Favori illeciti a un detenuto di cui si stava occupando in qualità di garante: è quanto contesta la procura di Santa Maria Capua Vetere alla garante dei detenuti della provincia di Caserta, Emanuela Belcuore, indagata per corruzione e altri reati. Secondo gli inquirenti Belcuore avrebbe procurato al detenuto un telefonino intestato a uno straniero, e lo avrebbe anche avvertito di un’imminente perquisizione nella cella, in modo da far sparire il cellulare.
Non solo: la garante si sarebbe adoperata per far avere al detenuto una relazione di servizio positiva, avvicinando – ma senza esito positivo – la direttrice del carcere e il magistrato di sorveglianza. In cambio, avrebbe ricevuto un paio di scarpe e altri regali dalla titolare di una boutique, sorella del recluso. Qualche giorno fa gli investigatori hanno eseguito alcune perquisizioni durante le quali sono stati sequestrati alla donna computer e cellullari che ora saranno passati al setaccio per ricavare informazioni utili a supportare le accuse.
Ieri, intanto, la garante ha deciso di dimettersi dalla carica che le era stata affidata nel giugno 2020 dal presidente della Provincia di Caserta, Giorgio Magliocca. Emanuela Belcuore non è la prima garante dei detenuti, in Campania, ad avere problemi con la giustizia: nell’ottobre dello scorso anno, infatti, finì in carcere il garante dei detenuti di Napoli, Pietro Ioia, accusato di aver approfittato della sua posizione e della facilità di accesso al carcere di Poggioreale per trasportarvi all’interno droga e telefoni cellulari per i detenuti.
Nei suoi confronti, il 21 aprile scorso, i pubblici ministeri Giuliana Giuliano e Ivana Fulco hanno chiesto una condanna ad otto anni e otto mesi. Ed è di pochi giorni fa la decisione con la quale il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha affidato il ruolo di garante dei detenuti per il Comune a don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis e già responsabile di Libera in Campania. La notizia dell’indagine a carico di Belcuore ha destato scalpore al processo in corso sulle violenze ai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, commesse il 6 aprile 2020 da agenti penitenziari dell’istituto casertano.
Un carcere, quello di Santa Maria Capua Vetere, dove Emanuela Belcuore era di casa. Spesso ne ha denunciato i disservizi, come le criticità nei controlli all’ingresso, e come fosse facile introdurre droga proprio a causa degli scarsi controlli della penitenziaria. “Spesso io quando entro non vengo perquisita”, disse. I colloqui, quasi quotidiani, con i detenuti sarebbero stati però connotati da rapporti opachi, in particolare con un recluso di Casal di Principe. Una relazione su cui la penitenziaria ha redatto diverse annotazioni fatte pervenire alla Procura di Santa Maria Capua Vetere che già da diversi mesi, con il sostituto procuratore Gionata Fiore e il procuratore Pierpaolo Bruni, indaga per fare luce sulla vicenda.
È evidente che quelle contestate alla indagata sono accuse, non è una sentenza, pertanto la Belcuore è considerata da chi scrive innocente fino al terzo grado di giudizio.