo la decisione dell’assemblea (che si riunirà giovedì a Milano, ndr), se ci fosse disponibilità poi procederò a formulare apposita richiesta motivata alla Fifa per la proroga al 31 gennaio”. Tema affrontato anche dal presidente dell’Assocalciatori, Damiano Tommasi: “Noi dell’Aic abbiamo sempre detto che giocare col mercato aperto può essere un problema ma c’è anche il tema della competitività a livello internazionale con l’apertura del mercato in altri paesi”. Nessun accordo infine sul format della Serie B. La Lega Pro ha avanzato il progetto di riportare la serie cadetta a 20 squadre con 5 promozioni dalla terza serie, ma sia la Lega di A che quella di B non hanno condiviso la proposta. “Quando non c’è consenso, valgono le regole scritte e quelle attuali sono chiare – evidenzia Gravina -. Ad oggi il format della Serie B è a 22 squadre e se non interverrà una modifica il prossimo anno resterà tale”.
Dopo un sabato sugli scudi nel Masters 1000 di Madrid, la domenica del tennis azzurro è amara con le sconfitte di Flavio Cobolli e Jasmine Paolini. Il tennista romano cede in due set allo statunitense Brandon Nakashima che si impone col punteggio di 7-5 6-3. Sconfitta al terzo turno anche per la Paolini, superata in due set da una ritrovata Maria Sakkari, con la greca che vince con il punteggio di 6-2 6-1, in un’ora e 19 minuti di partita. Sfuma il sogno di Cobolli di qualificarsi per gli ottavi di finale del Masters 1000 di Madrid. Contro Nakashima sono stati fatali i 38 gratuiti del tennista romano, che dopo essere partito fortissimo, si è spento nel corso del match, pagando anche la scarsa percentuale di punti vinti con la seconda di servizio. Ottava sconfitta stagionale per Jasmine Paolini: prestazione maiuscola quella offerta da Maria Sakkari che negli ottavi troverà o la kazaka Elena Rybakina o l’ucraina Elina Svitolina.
La toscana ha sbagliato tantissimo e il punteggio finale la dice lunga. Paolini tornerà in campo agli Internazionali di Roma. Avanza al secondo turno del Mutua Open di Madrid il doppio italiano formato da Flavio Cobolli e Lorenzo Musetti. I due si sono imposti al super tie-break contro i francesi Doumbia e Reboul col punteggio di 6-3 5-7 11-9 e affronteranno ora le testa di serie n.6 del seeding, Mektic e Venus. Buona l’intesa e alta l’intensità messa in campo dai due azzurri con Cobolli ripresosi dopo l’eliminazione patita nella mattinata contro Nakashima.
La terra rossa si conferma superficie che ben si lega al tennis così diverso eppure così efficace dei due giovani italiani. Ed è un’intesa, la loro, sulla quale continuare a insistere vista la potenziale sintesi cui potrebbe dare origine. Tra gli altri risultati di giornata, il n. 2 mondiale Alexander Zverev ha avuto bisogno di tre set e due tie-break per strappare il posto agli ottavi di finale, battendo lo spagnolo Alejandro Davidovich-Fokina in quasi tre ore di gioco. Esce invece di scena il detentore del titolo Andrey Rublev che ha perso 6-4, 0-6, 6-4 al terzo turno contro il kazako Alexander Bublik.
Nel torneo femminile avanza anche la n.1 Aryna Sabalenka che ha battuto in rimonta la belga Elise Mertens mentre, saluta il torneo spagnolo la statunitense Jessica Pegula che si è fatta sorprendere dalla giapponese Moyuka Uchijima. A una settimana dalla scadenza della sospensione dalle gare di Jannik Sinner, concordata con la Wada per la vicenda Clostebol (il 4 maggio, domenica prossima), il torneo madrileno entra nel vivo. Aspettando Roma.
L’Inter non c’è più, mentre la Roma continua a volare. A San Siro la rete decisiva di Soulé lancia i giallorossi sempre più vicina alla zona Champions League, mentre i nerazzurri trovano la terza sconfitta consecutiva, come non accadeva dall’aprile 2017. Un’Inter svuotata di testa e di gambe, da encefalogramma piatto, incapace di una reazione anche in casa, davanti a 70mila propri tifosi, in una partita potenzialmente decisiva nella corsa scudetto, a tre giorni dalla semifinale Champions in casa di un inarrestabile Barcellona. La giustificazione della stanchezza fisica tiene fino a un certo punto, perché così come nel derby contro il Milan l’Inter soprattutto sembra non crederci più: altrimenti una reazione, anche piccola, si sarebbe vista. Tant’è che alla Roma non è servita la migliore prestazione stagionale, anzi, considerando l’avversario è bastato poco più del minimo sindacale, sprecando tra l’altro molto soprattutto nel primo tempo quando avrebbe potuto chiudere subito la gara.
Ma restano tre punti fondamentali per la squadra di Ranieri, che continua la sua striscia di imbattibilità, sfata il tabù Meazza (prima vittoria dopo 17 anni) e si conferma in piena lotta per il quarto posto e la conseguente qualificazione in Champions League. L’Inter prova a partire forte, Frattesi dopo 5′ andrebbe già in gol su assist di Arnautovic, ma l’arbitro annulla per un fuorigioco in partenza dell’austriaco. L’Inter cerca di fare la partita, mentre la Roma si chiude per ripartire. Inzaghi perde Pavard, costretto al cambio dopo un quarto d’ora per un problema alla caviglia sinistra. La Roma si fa vedere con un destro dal limite di Kone, alto di poco. È un’avvisaglia, perché poco dopo su una azione identica come sviluppo i giallorossi sbloccano il risultato: destro dal limite di Pellegrini, rimpallo che favorisce Soulé che con una conclusione ravvicinata porta avanti la squadra di Ranieri.
Cristante ha subito dopo la palla anche per il raddoppio, ma servito da Pellegrini calcia male da dentro l’area. E poi serve una scivolata miracolosa di Carlos Augusto, che respinge la conclusione a botta sicura di Shomurodov. L’Inter prova a reagire, su sviluppi di corner Arnautovic viene disturbato da Cristante al momento dal tiro in area e calcia alto. I nerazzurri cercano di alzare la pressione, senza però riuscire a creare pericoli per la porta di Svilar. Nella ripresa ci si attenderebbe una reazione dell’Inter, che però non arriva: il lento possesso palla nerazzurro non porta sbocchi, con la Roma che si limita a difendersi ordinatamente. Provando a ripartire anche, seppur le conclusioni di Soulé e del subentrato Baldanzi non creino particolari problemi a Sommer. Inzaghi si gioca la carta dell’ex Zalewski e di Dumfries, al ritorno dall’infortunio.
Ci prova Calhanoglu dalla distanza, palla però a lato. La migliore occasione capita subito a Dumfries, che colpisce a botta sicura di testa trovando Svilar sulla sua strada. L’Inter alza i giri, Lautaro imbuca per Barella che quasi dentro l’area piccola calcia malissimo divorandosi la palla per il pareggio. La Roma però in ripartenza si rende pericolosissima, con Pisilli prima e Dovbyk per due volte poi che sprecano malamente l’occasione per il raddoppio da soli davanti a Sommer. Inzaghi prova il tutto per tutto con il tridente inserendo Correa e con il ritorno in campo anche di Zielinski. L’assalto finale porta solo proteste interiste per una trattenuta di Ndicka su Bisseck: ma i tre punti vanno alla Roma.
Un ‘conclave’, seppur sportivo, la cui fumata bianca sembra ancora lontana. Appuntamento a domani pomeriggio, a Palazzo H, per il secondo incontro tra i presidenti federali e il n.1 del Coni, Giovanni Malagò, dopo quello andato in scena già prima di Pasqua.
Sul tavolo ci sono le elezioni presidenziali del comitato olimpico nazionale italiano con l’obiettivo di convergere all’unanimità, o quasi, verso un nome che possa rappresentare gli organismi sportivi per il prossimo quadriennio. Le elezioni sono fissate per il 26 giugno al CPO Giulio Onesti, le candidature potranno esser presentate fino al 5 di giugno e oggi sono tre i nomi: quello di Luciano Buonfiglio (presidente Federcanoa), Luca Pancalli (n.1 Cip in uscita) ed Ettore Thermes (velista e unico ad aver già oggi depositato la candidatura). E mentre Sport e Salute sembra stare alla finestra perché l’obbiettivo naturale è quello di una collaborazione con il Coni del futuro, nella riunione di domani i presidenti entreranno più nel vivo del dibattito.
Una parte di loro appoggia la candidatura di Buonfiglio anche se nessuno si sbilancia ancora sul n.1 FICK, nemmeno Malagò, che continua a tessere la tela e comunque per il suo ruolo Cio farà parte della prossima Giunta, a prescindere dall’eventualita’ che in caso di successo del suo candidato gli venga riconosciuto un ruolo onorifico, come fu per Nostini. Insomma, si attende domani; non si può escludere che esca anche un altro nome, ancora riservato, ma sempre interno al mondo federale verso il quale confluire i voti. Di contro c’è Pancalli, la cui candidatura, in questo momento, resta, seppur silenziosa, dopo il suo annuncio di voler concorrere alla poltrona Coni.
Dai primi exit poll se le elezioni fossero oggi e i candidati quelli citati, Buonfiglio sarebbe in vantaggio sul n.1 Cip, ma in due mesi possono succedere ancora tante cose e a fare da sfondo c’è sempre l’augurio di Gianni Petrucci, presidente FIP, a prescindere da chi sarà il prossimo presidente Coni. “Mi auguro che il successore di Malagò porti a una rappacificazione in Consiglio Nazionale perché abbiamo bisogno anche di Barelli e Binaghi”, aveva detto in occasione dell’ultima riunione, per un aspetto che potrebbe avere anche un peso nella scelta di quale candidato appoggiare il prossimo 26 giugno.