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Economia

Blitz di Unicredit su Bpm. Giorgetti, non è concordato

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Nuovo colpo a sorpresa da parte di Unicredit che mette nel mirino Banco Bpm e punta a diventare la terza banca nel panorama europeo e a consolidarsi in Italia con sinergie per 1,2 miliardi di euro. Un blitz che trova freddi il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti e il vice premier e ministro ai trasporti e alle Infrastrutture, Matteo Salvini che non nascondano la loro irritazione. Fonti di governo raccontano che l’operazione è stata comunicata a ridosso della delibera del Cda di UniCredit e il Governo ne ha potuto soltanto prendere atto ma approfondirà con la procedura del Golden power, come previsto dalla normativa e come sempre accaduto in passato per casi simili. Per l’esecutivo, tra l’altro, non sarebbe chiara la finalità dell’operazione vista anche la concomitanza con l’interesse dell’istituto italiano verso la tedesca Commerzbank.

Ma ecco l’operazione. Dopo Commerzbank, messa per il momento in stand-by in attesa dell’esito delle elezioni in Germania del prossimo febbraio, Andrea Orcel guarda sul mercato domestico con un’offerta pubblica di scambio volontaria da oltre 10 miliardi di euro, per l’istituto guidato da Giuseppe Castagna. Un’incursione, maturata nel fine settimana e di cui sono stati avvertiti in prossimità, tanto le istituzioni quanto il vertice di Bpm. “Io direi che l’operazione di Bpm sia un’operazione che si aspetta da anni è molto complementare a noi non tocca molto il network, de facto l’impatto cliente sarà tutto positivo e aggiunge molto valore”, dice il Ceo. E’ un’operazione “comunicata ma non concordata col governo”, chiarisce Giorgetti. L’offerta messa in piedi da Unicredit che in Borsa perde 4,77% a 36,27 euro, spariglia le carte ad un terzo polo bancario con Piazza Meda pivot.

E’ infatti recente la doppia mossa, prima sul risparmio gestito con l’opa su Anima e poi, soprattutto, su Mps di cui il Banco è diventato uno dei principali azionisti in seguito all’ulteriore vendita di quote da parte del Mef. Sul Monte “non abbiamo ambizioni”, precisa Orcel che il dossier l’ha guardato senza poi andare avanti, ma prima che Siena – che a Piazza Affari lascia il 2,23% a 5,8 euro – fosse risanata dalla cura di Luigi Lovaglio. La mossa non piace proprio a Salvini che chiede l’intervento di Banca d’Italia. “Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo Bpm-Mps per fare un favore ad altri”, è il giudizio del vice premier che rileva come “Unicredit ormai di italiano ha poco e niente” ed è una “banca straniera”. Non è da meno Giorgetti. “Poi vedremo, come è noto esiste la golden power.

Il governo farà le sue valutazioni, valuterà attentamente quando Unicredit invierà la sua proposta per le autorizzazioni del caso”, aggiunge. A stretto giro did posta Orcel si dice d’accordo: “Sono tutte operazioni complicate quando si tocca il sistema bancario: ci vuole cautela” e quuindi che il governo valuterà “è la risposta corretta che ci aspettavamo”. Giorgetti sottolinea anche un altro timore: “Citando von Clausevitz il modo più sicuro per perdere la guerra è impegnarsi su due fronti, poi chissà che magari questa volta questa regola non sarà vera”. Non sfugge come Unicredit ora si trovi a correre proprio su due fronti. Da una parte incardinare l’operazione di Banco Bpm con un’offerta – spiega Orcel – che “al momento non è vincolante, è fatta in buona fede” e che se verrà portata a termine lo sarà al massimo entro giugno prossimo.

Uno scoglio potrebbe essere il premio dello 0,5% sulle azioni Bpm valutate 6,657 euro e che oggi, invece, sono andate più su: hanno segnato i 7 euro con il titolo salito del 5,58%. L’Enpam, per esempio, che ha l’1,99% del Banco, ritiene l’offerta bassa. Nelle more dell’operazione anche un aumento di capitale, pari al 13,9% del capitale sociale che sarà al voto dell’assemblea straordinaria di Unicredit del 10 aprile. Nel frattempo entro tre settimane, nelle tappe dell’ops, sono previste il documento alla Consob e le richieste di autorizzazioni a Bce, Banca d’Italia e Ivass anche per la quota di controllo in Anima su cui Bpm ha lancia un’offerta. Sull’altro fronte Unicredit deve gestire quello che ad ora è solo “un investimento” in Commerzbank che “ha tempo per maturare”. L’istituto italiano, tra derivati e azioni, è il primo azionista con il 21% e può salire, qualora la Bce l’autorizzi, alla soglia d’opa del 29,9%. E non è detto che lo faccia. Sicuramente non in tempi brevi. Con lo spartiacque delle elezioni tedesche, se ci sarà un accordo non sarà prima di un anno. Per cui qualsiasi acquisizione e integrazione di Banco Bpm che “speriamo avvenga in maniera rapida e fluida, resterà indipendente – puntualizza Orcel – da qualsiasi ipotetica e futura integrazione tra HvB e Commerzbank”. Quest’ultima in Borsa a Francoforte cede il 4,86% a 14,58 euro con il mercato che teme un disimpegno da parte di Unicredit. D’altra canto i costi di integrazione con il Banco Bpm per 2 miliardi di euro, pari a 50 punti di impatto sul coefficiente Cet1 lasciano pensare agli analisti che l’operazione tedesca venga abbandonata.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

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Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

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