Vent’anni lui, 83 lei. Blanco e Mina. Il ribelle e la tigre. Tutto a dividerli, la musica a unirli. Un duetto, Un briciolo di allegria, a confermare lo spazio senza tempo e senza confini delle sette note, che esce questa notte accompagnato da un video dalle atmosfere hitchcockiane che sarà nei nuovi album di entrambi gli artisti. Quello di Blanco in uscita domani, quello di Mina la prossima settimana. “E pensare che il pezzo così com’era neanche mi convinceva – racconta il giovane bresciano, all’anagrafe Riccardo Fabbriconi -. Allora ho proposto di provare a metterci qualcun altro. Ho detto Mina e ovviamente mi hanno tutti mandato affanculo. E invece… Lei però non l’ho mai incontrata, non ci ho parlato neanche al telefono. Resta una dea irraggiungibile. E’ stato suo figlio Massimiliano a farle vedere un mio video. Una collaborazione del genere è la dimostrazione che la musica non ha età, è scambio e che Mina è un’artista che guarda sempre avanti, sempre in evoluzione”.
Un briciolo di allegria è solo uno dei tasselli, tra i più preziosi, che vanno a comporre Innamorato, il secondo album in studio di Blanco (dopo il clamoroso successo di Blu Celeste), anticipato dal singolo L’Isola Delle Rose. “Se Blu Celeste è stato un punto fermo, Innamorato è un disco di transizione – racconta il giovane -, che mi porterà a qualcos’altro. Magari tra tre anni saranno pezzi che non mi rappresenteranno più. Sono contento del lavoro, anche se avrei voluto fare una cosa più grossa, più rivolta all’estero”. Ma, aggiunge, “non era il momento giusto: per essere credibili ci deve essere un percorso dietro. Un limite la lingua? No, i Maneskin cantano in inglese, ma all’estero conoscono anche i loro brani in italiano perché sono forti. Dobbiamo lamentarci un po’ meno e trovare un’identità più forte. Ora l’Italia è un misto di tante cose”.
L’occasione, non sfruttata appieno, per farsi conoscere all’estero l’aveva avuta l’anno scorso con l’Eurovision Song Contest, dopo la vittoria in coppia con Mahmood a Sanremo. “Ci siamo arrivati stanchi, con un tour alle spalle e nessuno è venuto incontro alle nostre richieste. No, non me la sono goduta”. In Innamorato, che conferma il sodalizio con il produttore Michelangelo, Blanco torna con tutta la sua autenticità, la sua sfrontatezza, spogliandosi di ogni sovrastruttura. Dodici canzoni da Innamorato, “non solo dell’amore, ma della vita, della famiglia, di tante cose”, immortalando in ogni traccia un frammento del suo vissuto, presente e passato. “Senza scendere a compromessi. So che alcuni canzoni non sono pezzi che fanno stream, ma mi raccontano, come La mia famiglia. Faccio scelte di pancia a livello musicale”. In più di una canzone si coglie il riferimento alle droghe. “Ogni tanto mi drogo. Cosa? Non si può dire, ma acidi no”, dice sorridendo, e lascia nel dubbio se credergli o meno per poi aggiungere: “Droghe di vita, emozioni”. Tra i dodici titoli, fa capolino anche Scusa. Qualcosa da farsi perdonare?
“No, niente in particolare. A volte mi sento stronzo, ma sono un buono, però capita a volte una giornata sbagliata”. Come quest’anno a Sanremo, quando prese a calci le rose sul palco dell’Ariston non senza strascico di polemiche? “Mi dispiace tornare a parlare di quell’episodio. Avevo segnalato il problema audio già nelle prove. Mi avevano detto che avrebbero risolto, così non è stato. Anzi, quando ho tolto l’auricolare mentre cantavo mi è stato detto di andare avanti. Lo rifarei? Non chiedetemelo”. Nell’ultimo anno Blanco ha conquistato 55 dischi di platino, 4 dischi d’oro, oltre 2,7 miliardi di stream. “Troppo in alto, troppo in fretta? Non è che sia arrivato chissà dove, ho ancora tanto da lavorare – ammette -. Certo, ho un po’ perso la testa e non ho gestito al meglio il successo. Però la cosa bella è che la tua musica può arrivare a più persone”. Blanco ha presentato il suo disco con quattro “serenate” a sorpresa, a Venezia, Firenze, Napoli e Roma. In estate è atteso per la prima volta negli stadi: il 4 luglio all’Olimpico di Roma e il 20 luglio a San Siro a Milano. “Provo ad alzare l’asticella. Vorrei che i miei live fossero una festa”.