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Draghi in Libia, obiettivo ritorno leadership Italia

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La prima visita all’estero del presidente del Consiglio Mario Draghi sara’ in Libia. E’ gia’ in questo dato che emerge l’obiettivo della missione del premier nella Tripoli che torna a “vedere” la stabilita’ politica: riaffermare una leadership italiana oscurata, negli ultimi mesi, dall’egemonia turca in Tripolitania e da quella russa in Cirenaica. Ed e’ un ruolo, quello italiano, che puo’ contare anche sulla sponda della nuova amministrazione americana, tornata – dopo l’era Trump – a guardare all’Europa e al Mediterraneo con rinnovato interesse. Ma nel menu’ del bilaterale tra Draghi e il Primo Ministro Abdulhamid Dabaiba ci potrebbe essere anche una serie di memorandum d’intesa, a partire da quella sulla cooperazione sanitaria nella lotta al Covid. La visita di Draghi, spiegano fonti vicine al dossier, “ha innanzitutto un valore simbolico”. La Libia, sia pur a fatica, e’ tornata a rimettersi in carreggiata in direzione delle elezioni politiche da tenersi il prossimo dicembre. Ha un primo ministro riconosciuto in Tripolitania e Cirenaica e votato con un cospicuo consenso politico. E per l’Italia dopo un periodo di “assenza”, tornano ad aprirsi spiragli diplomatici (come l’apertuta del consolato a Bengasi), economici e anche sulla cooperazione sui migranti. Sono questi i tre dossier che Draghi esaminera’ con Dabaiba nell’incontro che si terra’ in mattinata a Tripoli e che sara’ seguito da una dichiarazione congiunta. Il premier, che sempre a Tripoli vedra’ il presidente del Consiglio presidenziale Mohamed Younis Ahmed al-Menfi, rientrera’ a Roma nel pomeriggio. Draghi si rechera’ in Libia con una delegazione snella, e sara’ accompagnato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. E il capo del governo italiano e’ tra i primi leader europei a vedere Dabaiba. Che, sempre domani ma nel pomeriggio, avra’ un bilaterale con il suo omologo Kyriakos Mītsotakīs. Mentre nel giorno di Pasqua, ad incontrare Dabaiba, e’ stato il presidente del Consiglio Ue Charles Michel. Un’intesa sulla cooperazione sanitaria, raccontano fonti vicine al dossier libico, sara’ firmata domani tra Roma e Tripoli. E’ un primo trampolino per fornire alla Libia assistenza sanitaria nella lotta al Covid, sul quale si sta concentrando lo stesso Dabaiba, ricevendo in queste ore 100mila dosi di Sputnik. Del resto, nell’era della pandemia globale, la diplomazia sanitaria e’ destinata ad avere un ruolo cruciale. Ma, nella missione di Draghi, non c’e’ solo l’emergenza Covid. C’e’ un pacchetto di investimenti sul quale Roma puo’ puntare. “Riaprire al piu’ presto a investitori e ditte italiane”, e’, non a caso, la richiesta giunta da Dabeiba. E, tra i progetti da recuperare, c’e’ quello del raddoppio della cosiddetta “autostrada della pace”; frutto del Trattato d’amicizia Italia- LIbia siglato da Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi nel 2008. L’ammodernamento dell’antica “via Balbia”, nella nuova Libia che punta a rafforzare l’unita’, ha anche un valore simbolico. Tra i canali “economici” italo-libici c’e’ poi quello energetico. La presenza dell’Eni in Libia e’ e’ un pilastro strategico sia per Tripoli sia per Roma e, negli ultimi mesi, ha visto emergere al suo fianco la concorrenza anche diplomatica della Turchia. Una concorrenza che si estende a tutto il Mediterraneo Orientale. L’orizzonte della cooperazione e’ comunque teoricamente esteso. Nella mattina di Pasquetta, ad esempio, una delegazione di Enav, guidata dall’Ad Paolo Simioni, ha incontrato il Ministro dei Trasporti libico Muhammad Salem Al-Shahoubi e il Presidente della Libyan Civil Aviation Authority Mustafa Benammar per pianificare gli interventi necessari al rilancio dell’aviazione civile del paese nordafricano e favorire il ripristino dei collegamenti diretti con l’Italia e l’Europa. E poi c’e’ il dossier migranti. Con l’intesa in Ue sulla redistribuzione degli arrivi che latita da mesi, per Roma, tocca anche fare da soli. E, in questo senso, il governo potrebbe puntare a favorire lo stop ai flussi sin dal Fezzan, la regione desertica che occupa il Sud della Libia. Una regione dove, tradizionalmente, e’ la Francia ad esercitare la sua influenza diplomatica.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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