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Cronache

Fondi Segreteria di Stato: 10 a giudizio, c’è anche Becciu

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Non c’e’ solo l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue 60, a Londra, da cui comunque tutto e’ partito. C’e’ anche quello, ma pure molto altro, nel fascicolo d’inchiesta sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato che oggi ha portato al rinvio a giudizio in Vaticano di 10 persone – tra cui prelati, funzionari della Santa Sede, finanzieri e manager – e quattro societa’, per reati che, a vario titolo, vanno dal peculato alla truffa, dall’abuso d’ufficio all’appropriazione indebita, dalla corruzione all’estorsione e altri. C’e’ soprattutto il quadro di quello che gli inquirenti vaticani definiscono “un marcio sistema predatorio e lucrativo” a danno della stessa Segreteria di Stato e di suoi fondi caritativi come l’Obolo di San Pietro, con conseguenti gravi perdite per le casse vaticane, e che si sarebbe retto su “complicita’ e connivenze” tra operatori finanziari e consulenti esterni e addetti e dirigenti interni. C’e’ anche, per la prima volta in Vaticano, il caso di un porporato che andra’ alla sbarra al Tribunale di primo grado, con uno specifico benestare concesso da papa Francesco: e’ il cardinale Angelo Becciu, ex sostituto della Segreteria di Stato ed ex prefetto per le Cause dei Santi, che lo stesso papa Bergoglio, nell’udienza-shock del 24 settembre scorso, privo’ delle carica e delle prerogative proprio a causa delle risultanze investigative. Accusato di peculato e abuso d’ufficio, oltre che di “subornazione” di un testimone (mons. Alberto Perlasca, cui avrebbe cercato di far ritrattare le deposizioni accusatorie chiamando in aiuto il superiore gerarchico diocesano, il vescovo di Como Oscar Cantoni), Becciu rispondera’ in particolare dei bonifici per 575.000 euro fatti dalla Segreteria di Stato alla manager cagliaritana Cecilia Marogna, che sarebbero poi finiti in spese personali e oggetti di lusso, e i finanziamenti rivolti alla cooperativa del fratello Antonino (600.000 euro dai fondi Cei e 225.000 da quelli della Santa Sede). “Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni – dichiara Becciu -, e attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per permettermi prontamente di smentirle e dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza”. Oltre a lui e alla Marogna (anch’essa con l’accusa di peculato), il decreto di citazione a giudizio firmato oggi dal presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone, su richiesta del promotore di giustizia Gian Piero Milano, dell’aggiunge Alessandro Diddi e dell’applicato Gianluca Perone, chiama a comparire in aula nell’udienza prossimo 27 luglio: lo svizzero Rene’ Bruelhart, ex presidente dell’Autorita’ di vigilanza finanziaria (abuso d’ufficio), che parla di “abbaglio processuale”; mons. Mauro Carlino, gia’ segretario di Becciu (estorsione e abuso d’ufficio); Enrico Crasso, l’uomo della finanza che da decenni aveva in gestione gli investimenti della Segreteria di Stato (peculato, corruzione, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio, truffa, abuso d’ufficio, falso materiale in atto pubblico e in scrittura privata); Tommaso Di Ruzza, ex direttore dell’Aif (peculato, abuso d’ufficio, violazione del segreto d’ufficio); Raffaele Mincione, il finanziere che fece sottoscrivere alla Segreteria di Stato importanti quote del fondo che possedeva l’immobile londinese, usando poi – secondo le accuse – il denaro ricevuto per suoi investimenti speculativi (peculato, truffa, abuso d’ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio); Nicola Squillace, avvocato coinvolto nella trattativa (truffa, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio); Fabrizio Tirabassi, minutante dell’ufficio amministrativo, cui e’ attribuito un ruolo da protagonista nella vicenda (corruzione, estorsione, peculato, truffa e abuso d’ufficio); Gianluigi Torzi, il finanziere chiamato ad aiutare la Santa Sede ad uscire dal fondo di Mincione che sarebbe riuscito a farsi liquidare ben 15 milioni per restituire il palazzo ai legittimi proprietari (estorsione, peculato, truffa, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio). Il giudizio riguardera’ anche quattro societa’: tre riconducibili a Enrico Crasso per l’accusa di truffa, e una a Cecilia Marogna per il presunto peculato. Intanto, la Segreteria di Stato ha deciso di costituirsi parte civile nel processo: a rappresentarla sara’ l’avvocato Paola Severino, ex ministro della Giustizia.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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