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I marinai sequestrati in Libia arrivano domattina a Mazara del Vallo, è la fine di un incubo

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Al porto nuovo di Mazara del Vallo due pescatori, sul ponte di una barca, provano sotto la pioggia a indovinare quale sara’ la banchina d’approdo dell’Antartide e del Medinea, attesi domattina, intorno alle 10, dopo oltre 50 ore di navigazione da Bengasi. Guardano un braccio del porto dove c’e’ piu’ spazio e con un’occhiata d’intesa dicono che, si’, arriveranno li’. In questa citta’ di 51 mila abitanti, dove il mare s’annuncia dal porto canale che s’insinua verso le strade del centro, l’arte dell’attesa non e’ nuova: comincia ogni volta che un equipaggio lascia la banchina per un battuta di pesca che puo’ durare un mese e anche piu’. Ma stavolta il viaggio e’ durato 110 giorni e poteva finire male. Lo sa bene Marika Calandrino, la giovane moglie di Giacomo Giacalone, uno dei 18 pescatori che faranno ritorno da Bengasi. Un uomo che era partito quando la figlia Gaia, 15 mesi, gattonava e stentava a pronunciare le prime parole; adesso corre e chiede di papa’, un papa’ che la mamma ha visto in una foto che le e’ stata inviata l’1 settembre, subito dopo il sequestro dei pescherecci da parte dei libici e che lo ritrae, dice la moglie, con un occhio semichiuso e la guancia arrossata: “Conosco ogni dettaglio di mio marito – spiega Marika – e per quanto lui non mi abbia detto nulla nelle due conversazioni via radio, sono convinta che e’ stato picchiato”. Tra la felicita’ per l’imminente arrivo, l’amarezza fa capolino nelle parole di Naoires, la figlia di uno dei sei tunisini sequestrati, Mahmed Ben Haddada, alla quale non e’ stato concesso di parlare col padre. E’ lei stessa a spiegare l’accaduto: “La Farnesina mi ha informata che dovevo rivolgermi all’ambasciata tunisina. La Tunisia, pero’, mi ha fatto notare che la questione riguarda Roma e la Libia. Il risultato e’ che non sono riuscita a parlargli e questo mi fa sentire discriminata. Sono italiana, sono nata qui, dove mio padre vive da trent’anni”. Mentre Marco Marrone, armatore del Medinea, fa le prove generali della festa portando arancine e rosticceria nei locali del Comune, il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, avverte i parenti dei “rischi” legati al ritorno dei loro cari: “Non lasciatevi condizionare dai loro racconti – dice durante la consegna alle famiglie dei pescatori di un assegno da mille euro ciascuno da parte di due imprenditori locali – e sappiate che hanno bisogno di parlare. Non fate domande, accogliete il loro dolore trasfigurandolo con il vostro affetto. Tenete a distanza chi potrebbe rubare i vostri momenti di gioia”. Sugli “intrusi” vigila il sindaco Salvatore Quinci, il quale avverte la popolazione che il porto sara’ inibito a tutti, tranne alle persone autorizzate. In tempo di Covid e’ tutto piu’ complicato: dopo la visita di un medico a bordo dei pescherecci, ai marinai saranno fatti i tamponi a terra e dal loro esito dipenderanno i movimenti dei 18 uomini. Nel pomeriggio il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si e’ collegato in videoconferenza con i familiari dei marinai e con in sindaco, radunati nella sala consiliare del municipio. “Il governo e’ con voi”, ha detto il titolare della Farnesina. “Ce l’abbiamo messa tutta per riportate i pescatori in Italia prima di Natale. Quella di domani sara’ una giornata storica”. Con Di Maio c’era in collegamento anche il Guardasigilli Alfonso Bonafede, che e’ di Mazara del Vallo. Intanto, il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, in una lettera inviata al premier Giuseppe Conte ha invitato il governo a intraprendere “una serie azione diplomatica in sede internazionale” per risolvere la questione delle acque territoriali libiche. Da domani comincia un’altra partita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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Sindaci Ue rivendicano diritto a imporre limiti velocità

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Imporre i limiti di velocità sia una prerogativa di città e regioni. A chiederlo sono i 13 firmatari tra sindaci e vicesindaci di città europee che dalle colonne del Financial Times criticano alcune iniziative promosse in Italia, con la riforma del codice della strada, e nel Regno Unito che potrebbero impedire a città e comuni di attuare misure per la sicurezza stradale, come l’introduzione di limiti di velocità più bassi e telecamere per il controllo del traffico. Da Bologna a Firenze e Milano, passando anche da Amsterdam, Bruxelles e Helsinki. Tra i firmatari italiani Matteo Lepore e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze e la vice sindaca e assessora alla mobilità di Milano, Arianna Censi.

La lettera fa esplicito riferimento al disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre per riformare il codice della strada, criticato anche in Italia da varie associazioni perché ritenuto svantaggioso per i pedoni. Per sindaci e vice le nuove norme ostacolerebbero “gravemente” la capacità delle autorità locali di creare zone a traffico limitato, installare autovelox e fissare limiti di velocità inferiori che invece sono fondamentali per abbattere le emissioni e rendere anche le strade più sicure. Nella missiva non si fa riferimento solo all’Italia. I firmatari prendono di mira anche il “piano per i conducenti” nel Regno Unito che punta a introdurre misure altrettanto restrittive e alle resistenze in Germania, dove il governo ha finora resistito agli sforzi di oltre 1.000 comuni che vogliono un maggiore controllo sui limiti di velocità locali.

“Politiche nazionali come queste, basate non sulla scienza ma sull’opportunità politica, danneggiano la capacità delle autorità locali di prendere decisioni sul miglioramento della sicurezza e della salute dei propri cittadini”, accusano i rappresentanti locali. Sottolineando l’importanza di limiti di velocità più bassi nelle aree urbane – si legge ancora nel testo – che “stanno prevenendo le morti e migliorando la vita oggi nelle città di tutta Europa”. Non “si tratta di limitare la libertà degli automobilisti, ma di rendere le strade più sicure per tutti, ridurre il rumore e l’inquinamento e rendere la città più invitante per coloro che scelgono forme di trasporto più salutari come camminare e andare in bicicletta”. Insieme ai tre rappresentanti italiani la lettera è siglata anche da Alison Lowe, vicesindaco di West Yorkshire; Thomas Dienberg, vicesindaco di Lipsia; Frauke Burgdorff responsabile della pianificazione di Aquisgrana; Philippe Close, sindaco di Bruxelles; Mathias De Clerq, sindaco di Gand; Melanie Van der Horst, vicesindaco, di Amsterdam; Vincent Karremans, vicesindaco di Rotterdam; Karin Pleijel vicesindaco di Göteborg; Andréas Schönström vicesindaco di Malmö; Juhana Vartiainen, sindaco di Helsinki.

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