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Berlusconi vuole riprendersi la scena, FI è il perno

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È rimasto in silenzio al Quirinale dopo le consultazioni, ma ora Silvio Berlusconi ha tutta l’intenzione di prendere la parola quando al Senato, probabilmente mercoledì, sarà il momento di votare la fiducia al governo Meloni. L’idea del Cavaliere, secondo quanto filtra, sarebbe quella di ribadire il ruolo di “perno” di Forza Italia nel destino dell’esecutivo, dedicando un passaggio chiaro alla matrice atlantista della politica estera a cui si ispira il suo partito. Due concetti rilanciati nei giorni scorsi attraverso social e note ufficiali: prima per contenere l’incidente diplomatico nato dalle parole “rubate” su Vladimir Putin e l’Ucraina; poi per tentare un ultimo braccio di ferro sulla Giustizia. Alla fine la partita sui ministri si è chiusa come voleva Giorgia Meloni, ma l’intenzione è ribadire alla nuova premier che il contributo azzurro sarà imprescindibile nel percorso di un governo in cui siedono ben 11 protagonisti già a Palazzo Chigi nel Berlusconi IV. Mentre si chiudeva la partita dei ministri, si è già aperta quella del sottogoverno, in cui il Cavaliere conta di prendersi qualche rivincita in quella per viceministri e sottosegretari, con gli azzurri che – ragiona un big – potrebbero rivendicare 10-12 posti. Anche se, secondo le proporzioni con cui sono stati distribuiti i ministeri, rischiano di essere qualcuno in meno. Caselle in cui potrebbero finire fedelissimi del leader come Valentino Valentini, o Francesco Paolo Sisto, rispettivamente come viceministro alla Difesa e alla Giustizia. Il risultato rispecchierà anche gli equilibri di un partito in cui soffiano ormai due correnti, fra ‘ronzulliani’ e ‘tajanei’, come le chiamano anche i parlamentari di FI nei loro discorsi a taccuini chiusi. E dipenderà anche dalle impuntature degli alleati, da FdI a Lega, passando per Noi moderati, che non ha avuto alcun ministero. Dinamiche da sbrogliare in modo rapido e diplomatico per Meloni, per evitare nuovi fronti nella coalizione. Uno con la Lega si è già aperto per le deleghe sui porti. Nel partito di Matteo Salvini sono certi che debbano restare fra quelle del Ministero per le infrastrutture, guidato proprio dal leader. Si attende di verificare l’atteggiamento di FdI e del ministro per il Sud e il mare Nello Musumeci. E fra i leghisti c’è chi, quasi con tono di sfida, forse anche in reazione del veto su Salvini al Viminale, propone di lasciargli le deleghe per testare le strategie politiche di FdI sull’immigrazione. La “difesa dei confini nazionali” dai flussi migratori, assieme all’autonomia, resta d’altronde una delle ultime due bandiere che la Lega può sventolare in Consiglio dei ministri, come ragionano alcuni leghisti, dando sfogo al risentimento diffuso per aver perso l’Agricoltura. Sull’autonomia, è intenso il pressing nei confronti di Salvini. Lo fa il Comitato del Nord, nato per volontà di Umberto Bossi (“Siamo gli antinfiammatori del nostro movimento”, Angelo Ciocca). E lo fanno i governatori leghisti di Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Non sarà, però, un iter rapidissimo, predicano quei deputati e senatori della Lega che si considerano “realisti”. FdI non ha la stessa fretta, considera una priorità il varo del presidenzialismo. Anche per questo, secondo previsioni che si fanno nella maggioranza, è fondamentale ma non del tutto scontato che siano armoniche fra loro le road map del ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli e di quello per le Riforme Elisabetta Casellati. In compenso, è un’altra delle constatazioni che si fanno fra i parlamentari di Lega e FdI, Salvini e Meloni sono partiti con la comune intenzione di fare in modo che l’esecutivo dia quanto prima segnali concreti di realizzazione del programma.

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Trump, giudice arrestata per aiuto a membro gang Tren de Aragua

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“È una cosa terribile, la giudice è stata arrestata perché ospitava un membro di Tren de Aragua, giusto? È quello di cui sta parlando? È piuttosto sorprendente. È terribile”: lo ha detto Donald Trump ai reporter ai bordo dell’Air Force One commentando l’arresto di una giudice in Wisconsin con l’accusa di aver aiutato un clandestino ad eludere la cattura nascondendolo nella stanza della giuria. Non ci sono tuttavia per ora indicazioni che appartenesse alla gang venezuelana (foto di un esponente della gang).

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Esteri

Trump, Mosca e Kiev si incontrino per concludere accordo

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“Appena atterrato a Roma. Una buona giornata di colloqui e incontri con Russia e Ucraina. Sono molto vicini a un accordo e le due parti dovrebbero ora incontrarsi, ad altissimo livello, per ‘concluderlo’. La maggior parte dei punti principali è stata concordata. Fermate lo spargimento di sangue, ora. Saremo ovunque sia necessario per contribuire a porre fine a questa guerra crudele e insensata!”: lo scrive Donald Trump su Truth dopo essere arrivato a Roma per i funerali del Papa.

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