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Demolita la villa di Miami dove visse e morì Al Capone

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Demolita la villa di Miami dove visse e morì Al Capone

Miami perde un pezzo di storia, anche se legata ad un passato criminale. E’ stata infatti demolita la villa a Palm Island, lussuoso quartiere nella baia di Biscayne della città della Florida, appartenuta ad Al Capone dove il gangster visse e morì. A nulla sono serviti gli sforzi di chi volveva preservare la proprietà in stile spagnolo costruita nel 1922 dal magnate della birra Clarence Busch. Alla fine le ruspe l’hanno rasa al suolo. Secondo quanto riferiscono i media americani citando un portavoce dell’amministrazione cittadina, prima della demolizione, il Miami Beach Historic Preservation Board stava valutando la possibilità di concedere all’abitazione la designazione di ‘casa storica’. L’entrata in vigore di una nuova legge ha però determinato che lo stesso board non avesse l’autorità per considerare la pratica senza il consenso della proprietà della villa.

La casa con sette stanze, una piscina, una spiaggia privata, un molo, era stata acquistata da alcuni costruttori nel 2021 per 10,75 milioni di dollari e con l’intenzione di costruire una villa moderna su due piani con otto camere da letto, otto bagni, una sauna e una spa. Uno dei proprietari, l’immobiliarista Todd Glaser, in passato aveva detto al Miami Herald che la casa aveva diversi danni, con parte della struttura sott’acqua a causa di allagamenti. “Fa schifo – aveva commentato – è una vergogna per Miami Beach”. Il gangster di origini italiane, all’anagrafe Alphonse Gabriel Capone, detto anche Scarface, aveva acquistato la casa al civico 93 di Palm Ave nel 1928 per 400.000 dollari. Ci abitò per diversi anni e si ritiene che proprio in quella villa pianificò il massacro di San Valentino, durante il quale sette membri di una gang rivale furono uccisi in un parcheggio di Chicago da uomini travestiti da poliziotti. E proprio nella villa di Miami Beach Al Capone morì nel 1947,

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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