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F1: multe fino a 1 milione per piloti, ad Austin è rivolta

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George Russell ha definito “osceno e irrealistico” l’aumento delle multe fino a un milione di euro per i piloti di Formula 1 che violano le norme sportive, e ha confermato che i piloti si incontreranno per discutere del problema. Parlando a margine del Gp degli Stati Uniti di questo fine settimana, il pilota della Mercedes, che è anche l’attuale presidente dell’associazione piloti della massima serie dell’automobilismo sportivo, ha chiarito che la maggior parte dei piloti non può permettersi di pagare multe così pesanti. “Forse uno dei piloti che hanno ingaggi molto elevati sarebbe felice di pagare così tanto, ma tutto ciò sembra piuttosto osceno,” ha detto Russell, che poi ha aggiunto di aver perso dei soldi nei primi anni della sua carriera in F1: “nei miei primi anni in F1, avevo uno stipendio a cinque cifre e perdevo più di sei cifre. Ripenso al mio primo anno, quando pagando il mio allenatore, i miei voli e un assistente…”.

Sul circuito di Austin spira quindi vento di protesta, e tutto nasce dalla decisione della Federazione Internazionale che ha deciso di penalizzare piloti e team con multe molto più severe che in passato. A margine della riunione del ‘World Motor Sport Council’ svoltasi a Ginevra, la Fia ha infatti reso noto che i commissari sportivi avranno la possibilità di infliggere multe con un massimale fino a quattro volte superiore per le prossime infrazioni al codice sportivo. Nello specifico, gli steward che fino a oggi potevano al massimo imporre una sanzione pecuniaria di 250mila euro, adesso potranno spingersi sino a un milione per coloro che dovessero rendersi colpevoli di comportamenti particolarmente scorretti. “Penso che sia piuttosto ridicolo che un pilota possa essere multato per un milione di euro – ha detto ancora Russell -. Io, come detto, nei miei primi anni ho perso più di quanto ho guadagnato, e questo è probabilmente il caso del 25% dei miei colleghi della griglia. Stiamo facendo ciò che amiamo, quindi non ci lamentiamo di questo, ma se prendi un pilota del primo anno che probabilmente entro la fine dell’anno stesso perderà più di centomila euro, come fai a dargli una multa di un milione? Cosa succederà? Ne discuteremo durante il briefing. Vogliamo solo trasparenza e comprensione. Le multe stanno andando fuori controllo.”

Il pilota della Williams Alex Albon ha confermato le difficoltà che i piloti dovranno affrontare. “Penso che la gente non si renda conto – il suo commento – che, soprattutto nei primi due, tre o quattro anni per un pilota di Formula 1 gli stipendi sono niente di simile a ciò che si pensa”. “Sarebbe dura – ha aggiunto – se uno si dovesse indebitare per una multa, e paghiamo i canoni della superlicenza, che sono già estremamente costosi. Non conosco uno sport in cui devi pagare per praticarlo, rimettendoci anche, e per questo credo sia un po’ troppo diverso dalla maggior parte degli sport”. “Alla fine, se davvero vogliono aumentare le multe fino a un milione, – ha concluso -, allora in qualche modo prenderanno di mira tre o quattro piloti perché nessun altro potrebbe permetterselo.” – Secondo il due volte campione Fernando Alonso, ora all’Aston Martin, “l’aumento delle multe mi sembra inappropriato. Siamo uno sport che è già considerato molto elitario, molto chiuso, ma stiamo affrontando alcuni argomenti come la sostenibilità e l’ambiente, facendo la nostra parte per diventare più accessibili. Quindi quando tiri fuori qualcosa del genere (le megamulte dnr) non mi sembra giusto”. Fra i piloti strapagati, quindi in teoria meno preoccupati dall’aumento delle multe, c’è il sette volte campione del mondo Lewis Hamilton, della Mercedes.

“Se ci danno una multa di un milione, assicuriamoci che il 100% della somma vada a una causa giusta – ha commentato -. Ci sono molti soldi in tutto questo settore e c’è molto di più che dobbiamo fare in termini di creazione di una migliore accessibilità, una migliore diversità, più opportunità per le persone che normalmente non avrebbero la possibilità di dedicarsi a uno sport come questo. E poi ci sono così tante giuste cause in tutto il mondo, quindi sì: questo è l’unico modo per ottenere quel milione da me”. Il tre volte campione, appena incoronato, Max Verstappen della Red Bull se l’è cavata con una battuta: “Se toccare un’ala posteriore equivale a 50mila euro, allora vorrei sapere quanto vale un mulino”.

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Pioli più lontano, forse è Conte il nuovo allenatore del Napoli

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La panchina del Napoli potrebbe presto vedere un cambio significativo con due grandi nomi del calcio italiano in lizza per il ruolo di allenatore capo: Antonio Conte e Stefano Pioli. Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ha un chiaro favorito tra i due: l’ex allenatore di Inter e Juventus, Antonio Conte, considerato l’uomo ideale per avviare un nuovo ciclo vincente al club.

Secondo quanto riportato da “La Repubblica”, De Laurentiis è disposto a offrire a Conte un contratto triennale con un compenso sostanzioso e piena libertà di manovra sul mercato, nella speranza di sedurre il tecnico toscano, che sembra attendere offerte da club di maggior prestigio europeo.

Nonostante l’interesse per Conte, il Napoli non ha escluso altre opzioni. Stefano Pioli, che recentemente sembrava perdere terreno, rimane una valida alternativa. Anche Gian Piero Gasperini è stato menzionato come possibile candidato, sebbene per ora rimanga solo un’ipotesi.

Il Napoli, dopo una stagione al di sotto delle aspettative, è alla ricerca di un rinascimento che possa rinvigorire la squadra e riacquistare la fiducia dei tifosi. La rosa attuale è considerata competitiva, e Conte, se dovesse accettare l’incarico, ha richiesto di mantenere i giocatori chiave, ad eccezione di quelli in partenza come Zielinski e Osimhen.

Il futuro allenatore del Napoli avrà il compito di ripristinare il morale e ottimizzare le prestazioni di una squadra che, nonostante le difficoltà, lotta ancora per un posto nelle competizioni europee. La decisione finale sull’allenatore sarà probabilmente annunciata al termine della stagione, quando il club avrà un quadro più chiaro delle sue prospettive europee e potrà pianificare con maggiore certezza il futuro.

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Britney Spears patteggia col padre Jamie, paga le spese legali

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Britney Spears e il padre Jamie non andranno al processo sul pagamento delle spese legali che lui ha sostenuto nella pluriennale battaglia per mantenere la figlia sotto tutela legale. Secondo il sito di gossip Tmz, alla cantante non toccherebbe neanche un centesimo, mentre starebbe ora a lei pagare i costi degli avvocati di lui, pari, secondo alcune fonti, a due milioni di dollari.

L’intesa, siglata dai legali delle parti presso la Superior Court di Los Angeles e i cui termini economici non sono stati in realta’ ufficialmente resi noti, arriva piu’ di due anni dopo la liberazione di Britney dal ferreo controllo legale che dal 2008, dopo un paio di molto pubblicizzati episodi di crollo mentale, Jamie aveva esercitato su ogni aspetto della sua vita. Sempre secondo Tmz, che per primo ha dato la notizia dell’accordo, la cantante sarebbe furiosa: il suo avvocato Mathew Rosengart le aveva assicurato di avere la vittoria in tasca, mentre sarebbe lei adesso a dover aprire il portafogli.

Sembra dunque lontana una riconciliazione sul fronte degli affetti. “Jamie ama moltissimo Britney e non vorrebbe altro che tornare ad essere una famiglia con lei”, ha detto l’avvocato de padre, Alex Weingarten. Ufficialmente pero’ un altro capitolo della vita di Britney e’ finalmente chiuso. “Anche se la tutela legale e’ stata revocata nel novembre 2021, il desiderio di Britney di liberta’ e’ ora veramente completo”, ha detto Rosengart: “La liberta’ include anche non dover piu’ avere a che fare con i tribunali a causa di questa vicenda”.

Jamie Spears aveva chiesto alla magistratura di far pagare a Britney le spese legali da lui sostenute nel contenzioso. La pop star si era opposta sostenendo che il padre si era autostipendiato per oltre sei milioni di dollari durante i 13 anni della custodia legale, aveva impropriamente messo la figlia sotto sorveglianza e compiuto vari pasticci finanziari. “Le parti hanno risolto le questioni in sospeso”, ha detto Weingarten, mentre Jamie si e’ detto “felice che ora sia tutto finito”, pur essendo “dispiaciuto delle accuse irresponsabili fatte nei suoi confronti in pubblico”.

Il patteggiamento chiude dunque senza troppo clamore una vicenda per anni sotto i riflettori dei media in cui accuse e vetriolo erano state scambiate tra padre e figlia con Britney che a un certo punto aveva dichiarato in tribunale che avrebbe voluto vedere Jamie in prigione. Un nuovo processo, che avrebbe dovuto cominciare in maggio, e’ stato a questo punto evitato. Dalla fine della tutela legale Britney Spears si e’ sposata e ha divorziato. Ha pubblicato un libro di memorie intitolato The Woman in Me che ha venduto oltre due milioni di copie ma, con l’eccezione di un duetto con Elton John (Hold Me Closer) e un altro con Will.i.am (Mind Your Business), non e’ piu’ tornata a cantare.

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Superbonus, detrazione in 10 anni e controlli ai Comuni

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Estendere la detrazione del Superbonus da 4 a 10, o anche 15 anni. Coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri, con in cambio un ‘premio’ pari al 50% dei maggiori incassi. Poter usare il credito della detrazione per pagare le tasse. Ed estendere le deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura anche ad altre aree colpite da eventi sismici, o alluvionali. Sono alcune delle principali richieste con cui è partito l’assalto dei partiti al decreto Superbonus. Ma dopo gli allarmi piovuti da più parti sull’impatto sul debito della spesa ormai abnorme per il maxi incentivo e sui rischi di un nuovo allentamento, si restringono gli spazi per eventuali modifiche. Su una cosa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è già detto favorevole: l’ipotesi di spalmare le detrazioni sul Superbonus su 10 anni, anziché i 4 attuali.

E proprio in questa direzione vanno diversi emendamenti, anche bipartisan, presentati alla commissione Finanze del Senato, in cui figura anche l’ipotesi di allungare i tempi a 10 o anche a 15 anni. In particolare, alcune proposte avanzate da Fi, Lega, Iv e M5s, riguardano le detrazioni, prevedendo, per le spese sostenute nel 2023, la possibilità di ripartirle in “dieci quote annuali di pari importo”. Opzione possibile attraverso la dichiarazione dei redditi di quest’anno. L’altra strada proroga uno strumento già previsto per le spese del 2022 nel dl Aiuti quater, che agiva sul fronte dei crediti di imposta: gli emendamenti prevedono la possibilità di usarlo anche per i crediti comunicati entro il “4 aprile 2024”, spalmandone così l’utilizzo su dieci anni, anziché sui quattro ordinari. Se la prima strada consentirebbe un ampliamento della platea dei beneficiari, la seconda avrebbe invece un impatto positivo sul debito.

Che, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, resterebbe abbondantemente sotto quota 140%. Riguarda le detrazioni anche la proposta, in due emendamenti uguali di Fi e Iv, di poter trasformare l’importo della detrazione per gli interventi con i bonus edilizi in credito d’imposta: questo permetterebbe al contribuente di usare il credito per pagare non solo l’Irpef ma anche l’Iva, le ritenute, l’Imu, la cedolare secca; salvando così l’ammontare eccedente i limiti dell’imposta (Irpef o Ires) con cui la detrazione è oggi ammessa in dichiarazione. Ma le richieste dei partiti si concentrano anche sull’estensione delle deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura, che il decreto limita alle zone colpite dal sisma del 6 aprile 2009 e 24 agosto 2016 in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Una proposta bipartisan chiede di estendere (ma con un tetto alla deroga di 100 milioni per il 2024) la deroga anche alle aree – per cui sia stato dichiarato lo stato d’emergenza – colpite dagli eventi sismici verificatisi dal primo aprile 2009 e dagli alluvioni del 2022 nelle Marche.

Ma le richieste di deroga sono molte e interessano diversi territori colpiti da eventi sismici o alluvionali, dall’Emilia Romagna a Ischia, dal Molise a Calabria e Basilicata, dai Campi Flegrei all’area etnea. E’ firmata dalla Lega, ma nasce da un’idea della commissione, infine, la proposta di coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus. L’emendamento, del presidente della Finanze Massimo Garavaglia, ha l’obiettivo di “potenziare” il contrasto alle frodi e prevede per i Comuni un incentivo pari al 50% delle somme e sanzioni eventualmente incassate. In attesa della scrematura dei 355 emendamenti depositati in commissione, l’esame riprenderà martedì 30 aprile: si partirà dall’emendamento del governo che proroga di 2 mesi (dal 30 aprile al 30 giugno) il termine per i Comuni per approvare i piani finanziari e le tariffe relativi alla Tari. Insieme al subemendamento del Pd che – spiega la senatrice Cristina Tajani, che lo firma – punta a “far salve le delibere già adottate tra maggio 2024 e la data di entrata in vigore del decreto”.

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