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Cronache

Carneficina del Ponte Morandi: aperto il processo, si torna in aula il 12 settembre

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Un’ora per l’appello, 45 minuti per consentire agli avvocati di depositare le quasi 300 richieste di costituzione di parte civile, comprese quelle ex novo che riguardano aziende e singoli cittadini, un quarto d’ora per fissare il calendario con tre udienze a settimana dal 12 settembre. La prima udienza del processo per il crollo di ponte Morandi, che il 14 agosto 2018 provoco’ 43 morti, feriti, sfollati e milioni di danni, e’ durata poco meno di tre ore e ha svuotato con largo anticipo le tre aule del tribunale di Genova riservate e collegate tra loro con schermi e microfoni. Sul banco degli imputati 59 persone tra ex vertici e tecnici di Autostrade e Spea, che si occupava di manutenzioni e ispezioni, attuali ed ex dirigenti del ministero delle Infrastrutture. Tra questi Giovanni Castellucci, ex Ad di Aspi. Le accuse, a vario titolo, sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d’atti d’ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro. Per l’accusa, buona parte degli imputati immaginava che il ponte sarebbe potuto crollare ma non fecero nulla. Per la difesa di Castellucci, invece: “Fuori dalla favola, e quindi nel rispetto dei fatti, emergera’ che il ponte e’ crollato per un vizio costruttivo”, ha detto uno dei legali del manager, Giovanni Accinni. Aspi e Spea sono uscite dal processo patteggiando circa 30 milioni. Il processo “piu’ importante che abbiamo in Italia in questo momento” lo ha definito il presidente del collegio Paolo Lepri replicando a un avvocato che lamentava possibili sovrapposizioni con altri dibattimenti, ripartira’ il 12 settembre. Entro dicembre potra’ entrare nel vivo con i primi testimoni. Sono piu’ di 550 solo sommando quelli dell’accusa e quelli delle difese epurati dei doppioni, 57 sono i consulenti tecnici. E potrebbero lievitare se fossero accolte le richieste delle parti civili e soprattutto i loro testi. “Non abbiamo nessun interesse a negare giustizia – ha spiegato al termine dell’udienza il procuratore Francesco Pinto – sara’ il tribunale a valutare e non ci metteremo a questionare, ma e’ evidente che non sara’ possibile arrivare a quantificare il danno per ciascun impresa, singola o associazione, ma al riconoscimento della sua esistenza rinviando le liquidazioni in sede civile. Per questo, ispirandoci a una logica di ragionevole durata del processo, auspichiamo e chiederemo che i testimoni di queste parti siano ridotti all’osso se non addirittura azzerati e sostituiti da una prova documentale”. Come dire: se ogni azienda danneggiata pensasse di portare il proprio commercialista o i propri clienti per dimostrare il crollo del fatturato i tempi del processo diventerebbero ingestibili. E in quel caso si’ che la prescrizione potrebbe avvicinarsi anche se al momento la Procura non e’ preoccupata. I reati come il crollo e il disastro si prescrivono nel 2033, nel 2031 decade l’attentato alla sicurezza dei trasporti. Diversa la questione delle omissioni e dei falsi che si prescriveranno tra il 2023 e il 2024. “Allo stato penso che il reato di disastro non si prescrivera’ – spiega Pinto – se il tribunale mantiene la marcia che si e’ data oggi e senza lunghe sospensioni si puo’ andare avanti serenamente”. Nessun timore al momento per la riforma Cartabia: “Sia la disciplina normativa sia la giurisprudenza di Cassazione dicono che la prescrizione prevista non dovrebbe riguardare questo processo”. Soddisfazione dai parenti delle vittime: “Abbiamo speranza che tutto possa andare per il meglio, che si riesca ad arrivare alle condanne e che sia fatta giustizia – ha detto Egle Possetti – E’ chiaro pero’ che in Italia i processi sono sempre complicati”. Per lei e gli altri parenti delle vittime oggi decine di interviste a televisioni di tutta Europa e dall’America. Telecamere che hanno potuto riprendere solo 10 minuti e poi non potranno piu’ entrare in aula a causa di un’ordinanza del presidente del tribunale. Ordine e sindacato dei giornalisti hanno protestato con un presidio. “Questo e’ un evento che ha scosso il mondo, e’ un fatto eclatante, non siamo davanti a fatti intimi ma a responsabilita’ pubbliche. Non e’ accettabile che venga oscurato un processo come questo” ha detto il presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti Carlo Bartoli.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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