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Bologna, dal salone nautico l’iniziativa di una mostra permanente e il sollecito al Governo per i porti

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Ultimo weekend per il Salone Nautico Internazionale a Bologna. L’esposizione, giunta alla quarta edizione, ha registrato un notevole aumento di visitatori anche grazie all’abbinamento con la fiera Auto e Moto d’Epoca che consente, con lo stesso biglietto d’ingresso, di poter visitare la produzione della piccola e media nautica. Ieri sera, intanto, si è svolta la cerimonia dei Blue Award 2023 con l’assegnazione dei riconoscimenti agli attori della nautica, dai cantieri alle figure professionali, dagli enti ai personaggi, che si sono distinti per il supporto alla filiera.

Salone Nautico Internazionale Bologna IV edizione 2023
Foto: Stefano Renna

Il presidente della società organizzatrice SNIDI, Saloni Nautici Internazionali D’Italia, Gennaro Amato, ha così aperto la cerimonia: “Sono orgoglioso del percorso che la piccola e media nautica, e la filiera tutta, ha compiuto in questi anni. I numeri parlano da soli, quest’anno il nostro comparto in Italia ha prodotto il 47% del fatturato interno che ha registrato 3 miliardi di vendite, inoltre le previsioni 2024 disegnano scenari ancora rosei. Purtroppo, però il mercato, pur positivo, non tiene presente i limiti del settore nautico che vede nell’assenza di attracchi e porti per la nautica da diporto uno dei maggiori limiti per consentire ulteriori crescite. Il mio monito alle Istituzioni, che indico orami da anni, è la necessità di adeguare le infrastrutture del diportismo altrimenti si perderanno posti di lavoro, pil e soprattutto imprenditoria”.

Tra i primi ad essere premiato con il Blue Award è stato, nei giorni scorsi, il Governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Al presidente il premio, consegnato dal Gennaro Amato, è stato attribuito per il suo costante impegno nel sostenere lo sviluppo della media e piccola nautica nel territorio di maggior prestigio e produttività economica italiana, il triangolo tra le maggiori regione trainanti del pil italiano: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Gennaro Amato e Stefano Bonaccini
Salone Nautico di Bologna IV edizione Fiera di Bologna
Foto: Stefano Renna

In questa occasione il Presidente Bonaccini ha annunciato la volontà di realizzare, in collaborazione con gli organizzatori del salone nautico, una fiera permanente del comparto. Ai primi di gennaio sarà presentata l’iniziativa che consentirà agli amanti del mare di poter accedere ad un portale che illustrerà le produttività in corso per l’anno 2024 e le ultime creazioni del 2023.

Salone Nautico di Bologna
Foto: Stefano Renna

Ieri sera consegnato il Blue Award anche al sindaco di Bologna, Matteo Lepore per aver intrapreso, con il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, un protocollo di promozione congiunta sui maggiori valori produttivi e culturali delle due città. All’interno del protocollo anche la media e piccola nautica e l’intera filiera produttiva, dalle tecnologie alle materie prime, dalla produzione all’artigianato di settore. A ritirare il premio, in rappresentanza del Primo cittadino, il consigliere comunale Claudio Mazzanti.

Al centro Gennaro Amato presidente Snidi con i consiglieri Snidi Stanislao Esposito e Ugo Lanzetta_Blue Award 2023

Tra i produttori invece il riconoscimento è stato assegnato ai cantieri: Cantiere Starmar di gommoni di Monte di Procida (Na) di Roberto Salvi; Cantiere Tirrenia di Pozzuoli (Na) produttore di gozzi dell’imprenditore Antonio Tiano; a Nautica Mediterranea Yachting di Cuma (NA) dell’imprenditore Ugo Lanzetta per il nuovo motoscafo Z340; a Nautica Allegra Furci (Me) di Antonio Allegra produttore di barche e al Cantiere Vincenzo Catarsi Mare di Cecina (Li) al titolare Filippo Di Bonito per i brand Calafuria e Tripesce realizzatori di barche da lavoro e da diporto. Un Blue Award è stato assegnato all’editore della nota rivista Nautica, Paolo Sonnino Sorisio, ritirato, in sua assenza, dal senior editor Roberto Franzoni.

Premio a sorpresa anche per il presidente di SNIDI, Gennaro Amato. Il numero uno è stato insignito per il suo totale impegno per il settore, il blue award consegnato dal consigliere di Snidi, Stanislao Esposito e dal Segretario Generale di Afina (Associazione Filiera Italiana della Nautica) Ugo Lanzetta.

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Guerra ibrida, il non paper di Crosetto: 10-15 mila militari in più per cyber e nuove tecnologie. Il piano e le sue implicazioni

Il non paper del ministro della Difesa Guido Crosetto propone un rafforzamento degli organici militari di 10-15 mila unità per contrastare la guerra ibrida: arma cyber, centro nazionale dedicato, nuove capacità su AI, spettro elettromagnetico e supply chain. Ecco cosa prevede il documento.

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Il ministero della Difesa ha diffuso un “non paper” dedicato al contrasto della guerra ibrida, un documento di lavoro illustrato da Guido Crosetto al Consiglio supremo di Difesa e destinato anche al Parlamento. Si tratta di un testo programmatico che delinea la visione del titolare della Difesa su come l’Italia dovrebbe prepararsi a una minaccia considerata permanente, multilivello e non più solo militare in senso tradizionale.

Nel documento la guerra ibrida viene descritta come una “guerra continua” che colpisce infrastrutture critiche, servizi essenziali, reti di comunicazione, industria strategica e istituzioni democratiche, combinando attacchi cyber, operazioni informative, guerra cognitiva, pressioni economiche e interferenze sullo spettro elettromagnetico.


La definizione di minaccia ibrida secondo la Difesa

Crosetto sottolinea che gli attacchi ibridi avvengono “giorno e notte”, con “rischi quotidiani e crescenti di danni catastrofici” per il Paese. Nel non paper si evidenzia come tali operazioni sfruttino le vulnerabilità delle democrazie occidentali, in particolare la tendenza a reagire tardi o a non reagire affatto, e puntino a minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

La minaccia è strutturata su tre grandi fronti:

  • trasporti e logistica, incluse rotte navali e catene di approvvigionamento;

  • reti energetiche e infrastrutture critiche;

  • sistema politico e informativo, con campagne di disinformazione e manipolazione del dibattito pubblico.


Il potenziamento degli organici: 10-15 mila militari in più per la guerra ibrida

Uno dei passaggi più rilevanti del non paper riguarda il rafforzamento degli organici. Nel testo si propone un “significativo potenziamento” del personale militare, “anche dell’ordine di 10/15 mila unità”, da destinare specificamente ai settori:

  • cyber difesa e cyber intelligence,

  • gestione e protezione dello spettro elettromagnetico,

  • nuove tecnologie e domini emergenti,

  • un ramo operativo “molto robusto” in grado di tradurre queste capacità in azione sul campo.

Questo potenziamento si inserisce in un ragionamento più ampio che, in altre sedi, ha portato Crosetto a indicare in circa 30 mila unità l’aumento complessivo ritenuto necessario per riportare le Forze armate a un livello di efficienza coerente con gli impegni internazionali e le nuove minacce.


L’arma cyber e il centro per il contrasto alla guerra ibrida

Il non paper prevede la costituzione di una vera e propria “arma cyber” civile-militare, riconoscendo il dominio cibernetico come spazio di difesa nazionale a tutti gli effetti. In questa nuova struttura rientrerebbero, secondo le linee illustrate pubblicamente dal ministro, circa 1.200-1.500 addetti tra personale civile e militare, con competenze specialistiche in sicurezza informatica, analisi delle minacce e risposta agli attacchi.

Accanto all’arma cyber, il documento propone l’istituzione di un Centro per il contrasto alla guerra ibrida, con funzioni di:

  • raccolta e analisi di intelligence sulle minacce ibride;

  • coordinamento tra Forze armate, altre amministrazioni dello Stato e settore privato;

  • pianificazione di esercitazioni congiunte su scenari cyber-elettromagnetici;

  • formazione specifica contro le “minacce cognitive”, cioè la manipolazione dell’informazione e della percezione pubblica.


Nuove capacità: intelligenza artificiale, droni, spettro elettromagnetico e supply chain

Il non paper dedica spazio all’adeguamento tecnologico delle Forze armate e, più in generale, dell’architettura di difesa nazionale. Tra le priorità indicate:

  • Intelligenza artificiale: sviluppo e adozione di sistemi AI per analisi di grandi moli di dati (big data), rilevamento anomalie, risposta automatizzata a minacce cyber e supporto alle decisioni operative.

  • Droni e sistemi unmanned: potenziamento delle capacità di sorveglianza, ricognizione e, dove previsto, intervento, con attenzione anche alla difesa anti-drone.

  • Spettro elettromagnetico: rafforzamento delle capacità di protezione, monitoraggio e, se necessario, contrasto delle attività ostili nel dominio elettronico, dalle interferenze alle attività di jamming.

  • Protezione delle catene di approvvigionamento (supply chain): misure per garantire sicurezza e resilienza delle filiere logistiche ed energetiche, considerate bersaglio primario in uno scenario di guerra ibrida.


Coordinamento con Nato, Unione europea e dimensione civile

Il documento di Crosetto si colloca nella cornice di una difesa “multilivello”, che intreccia la dimensione nazionale con quella euro-atlantica. Nel non paper si parla infatti della necessità di:

  • definire strategie comuni in ambito Nato e Ue per rafforzare la resilienza democratica e la risposta coordinata agli attacchi ibridi;

  • aggiornare il quadro normativo interno per consentire interventi più rapidi, prevenire, dissuadere e mitigare le minacce;

  • coinvolgere in modo strutturato infrastrutture critiche, grandi operatori energetici, tlc, trasporti, pubblica amministrazione centrale e locale, con protocolli condivisi di sicurezza e scambio informazioni.

Il piano, nelle intenzioni del ministro, non riguarda solo l’apparato militare, ma l’intero “sistema Paese”, chiamato a riconoscere che la guerra ibrida supera i confini tradizionali fra pace e guerra e coinvolge società, economia e informazione.


Le implicazioni politiche e finanziarie del piano

Il non paper, pur essendo un documento di indirizzo e non una legge, apre un capitolo politicamente delicato:

  • un aumento di 10-15 mila unità con alta specializzazione,

  • la creazione di una nuova arma cyber,

  • la realizzazione di un centro nazionale per la guerra ibrida,
    implicano inevitabilmente nuovi oneri di bilancio e scelte prioritarie su reclutamento, formazione e investimenti tecnologici.

Lo stesso testo indica che il dossier sarà messo a disposizione del Parlamento, che dovrà valutare la traduzione delle linee guida in atti normativi e risorse concrete. Per ora il non paper fissa la cornice: riconoscere la guerra ibrida come minaccia strutturale e permanente e ripensare di conseguenza lo strumento militare, l’organizzazione dello Stato e le alleanze internazionali. I passaggi successivi si giocheranno fra aula parlamentare, bilanci pubblici e consenso politico.

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Alcaraz ko, niente Final 8 di Coppa Davis: la Spagna perde il suo numero uno

Carlos Alcaraz non parteciperà alla Final 8 di Coppa Davis a Bologna: dopo una giornata di esami medici, il numero uno del mondo ha confermato la sua assenza. Pesante perdita per la Spagna.

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La notizia è arrivata nella mattinata di martedì, al termine di un lunedì segnato da visite mediche, controlli e analisi approfondite. Carlos Alcaraz, numero uno del mondo, ha annunciato che non giocherà la Final 8 della Coppa Davis in programma questa settimana a Bologna. I

La decisione dopo una giornata di esami

Il tennista spagnolo ha reso pubblica la sua decisione dopo aver valutato con lo staff medico le sue condizioni fisiche. Le prove effettuate nelle ultime ore hanno confermato che non ci sono margini di recupero utili per scendere in campo senza rischi. Ha riportato nell’incontro con Sinner un edema muscolare al bicipite femorale destro.

Una perdita pesante per la squadra spagnola

L’assenza del leader tecnico e simbolico della squadra rappresenta un duro colpo per la Spagna, che perde il suo giocatore più forte nel momento decisivo della competizione. La squadra dovrà ora riorganizzarsi per affrontare la fase finale senza il suo numero uno.

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Condono edilizio 2003, perché in Campania la sanatoria non è mai partita: numeri, ritardi e nuove tensioni politiche

In Campania il condono edilizio del 2003 non è mai stato applicato per intero. Tra conflitti istituzionali, sentenze della Consulta e migliaia di pratiche inevase, il tema torna ora nella campagna elettorale.

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La questione del condono edilizio del 2003 torna al centro del dibattito politico in Campania, complice la campagna elettorale e un emendamento del centrodestra alla legge di bilancio che propone la riapertura dei termini.

Per capire le tensioni attuali bisogna risalire alla legge nazionale varata dal governo Berlusconi, che avrebbe dovuto regolarizzare gli abusi realizzati entro il 31 marzo 2003. In Campania, però, la norma non fu recepita nei tempi previsti: la Regione approvò nel 2004 una disciplina autonoma, poi dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale.

Le tre sanatorie e una montagna di pratiche inevase

La mancata applicazione del 2003 si sovrappose ai ritardi accumulati nei condoni del 1985 e del 1994. Migliaia di cittadini pagarono l’oblazione senza ricevere risposta, mentre verande, ampliamenti e manufatti minori restavano sospesi tra atti non definiti e ordinanze di demolizione.
Dopo il 2003, in 84 comuni campani si registrarono circa 20mila richieste, con oltre 8.700 solo a Napoli. Nell’area vesuviana si stima che siano rimaste senza esito almeno 50mila istanze riferite ai condoni precedenti.
Parallelamente, nel perimetro del Parco del Vesuvio sono state emesse circa 2.500 ordinanze di demolizione in trent’anni.

Il nodo delle zone vincolate

Il condono del 2003 escludeva le aree sottoposte a vincolo paesaggistico, idrogeologico o ambientale: le cosiddette “zone rosse”. In molti territori della provincia di Napoli, come l’area vesuviana, questi vincoli coprono porzioni significative del territorio.
Senza il recepimento regionale, la sanatoria è rimasta bloccata, generando un cortocircuito tra cittadini, Comuni e uffici tecnici.

Tentativi legislativi falliti

Negli anni si sono succeduti diversi tentativi parlamentari di introdurre criteri uniformi per demolizioni e regolarizzazioni. Un disegno di legge del 2014, che distingueva tra abusi speculativi e abitazioni “di necessità”, fu approvato dal Senato ma modificato radicalmente dalla Camera, fino a scomparire dal calendario parlamentare.
La Regione Campania tentò poi di trasformare gli immobili abusivi in patrimonio pubblico da destinare in affitto agli occupanti, ma la legge fu impugnata dal governo e la Consulta nel 2018 la dichiarò incostituzionale, ribadendo che lo Stato ha competenza esclusiva sul condono e che la demolizione resta la sanzione ordinaria.

Un tema che torna con la campagna elettorale

Oggi, in piena campagna elettorale, la proposta di riapertura dei termini del condono del 2003 riaccende lo scontro tra chi invoca certezza giuridica per migliaia di famiglie e chi teme un indebolimento della tutela del territorio.
La Campania è l’unica regione a non aver beneficiato del condono del 2003, ma il problema reale è strutturale: una massa enorme di pratiche inevase, un contenzioso sedimentato e un rapporto irrisolto con le demolizioni.

Tra legalità e attese sociali

Il dibattito si concentra sul difficile equilibrio tra la necessità di contrastare l’abusivismo e quella di fornire risposte a situazioni abitative pendenti da decenni.
La cronistoria mostra un ritardo accumulato in oltre vent’anni, dove conflitti istituzionali, norme disattese e decisioni politiche mancate hanno prodotto ciò che oggi molti definiscono “la perenne emergenza edilizia” della Campania.

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