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Il piano del M5S: il Pd non sfiducia Conte e vota il taglio dei parlamentari, Salvini fuori dal Governo e poi al voto

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Quando accadrà non lo sappiamo ancora. Però già che c’è una mozione di sfiducia al presidente del Consiglio Giuseppe Conte presentata dalla Lega, appena sarà calendarizzata si andrà in aula a discutere e a votare. Sarà un passaggio veloce, indolore? Si decapiterà subito il premier e si andrà subito alle urne? Qui la strada si fa più stretta e le aspettative del leader della Lega Matteo Salvini sono troppo generose rispetto a quanto potrebbe riuscire a cavarne da una crisi agostana aperta per rincorrere i sondaggi. Ci sono contatti tra M5S e Pd per scongiurare il voto subito, fare un governo di scopo, sterilizzare l’Iva, fare la manovra economica, evitare la bancarotta del Paese e poi, dopo aver messo i conti pubblici al sicuro, andare al voto. Quello che dovrebbe nascere è un governo di scopo, un governissimo, un governo del Presidente o come vogliamo e vorranno definirlo che nascerà solo se il Pd vorrà ed evidentemente se il presidente Sergio Mattarella si convincerà che un esecutivo del genere ha il consenso necessario in Parlamento e risponde agli interessi del Paese. Come andrà tra Pd e M5S? Riusciranno a trovare la quadra e a disattivare Matteo Salvini che vuole capitalizzare subito l’enorme consenso che gli attribuiscono i sondaggi? Il M5S tesse la tela di un accordo di desistenza con il Pd e resistenza a Salvini. In che cosa consiste? Oggi Di Maio chiederà a Matteo Salvini di fare sul serio e di fare il serio. Il ragionamento che farà Di Maio è più o meno questo: “Hai presentato la mozione di sfiducia a Conte? Bene, esci subito dal Governo. Dimettiti e fai dimettere i ministri leghisti. Insomma, siate conseguenti”. Poi sarà calendarizzata la mozione in Aula al Senato.

Giuseppe Conte. Il premier assieme ai due vice spiegherà al Senato perchè Salvini ha affossato il Governo

In quella sede Giuseppe Conte spiegherà chi è in realtà Matteo Salvini, perchè vuole andare al voto e perchè vuole farlo subito. Quindi si passerà al voto di sfiducia a Conte. E qui si vedrà se c’è accordo tra Pd e M5S per un governo di scopo, si misurerà se la tela tra Pd e Cinque Stelle sarà stata solo la foto di un disperato tentativo estivo, oppure se può diventare davvero realtà lo scacco a Matteo Salvini. Nella speranza che i sussurri e gli sms con i dem portino a una nuova maggioranza di fatto innanzitutto alla Camera sul taglio dei parlamentari, la bandiera che va resa legge per far slittare il voto di mesi, almeno fino alla primavera. Questa potrebbe essere la rotta dei Cinque Stelle nella testa del capo politico Di Maio, che stamattina riunirà i parlamentari in un’assemblea congiunta e chiederà un nuovo mandato a proseguire, sulla via per tenere in piedi un governo: un Conte bis, negli auspici. O anche un governo del presidente con qualche “risorsa” della Repubblica tipo Raffaele Cantone. Luigi Di Maio è aperto anche a questa soluzione o ad altre, basta dare scacco a Salvini, avere il tempo di smascherare il suo piano e andare al voto dopo aver fatto la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari.
C’è la copertura politica del fondatore Beppe Grillo, che sabato ha sorpreso tutti con quel suo post su Salvini: “Altro che elezioni, salviamo l’Italia dai barbari, coerenza non vuol dire rigidità”. Parole che hanno fatto emergere una sfilza di 5Stelle pronti alla scommessa, all’accordo con il Pd. A tradurre in linguaggio più semplice le parole evocative di Grillo ci ha pensato Emilio Carelli, deputato del M5S, entrato nelle liste dei grillini in quel momento di apertura del Movimento alla società civile, eletto in un collegio uninominale difficile senza alcun paracadute elettorale nel proporzionale.

Il deputato dialogante. Emilio Carelli

E che cosa dice Carelli? Che “dialogare per il bene del paese è un atto di responsabilità necessario che riguarda tutti i partiti che hanno a cuore le sorti dell’Italia. Quando si vive un’emergenza – spiega Carelli – bisogna mettere da parte i vecchi rancori e le rivalità dei tempi normali. Ci sono in gioco la tenuta dell’Italia, la qualità della vita dei cittadini e i bilanci delle imprese. Facciamo quadrato per bloccare l’aumento dell’Iva, contenere lo spread ed evitare le montagne russe sui mercati, ma anche approvare definitivamente la riduzione del numero dei parlamentari. Non possiamo permettere che la propaganda e la sete di potere di un solo uomo (ndr, leggi Salvini) riportino l’Italia indietro di decenni”.
Carelli non fa parte della nomenclatura del potere grillino ma la sua libertà di giudizio e la sua capacità di mantenere l’equilibrio nei momenti complicati, è benzina per far correre Di Maio, che si avvale anche di queste prese di posizione per tenere unito il gruppo parlamentare. Un Di Maio che può contare anche sul  benestare di due big spesso critici come Nicola Morra e Paola Taverna. E ovviamente sull’appoggio del presidente della Camera Roberto Fico.
E allora Di Maio insiste. Con Matteo Renzi nessun contatto diretto. Per questo il capo politico riparte sempre da lì, dal taglio dei 345 parlamentari, da approvare in quarta e definitiva lettura a Montecitorio. “L’unica apertura da fare è al buon senso, tagliamo 345 poltrone. Nessun inciucio, nessun giochetto” ripete su Facebook. Poi, con una formuletta che usano un po’ tutti, Di Maio spiega che anche il M5S “si affida alle decisioni del presidente della Repubblica”. Ma non è così semplice. Il Pd deve decidere l’astensione nel voto di sfiducia a Conte. E per farlo devono riunirsi, tenere una direzione. Renzi e Zingaretti non hanno un accordo. Perchè c’è bisogno di un accordo serio per far passare il cosiddetto lodo Grasso, cioè l’ astensione di dem, LeU e vari del Misto nel voto in Senato sul premier. La prima, importante prova sarà la conferenza dei capigruppo di domani alla Camera, dove il M5S si aspetta l’aiuto del Pd per un nuovo calendario dei lavori che anticipi da settembre ai prossimi giorni il voto sulla riduzione degli eletti. Ma ci sono troppi “se” e troppi “ma” disseminati lungo questa strada.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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