Spunta un nuovo capitolo tra le pieghe delle vicende giudiziarie che riguardano Visibilia, il gruppo fondato da Daniela Santanchè, indagata con altre persone per bancarotta e false comunicazioni sociali. La Procura di Milano a luglio ha aperto un fascicolo in cui un avvocato è accusato di falso e sostituzione di persona, per aver cercato di avere copia degli atti dell’indagine a carico della senatrice di FdI, la quale questa volta è parte offesa.
Il tutto accanto all’inchiesta già nota che riguarda le società di cui la ministra dall’anno scorso ha dismesso cariche e quote e alle indagini a carico di ignoti sul suicidio di Luca Ruffino, il suo successore, e su una presunta truffa ai danni dello Stato con al centro la cassa integrazione Covid. Ieri la Guardia di finanza, su delega della pm Maria Gravina, che coordina il fascicolo assieme all’aggiunta Laura Pedio, con la supervisione del procuratore Marcello Viola, ha perquisito lo studio milanese (alla presenza di un consigliere dell’Ordine) del professionista che ora è nei guai, per capire cosa ci sia dietro una mossa che ha sollevato interrogativi da più parti negli ambienti del palazzo di Giustizia. La nuova vicenda, che offre il fianco a speculazioni di ogni genere, risale all’inizio di luglio quando la senatrice sia sui giornali sia in Parlamento affermava di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia, aggiungendo di aver dato lo scorso novembre mandato ai suoi legali di verificare presso il registro degli indagati della Procura, in base all’articolo 335 del codice di procedura penale, se fosse o meno iscritto il suo nome e di aver ricevuto risposta negativa. In quei giorni, in cui il dibattito politico si arroventa, alla pm Gravina viene depositata una richiesta di accesso agli atti firmata dalla ministra.
Richiesta che, data la delicatezza della vicenda, finisce anche sul tavolo di Viola. Dopo un confronto con alcuni atti originali di Visibilia con la firma della parlamentare si scopre la differenza con quella apposta dall’istanza. Da lì le verifiche dell’indirizzo da cui è partita la domanda via Pec, poi risultato essere quello di un avvocato milanese, di uno studio associato a pochi passi dal Tribunale, che ieri è stato perquisito e sul cui nome al momento c’è riserbo. Per far luce se il legale abbia o meno avuto il mandato e per accertare cosa ci sia dietro, la ministra è stata sentita dagli inquirenti come parte offesa nella prima decade di luglio, di sera, quando l’ufficio della Procura è deserto, per evitare che il caso uscisse dal perimetro delle indagini. Santanchè oltre a non aver riconosciuto la firma, ha negato di aver dato l’incarico all’avvocato che ora si trova indagato per falso e sostituzione di persona, ipotesi di reato ‘fluide’ ossia che potrebbero essere modificate. Inoltre l’Ordine, che discuterà della vicenda giovedì prossimo, trasmetterà gli atti al consiglio di disciplina.