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Fuortes lascia la Rai, presto il successore

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Si chiude con un anno di anticipo il mandato dell’amministratore delegato Rai, Carlo Fuortes, che ha deciso di rassegnare le dimissioni prendendo atto che – come spiega in un comunicato – “non ci sono più le condizioni per proseguire”. Ora il governo Meloni può archiviare la gestione figlia dell’esecutivo guidato da Mario Draghi e nominare, probabilmente già questa settimana, uomini di propria fiducia al vertice della tv pubblica. La settimana scorsa il Consiglio dei ministri aveva approvato un decreto che sembrava aprire le porte del Teatro San Carlo a Fuortes, determinando la decadenza del sovrintendente Stephane Lissner. Quel percorso è apparso però subito in salita, anche per il ricorso al giudice del lavoro annunciato dal direttore francese, mentre a Viale Mazzini incombevano i palinsesti autunnali e cresceva la pressione dell’esecutivo per accelerare sul piano industriale. “Dall’inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai”, denuncia ora l’Ad, aggiungendo di aver registrato in cda “il venir meno dell’atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato”. “Non posso – prosegue -, pur di arrivare all’approvazione in cda dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti, sebbene ovviamente legittimi, di linea editoriale e una programmazione che non considero nell’interesse della Rai”. Una presa di posizione che fa insorgere il Movimento 5 Stelle e l’Usigrai che chiedono a Fuortes di chiarire sulle pressioni ricevute. Per gli esponenti del Pd in Vigilanza si tratta di “un’epurazione a scopi politici”, fatta solo per “fare il pieno di poltrone in Rai”.

Ricostruzioni negate da FdI che parla di “una scelta, al di là di ricostruzioni fantasmagoriche di alcuni organi di stampa, determinata dalla presa di consapevolezza delle difficoltà”. Prende atto “con rammarico” delle dimissioni la presidente Rai, Marinella Soldi, auspicando che adesso ci sia “un clima di collaborazione da parte di tutti gli stakeholder, diverso dalla nociva incertezza che ha caratterizzato questi ultimi tempi”. Spetta ora al ministero dell’Economia, azionista della Rai, indicare il successore che verrà designato poi dal Consiglio dei ministri, forse già giovedì. Successivamente toccherà all’assemblea degli azionisti fare la proposta al consiglio di amministrazione, al quale spetterà poi la nomina definitiva. Secondo le indiscrezioni, per il ruolo dovrebbe essere scelto il direttore di Radio Rai, Roberto Sergio, che potrebbe poi indicare come direttore generale l’ex consigliere, in quota Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi. La prima urgenza in Rai è l’approvazione dei palinsesti autunnali che saranno presentati a luglio, poi si dovrebbe aprire anche il capitolo nomine. I nomi già circolano, anche se è presto per tracciare un quadro preciso.

Da assegnare ci sono le caselle della Direzione Approfondimento e del Coordinamento editoriale, che Antonio Di Bella e Giuseppina Paterniti lasceranno per raggiunti limiti di età: la prima potrebbe andare a Paolo Corsini o a Nicola Rao se dovesse lasciare il Tg2, mentre Monica Maggioni sembra indirizzata sulla seconda. In ballo c’è, infatti, l’arrivo al suo posto al Tg1 del direttore dell’Adnkronos Gian Marco Chiocci, stimato dalla premier. Per il Tg2 c’è invece in corsa Antonio Preziosi, gradito a Forza Italia, che lascerebbe la guida di Rai Parlamento a Giuseppe Carboni, l’ex direttore del Tg1, attualmente senza incarico. La Lega sarebbe favorevole al trasferimento di Marcello Ciannamea all’Intrattenimento Prime Time al posto di Stefano Coletta, nel mirino già dal Festival di Sanremo. Da assegnare anche la direzione di Rai Sport, lasciata vacante da Alessandra De Stefano, che potrebbe andare al direttore del Gr Radio, Andrea Vianello. Si prospettano anche diversi cambi di conduzione delle trasmissioni di informazione e intrattenimento, ma gli occhi sono puntati principalmente sul futuro di Fabio Fazio che ha il contratto in scadenza e viene dato in uscita per condurre un nuovo programma sul Nove. Del suo rapporto con la Rai dovrebbe occuparsi il cda in programma il 18 maggio.

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Macron: se i russi sfondano non escludere le truppe

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Lo spettro delle armi proibite torna ad affacciarsi sulla guerra in Ucraina. La denuncia è arrivata dagli Stati Uniti, secondo cui i russi hanno utilizzato un agente chimico soffocante, la cloropicrina, per ottenere “conquiste sul campo di battaglia”. Le forze di invasione, al di là dei metodi più o meno convenzionali utilizzati, procedono con un’avanzata costante nel Donbass, ingaggiando con il nemico pesanti combattimenti intorno ad Avdiivka. E’ uno scenario che preoccupa gli alleati di Kiev, a partire dalla Francia, tanto che Emmanuel Macron ha evocato ancora una volta la possibilità di inviare truppe, se Mosca sfondasse e gli ucraini lo richiedessero esplicitamente.

L’uso di armi chimiche come “metodo di guerra” è stato segnalato dal Dipartimento di Stato Usa, che ha parlato di casi “non isolati”, in violazione di una convenzione internazionale che ne vieta l’utilizzo, firmata anche dalla Russia. In particolare la cloropicrina, che sarebbe servita per “allontanare le forze ucraine dalle posizioni fortificate”, è una sostanza ampiamente utilizzata durante la prima guerra mondiale, che provoca irritazione ai polmoni, agli occhi e alla pelle e può causare vomito e nausea. Gli ucraini, inoltre, hanno riferito di aver dovuto fronteggiare numerosi attacchi chimici negli ultimi mesi. Secondo un rapporto dell’agenzia Reuters, almeno 500 soldati sono stati curati per l’esposizione a gas tossici e che uno è morto dopo essere soffocato dai gas lacrimogeni. Il Cremlino ha respinto le accuse come “assolutamente infondate e non supportate da nulla” e si è concentrato sui successi delle truppe sul terreno.

Il ministero della Difesa ha rivendicato la conquista del villaggio di Berdichy, nel Donetsk, su una strada strategica per il rifornimento delle truppe ucraine. L’area è quella di Avdiivka, dove i difensori sono costretti a schierare le riserve. Il principale obiettivo in questa direttrice resta Chasiv Yar, ormai carbonizzata dopo mesi di bombardamenti: dalla collina che la domina l’Armata sarebbe in grado di colpire la spina dorsale della difesa ucraina. La potenza di fuoco è impressionante. Solo ad aprile, secondo Volodymyr Zelensky, il nemico ha lanciato “3.800 bombe e missili”. Mentre Human Rights Watch ha denunciato che i russi hanno giustiziato almeno 15 soldati ucraini mentre tentavano di arrendersi, come già evidenziato da altre fonti a fine 2023. Per contenere l’avanzata delle truppe di Putin gli occidentali tentano di aumentare e accelerare la fornitura di armi a Kiev, ma secondo Parigi questo approccio potrebbe non essere più sufficiente.

E’ Macron, in un’intervista all’Economist, a mettere le carte in tavola: “Se i russi sfondassero in prima linea, se ci fosse una richiesta ucraina – cosa che oggi non avviene – dovremmo legittimamente porci la domanda” di un eventuale invio di truppe al fianco degli ucraini. “Escluderlo a priori significa non imparare la lezione degli ultimi due anni”, quando i Paesi della Nato avevano inizialmente escluso l’invio di carri armati e aerei prima di cambiare idea, ha aggiunto il presidente francese. Che già a febbraio, quando aveva tirato fuori questa ipotesi per la prima volta, era stato sconfessato dalla maggior parte degli alleati (inclusi Stati Uniti, Italia e Germania). Mosca ha liquidato le dichiarazioni di Macron con sarcasmo, affermando che “sono in qualche modo legate ai giorni della settimana, e questo è il suo ciclo”.

Ma l’inquilino dell’Eliseo ragiona sul conflitto in Ucraina con uno sguardo all’Europa del futuro, che emergerà dopo il voto di giugno. E la sua ambizione è quella di guidare un processo di rinnovamento che porti l’Ue a diventare una potenza globale. Rafforzata, tra le altre cose, da una difesa comune. La minaccia russa al Vecchio continente è rilanciata anche dalla Nato che si dice “profondamente preoccupata” per le recenti “attività maligne” di natura ibrida, sull’onda dei casi recenti che hanno portato all’indagine e all’incriminazione di più individui in Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca: “Una campagna sempre più intensa di attività che Mosca continua a svolgere in tutta l’area euro-atlantica, anche sul territorio dell’Alleanza e attraverso intermediari”. Sul fronte della diplomazia, intanto, la Svizzera ha invitato più di 160 delegazioni al vertice a Lucerna a giugno ma l’invito non è stato esteso alla Russia. Che non a caso ha commentato: “Negoziati di pace senza di noi non hanno senso”.

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Neonata con rara malformazione nata a Salerno e gestita con competenza dai medici

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Parto eccezionale all’ospedale di Salerno. Una donna di 38 anni è stata dimessa dal Reparto di Gravidanza a Rischio dell’Aou San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, diretto dal dottor Mario Polichetti, dopo aver dato alla luce una neonata con una rarissima malformazione. La paziente era stata trasferita dall’ospedale di Polla al Ruggi dove ha partorito sua figlia che sta bene anche se è tuttora ricoverata nel reparto di Neonatologia, diretto dalla dottoressa Graziella Corbo, per ulteriori controlli. La neonata, di quasi 3 chili, è portatrice di una condizione genetica molto rara, denominata ‘Situs Inversus’, ovvero un collocamento anomalo degli organi del torace e dell’addome con inversione di posizione, rispetto alla loro sede usuale.

La piccola paziente, ha infatti il cuore, lo stomaco e la colecisti a destra ed una malformazione della vena cava, vicariata dalla vena emiazygos. “Il parto in questione – spiega Polichetti – è un evento davvero straordinario e deve essere gestito con estrema competenza, per evitare eventuali complicazioni, ma siamo fieri ed orgogliosi che si sia concluso nel migliore dei modi”.

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Ancora un Commissario: per il granchio blu e per la peste suina

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Parola mantenuta sul decreto di sostegno all’agricoltura preannunciato, a metà marzo a Roma, dal ministro Francesco Lollobrigida alla Conferenza organizzativa della Cia-Agricoltori Italiani, e frutto della collaborazione di più ministeri, – a partire da Difesa, Ambiente, Salute, Turismo – , nonché di ulteriori confronti con tutte le organizzazioni di rappresentanza del settore primario. Oggi ha preso forma in dodici articoli e verrà presentato la prossima settimana in Consiglio dei ministri. Al traguardo di un working in progress reso noto in più occasioni dallo stesso ministro Lollobrigida, ma senza fornire i dettagli sulle misure di aiuto “per rispetto – ha detto – del Cdm dove verrà discusso”. L’obiettivo dichiarato, durante la 75/ma assemblea di Fruitimprese, è quello di affrontare non solo le situazioni critiche ma anche per mettere in campo una strategia volta a migliorare i controlli del settore e altre questioni che riguardano “un mondo che deve essere protetto, salvaguardato e promosso”, ha sottolineato Lollobrigida.

Stando all’ultima bozza del provvedimento, il dl Agricoltura di prossimo varo prevede aiuti alle imprese danneggiate dalla guerra in Ucraina ma anche dal proliferare del granchio blu per cui arriva un commissario straordinario nazionale in carica fino al 2026, o per i produttori colpiti dalla “moria dei kiwi”, oltre a nuovi interventi per arginare la peste suina e il rafforzamento del contrasto alle pratiche sleali. E per limitare l’uso del suolo agricolo si dispone che “le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”. La società “Sistema informatico nazionale per lo sviluppo dell’Agricoltura – Sin Spa” viene incorporata nell’Agenzia per le erogazione in Agricoltura, Agea.

Inoltre per far fronte alla complessa situazione epidemiologica derivante dalla diffusione delle Peste suina africana (Psa) i piani di contrasto al proliferare dei cinghiali lungo l’intera Penisola verranno attuati anche mediante il personale delle Forze armate, previa frequenza di specifici corsi di formazione e mediante l’utilizzo di idoneo equipaggiamento. Sarà coinvolto un contingente di massimo 177 unità, e per un periodo non superiore a 12 mesi, con spese a carico, viene precisato nel testo, del Commissario straordinario preposto al contrasto Psa.

Il decreto guarda anche al settore pesca e dell’acquacoltura per contenere gli effetti della crisi economica conseguente alla diffusione del granchio blu. Le imprese della comparto che nel 2023 hanno subito una riduzione del volume d’affari, pari almeno al 20 per cento rispetto all’anno precedente, previa autocertificazione potranno avvalersi della sospensione per 12 mesi delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale, cambiali agrarie comprese. “In questo provvedimento – ha sottolineato Lollobrigida uscendo da Palazzo Chigi – ci saranno alcune delle cose che avevamo garantito. Sul granchio blu abbiamo fatto molto, e bisogna fare ancora di più: bisogna avere una strategia di carattere italiano ed europeo non solo per arginare i danni che vengono provocati ma anche per trovare una soluzione definitiva”.

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