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Cop27, sul clima il debutto mondiale di Meloni

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Sarà il suo esordio sulla scena mondiale, una sorta di prova generale prima del G20 di Bali di metà mese. E potrebbe essere l’occasione, dopo il round con i vertici di Bruxelles, per avere i primi incontri bilaterali con alcuni leader europei. Giorgia Meloni partirà domenica alla volta di Sharm el Sheik, accompagnata dal ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto (FI), per l’apertura della Cop27 sul clima. L’Italia l’anno scorso ha firmato gli impegni della Cop26 di Glasgow, certo, ma la guerra della Russia all’Ucraina, la crisi energetica, e la corsa all’indipendenza dal gas russo, hanno cambiato lo scenario, rendendo più complesso raggiungere i target di decarbonizzazione e di mantenimento del riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali (l’obiettivo fissato l’anno scorso in Scozia).

Il ritorno a Roma per Guterres

Un problema comune a molte cancellerie europee, con le quali Meloni potrebbe avere occasione di parlare lunedì mattina, prima dell’avvio ufficiale del vertice dei capi di Stato e di governo. Ad esempio con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, presente anche lui nella località turistica egiziana. Mentre al suo ritorno a Roma, la premier potrebbe ricevere il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che sarà nella Capitale il 10 novembre.

L’invito alla Cop27 era stato rinnovato da Abdel Fattah al-Sisi alla premier all’indomani dell’insediamento del governo. Il presidente egiziano si era subito congratulato con Meloni, augurandosi di sviluppare presto “le relazioni bilaterali” tra Egitto e Italia, complicate negli ultimi anni dai casi Regeni e Zaki. Questioni su cui Meloni non è tornata ancora pubblicamente, anche se il suo partito si è sempre schierato per la ricerca della “verità” su Regeni e in una posizione di solidarietà per Zaki (ma senza “indebite ingerenze”, come la concessione della cittadinanza). A Sharm el-Sheikh, Meloni ribadirà che L’Italia partecipa all’impegno comune di riduzione dei gas serra preso dalla Ue: taglio del 55% delle emissioni entro il 2030 e zero emissioni nette entro il 2050.

In tutti i negoziati della Cop27, le posizioni dei 27 saranno rappresentate unitariamente dall’Unione Europea. E la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha già chiarito nei giorni scorsi che l’Unione non intende venir meno ai suoi impegni di decarbonizzazione, nonostante la crisi energetica e le tensioni internazionali.

Presentazione del fondo italiano per il clima

A Sharm tuttavia l’Italia avrà anche qualcosa di suo da portare. Lunedì 7 verrà presentato il Fondo Italiano per il Clima: 840 milioni all’anno per 5 anni, per aiutare i paesi in via di sviluppo nelle politiche climatiche. Il Fondo è stato istituito con la legge di bilancio 2022, e dà attuazione a un impegno preso da Mario Draghi al G20 del 2021: triplicare gli stanziamenti italiani per il clima nei prossimi 5 anni, arrivando a 1,4 miliardi all’anno. La Cop27 si tiene in un contesto internazionale molto più difficile di quello dello scorso anno a Glasgow.

E’ scoppiata una crisi dell’energia, e la guerra in Ucraina, le tensioni internazionali fra Russia e Occidente, fra Cina e Usa, non aiutano il dialogo sul clima. Intanto, gli eventi meteo estremi si moltiplicano in tutto il mondo, e tutti gli studi scientifici ribadiscono che gli stati non stanno facendo abbastanza per ridurre le emissioni di carbonio.

Nonostante queste brutte premesse, la presidenza egiziana punta a portare a casa almeno due risultati: l’aumento degli impegni di decarbonizzazione degli stati, per mantenere in vita l’obiettivo di Glasgow di 1,5 gradi di riscaldamento, e la creazione di un fondo “loss and damage”, pagato dai paesi ricchi, per ristorare le perdite e i danni del cambiamento climatico nei paesi poveri.

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Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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