Sono piu’ di cinque milioni le persone fuggite dalla guerra in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa, lo scorso 24 febbraio, secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), che ha contato esattamente 4.796.245 rifugiati, 59.774 in piu’ rispetto a ieri. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, donne e bambini sono il 90% dei rifugiati. E sono 17.657 i minori ucraini accolti finora nelle scuole italiane, come emerge da una circolare del ministero dell’Istruzione, che ha spiegato che i nuovi studenti non perderanno l’anno scolastico. Il 45% di bambini e ragazzi frequenta le scuole di Lombardia, Emilia e Campania, piu’ precisamente il 12% in Emilia-Romagna, l’11% in Campania, il 22% in Lombardia. E proprio da Milano, dove arrivano la maggioranza dei profughi, parte la campagna di Refugees Welcome e Airbnb, che si sono unite per offrire ospitalita’ ai rifugiati e, in occasione della Pasqua, chiedono agli italiani di aumentare la disponibilita’ di alloggi. “E se non ci capiamo?”, “E se non sono vaccinati?”, “E se poi al check out non se ne vanno?” sono alcune delle domande – spiegano dall’organizzazione umanitaria – che vengono poste da chi pensa di ospitare i profughi ucraini. “Abbiamo raccolto alcune testimonianze da programmi diversi – spiega Valentina La Terza, Program Manager di RWI – per dimostrare che l’esperienza di ospitalita’ non e’ gravosa come si potrebbe pensare, oltre ad essere, dal punto di vista umano, qualcosa di incredibilmente arricchente. Molti degli scrupoli, anche se comprensibili, si rivelano ingiustificati”. Preoccupazioni cui le due piattaforme rispondono mettendo a disposizione l’esperienza di chi ha gia’ aperto il proprio cuore e la propria casa. “L’immobile – temono per esempio alcuni degli host di Airbnb – e’ disponibile solo per un periodo limitato”. Il sistema di accoglienza – spiegano da Refugees Welcome – ha bisogno anche di soluzioni a breve termine, anche se un periodo minimo compreso fra i 15 e i 30 giorni va messo in conto. Il modello prevede proprio un periodo di decompressione prima che le persone vengano indirizzate verso una sistemazione di lungo periodo. Elena, host di Milano che ha accolto una mamma e una bambina, ammette di aver avuto piu’ di un dubbio. “Appena i miei ospiti sono arrivati – confida -, mi sono sentita in imbarazzo: non facevano altro che scusarsi per il disturbo e parlare di quando potranno tornare a casa”. “Aiuta – spiega Giacomo Trovato, AD di Airbnb Italia – la comunicazione costante con gli enti, senza contare che le organizzazioni che si occupano di accoglienza spesso hanno gia’ un progetto per il lungo periodo”. La difficolta’ di comunicazione e’ invece un tema reale: “in pochi parlano l’inglese, figuriamoci l’italiano” dice La Terza, spiegando che comunque le app di traduzione per smartphone offrono un valido supporto. Ma poi “specialmente coi bambini, bastano un sorriso e pochi gesti per capirsi”. Normale anche avere paura del Covid, ma “le procedure – sottolinea La Terza – sono piuttosto chiare, a cominciare dalla visita in ATS per attivare lo screening sanitario”. Cinzia, host di Lecco, ammette che “il senso di responsabilita’ che uno si sente addosso e’ innegabile”. Nel suo caso, pero’, si e’ subito attivata la solidarieta’ del vicinato: “dalla spesa fino ai giochi per i bambini oppure nelle altre incombenze, tutti erano pronti a dare una mano. Pensavo di essere sola, ma mi sbagliavo”. Dall’inizio dell’emergenza, in Italia sono state messe a disposizione oltre 1.700 case su Airbnb, mentre circa 4.000 persone, di cui quasi 1.000 a Milano e provincia, si sono iscritte sul sito di RWI per offrire accoglienza.