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Bakhmut vicina alla resa, strage di civili a Sloviansk

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Pechino continua a professarsi “neutrale” nella guerra in Ucraina e nega di essere pronta ad armare la Russia, come invece sostengono gli americani. “Non venderemo armi a nessuna delle parti coinvolte”, ha assicurato il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ricevendo la collega tedesca Annalena Baerbock. “I negoziati sono l’unica via d’uscita”, è la posizione ribadita dal presidente Xi Jinping nel faccia a faccia con il leader brasiliano Lula. Messaggi di pace che tuttavia restano lettera morta, come dimostrano i furiosi combattimenti nel Donbass. A Bakhmut, dove gli ucraini sarebbero vicini alla resa, e a Sloviansk, colpita dai raid russi che hanno sventrato un palazzo, lasciando ancora sangue innocente: un bimbo di due anni è morto in ambulanza dopo essere stato estratto ancora vivo dalle macerie. Macerie che hanno sepolto e ucciso almeno altri cinque civili, e ferito altre 18 persone.

Durissimo il presidente Volodymyr Zelensky che accusa: “Lo Stato malvagio dimostra ancora una volta la sua essenza”. La diplomazia occidentale, in assenza di spiragli di dialogo tra le due parti in conflitto, resta in pressing sulla Cina perché metta da parte l’ambiguità e si impegni per una mediazione. La questione è stata sollevata dalla tedesca Baerbock, volata a Pechino una settimana dopo Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen. Con un identico messaggio: la Cina deve sfruttare la sua “influenza” su Mosca per convincere “l’aggressore russo a fermarsi”.

Gli sponsor di Kiev, a partire dagli Stati Uniti, sono preoccupati soprattutto che la Cina abbia ormai rotto gli indugi sulla fornitura di armi alla Russia, come è emerso dalle carte trafugate dalla talpa del Pentagono. Tanto più che secondo gli ucraini le componenti cinesi sono già presenti, ed in misura sempre più massiccia, nelle armi del nemico ritrovate al fronte. Materiali che stanno sostituendo le forniture occidentali di tecnologia militare, bloccate dalle sanzioni. A questi timori Pechino ha deciso di rispondere con una dichiarazione mai così esplicita da parte di un funzionario di alto livello.

“Sull’export di forniture militari adottiamo un atteggiamento prudente e responsabile”, ha puntualizzato il ministro degli Esteri Qin dopo il bilaterale con Baerbock. “Tutti gli sforzi per risolvere pacificamente la crisi dovrebbero essere incoraggiati e sostenuti”, ha poi sottolineato il presidente Xi in una dichiarazione condivisa con Lula, al termine di un incontro nella Sala grande del Popolo. In un rinnovato sodalizio tra due leader sulla carta non allineati, ma certamente non ostili a Mosca. Proprio nella capitale russa, tra l’altro, è atteso nei prossimi giorni il ministro della Difesa cinese Li Shangfu che vedrà Serghiei Shoigu. Per consolidare “relazioni militari” bilaterali che sono già di “alto livello”, ha rimarcato Pechino.

I generici appelli alla pace che arrivano dalla Cina, comunque, non sembrano scalfire la postura russa. Almeno se si legge l’ennesimo post incendiario del falco Dmitry Medvedev, stavolta contro il principale alleato europeo degli ucraini. “In caso di guerra tra la Nato e la Russia”, ha avvertito, “la Polonia è destinata a scomparire insieme al suo stupido primo ministro, Mateusz Morawiecki”.

Al fronte intanto continua il lento stillicidio di Bakhmut, che dopo mesi di scontri starebbe effettivamente per cadere in mano russa. L’intelligence britannica ritiene che la migliore cooperazione tra i mercenari Wagner e l’esercito regolare di Mosca stia costringendo gli ucraini a “ritirarsi sistematicamente dalle loro posizioni”. L’Armata, vedendo la vittoria a Bakhmut, ha intensificato gli attacchi anche sugli altri centri chiave del Donbass: Kramatorsk e Kostiantynivka, e soprattutto Sloviansk, teatro di un’ennesima strage di civili.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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Sconosciuti uccidono sette giovani nel sud dell’Ecuador

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Sette giovani, che la polizia sospetta facessero parte di una banda dedita al furto di veicoli, sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco da sconosciuti a Petrillo, località del sud dell’Ecuador. Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto, riferisce il portale di notizie Primicias, sei dei giovani, tutti fra i 15 e i 21 anni, sarebbero caduti in un’imboscata mentre stavano riportando una moto rubata al proprietario per incassare il riscatto. Il cadavere di un settimo giovane è poi stato ritrovato ore dopo poco lontano dal luogo del massacro. Gli inquirenti hanno comunicato che praticamente tutte le vittime avevano precedenti penali per furti di vario genere, ed in particolare di veicoli, formulando l’ipotesi che le persone che hanno sparato da un’auto sarebbero membri di una banda rivale o residenti del luogo stanchi delle ripetute estorsioni.

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