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Cuneo e prima aliquota Irpef, modifiche collegate

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Una prima modifica delle aliquote Irpef, partendo da un aumento della soglia del primo scaglione, potrebbe entrare nella manovra. Servirebbe ad accompagnare e potenziare il taglio del cuneo fiscale sui redditi più bassi. “Se do più soldi col cuneo, poi vengono mangiati dall’aliquota fiscale al 23% della prima aliquota”, ha spiegato il vice ministro all’Economia Maurizio Leo che gestisce i dossier fiscali del governo. “Allora – ha aggiunto – devo aumentare anche la soglia del primo scaglione di reddito, che arriva ora fino a 15.000 euro di reddito, altrimenti quello che ti do in parte me lo riprendo”. Il tema è certo sul tavolo del governo in vista della prossima manovra, che però non può prescindere dal mantra che viene ripetuto a pie da tutti: “E’ chiaro che dobbiamo trovare le risorse e fare delle scelte”, magari scontentando qualcuno.

Qualche novità sul fronte fiscale potrebbe comunque arrivare anche prima. Sotto i riflettori è la tassa sugli extraprofitti. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, parlando a Pontida l’ha difesa a spada tratta, citando la lettera di un pensionato al Corsera. Ma ha anche accennato a modifiche. “Si potrà perfezionare, si potrà migliorare ma ribadisco che quella tassa è giusta”, ha sostenuto. E dato che sul testo in Parlamento ci sono solo emendamenti di un partito di maggioranza significa che qualche novità potrebbe essere in arrivo. Anche il cantiere per la prossima manovra è in pieno movimento. Giorgetti rimane fermo nel suo ruolo di guardiano dei conti anche davanti al popolo della Lega a Pontida. Parla di ‘concretezza’ e di ‘prudenza’, due concetti cari a Umberto Bossi, perché – aggiunge – “tutto subito non si può fare”. Snocciola poi un dato che fa tremare i polsi: “Come ministro Economia mi alzo la mattina e condivido le angosce, le preoccupazioni di tanti imprenditori e famiglie che si alzano con il debito sulle spalle. Anche io da ministro mi alzo con un grande debito sulle spalle: 2.859 miliardi: significa che soltanto l’anno prossimo, per interessi in più dovremo pagare 14 miliardi, 14 miliardi sottratti ad aiuti, sanità, riduzione delle tasse”.

La prossima manovra dovrà tener conto anche di questa maggiore spesa, che in parte è legata all’aumento dei tassi e che di fatto – per fare un parallelo – equivale da sola al costo complessivo della realizzazione del Ponte sullo Stretto. A pesare sui conti c’è poi il Superbonus, con 100 miliardi che incombono sui prossimi anni e per i quali si attende la valutazione di Eurostat. La strada è stretta. Il governo ne è consapevole. Punta a focalizzare gli obiettivi. C’è certo il taglio del cuneo.

E poi “le famiglie con figli – dice Giorgetti – che vanno premiate in termini fiscali”. Ma ci sono anche le imprese per le quali il vice-ministro Leo ipotizza un decalage del prelievo sui guadagni, una riduzione che “progressivamente arrivi al 15% se fai gli investimenti, in particolare in macchinari e innovazione, e se fai occupazione”. Ma questo richiede tempo mentre in arrivo subito, per essere applicate da gennaio, ci saranno sicuramente semplificazioni che non hanno costo, come il concordato preventivo per le piccole imprese: il fisco è in grado di valutare il reddito che produrranno nei prossimi tre anni e se si paga il dovuto, prefissandolo, poi non si hanno scocciature. Semplificazioni anche sul fronte delle sanzioni penali, non certo per le truffe, ma in caso di una sola dichiarazione infedele o di imposte dichiarate ma poi non versate magari perché si attende un pagamento da parte di un’amministrazione pubblica.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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