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Politica

Appello di Giorgia Meloni ai partiti: energia sfida epocale, occorre compattezza di tutte le forze politiche

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La ricetta per far fronte alla crisi energetica, una sfida “epocale”, è il vero banco di prova del futuro esecutivo. E Giorgia Meloni fa appello “alla compattezza” alle forze politiche, “tutte”. Perchè dare risposte ai cittadini e alle imprese sempre piu’ provate dai rincari delle bollette non sara’ affatto facile e il nuovo governo avra’ bisogno della collaborazione anche delle opposizioni, come ha fatto Fdi peraltro ad esempio sull’Ucraina. A maggior ragione se la Ue non si muovera’ “con tempestivita’ e buon senso”. Abbandonando quel basso profilo che ha caratterizzato i primi giorni da premier in pectore, la presidente di Fdi fa un appello alla responsabilita’ ai partiti. E prende posizione nella partita con i partener europei. Per questo passaggio sceglie con cura le parole. Che somigliano molto a quelle, chiarissime, utilizzate dal premier ancora in carica Mario Draghi con il quale ci sono stati contatti in giornata. Nessuno cita mai esplicitamente la Germania e la sua scelta di lanciare un programma di aiuti da 200 miliardi in solitaria ma il riferimento e’ evidente. Cosi’ come la sintonia con il premier ancora in carica. Nessuno si salva da solo e’ il messaggio che invia Meloni a Bruxelles a pochi giorni dal primo di due vertici Ue decisivi per la battaglia sul prezzo del gas. “Nessuno Stato membro – scandisce – puo’ offrire soluzioni efficaci e a lungo termine da solo in assenza di una strategia comune”. Nemmeno “quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario”. Di spazi di bilancio Roma, si sa, ne ha pochissimi. Nelle riunioni con i suoi fedelissimi alla Camera, dove si e’ rinchiusa per tutto il pomeriggio, sul tavolo sono arrivate le tabelle della Nadef. Che certificano margini per 10 miliardi in deficit per mettere in campo anche subito, non appena in carica, un nuovo decreto taglia-bollette. Briciole, pero’, in confronto al maxi-intervento tedesco che subito l’alleato Matteo Salvini chiede di replicare anche in Italia. Ma lo scostamento resta l’ultima ratio, continuano a ripetere dalle file di FdI, perche’ gli occhi degli investitori, dei mercati e dei partner internazionali sono tutti puntati sulle scelte economiche che fara’ il nuovo esecutivo. E sbagliare la prima mossa potrebbe costare caro. Se quello dell’energia e’ il primo e piu’ importante dossier da affrontare (gia’ gli sherpa avrebbero preso contatti con il Mite di Roberto Cingolani per avere un quadro approfondito e aggiornato della situazione anche sul fronte degli approvvigionamenti), l’altro nodo da sciogliere prima rimane quello della squadra di governo. In agenda c’e’ ancora un incontro a due con Maurizio Lupi (“lo devo vedere”, assicura Meloni), la prossima settimana bisognera’ rivedersi anche con Lega e Fi (probabile anche con Silvio Berlusconi) per riempire le caselle e arrivare davanti al Capo dello Stato con una lista “di livello, che non vi deludera’” assicura sui social di prima mattina smentendo, ancora una volta, ricostruzioni di frizioni e veti posti dagli alleati. “Tutte bugie”, le liquida Meloni. E lo stesso fa Matteo Salvini. Sono “sciocchezze” le minacce di appoggio esterno dice il capo leghista che riunisce i suoi eletti – Meloni li vedra’ la prossima settimana – e si fa immortalare sorridente accanto a Giancarlo Giorgetti. “Salvini sara’ al governo” dice il ministro dello Sviluppo economico che potrebbe non rientrare nella lista dei ministri del governo di centrodestra. Il pressing leghista per riconsegnare a Salvini il ministero dell’Interno pero’ rimane. Ed e’ uno degli scogli da superare insieme a quello, delicatissimo, del successore di Daniele Franco all’Economia. Tra le nomine, la prima che invece potrebbe trovarsi a fare, sempre che non la firmi Draghi, e’ quella del nuovo amministratore delegato delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina, tema al centro di un lungo incontro con il presidente del Cio. Ma l’obiettivo di Giorgia Meloni e’ quello, sottolinea in un tweet, di “ridare futuro, visione e grandezza all’Italia”. C’e’ tempo anche per rispondere alle congratulazioni internazionali arrivate da Emirati Arabi e Bahrein, ma anche al Likud israeliano, e al presidente di Vox cui augura che anche in Spagna, come in Italia, arrivi al governo la destra. Proprio quello che teme Joe Biden per gli Stati Uniti, tanto da citare l’Italia come esempio in un comizio. Parole che, non a caso, a Roma cadono sostanzialmente nel vuoto.

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Politica

Piantedosi: io governatore in Campania? Assolutamente no

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“No, assolutamente no” risponde il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ai cronisti che gli chiedono se il botta e risposta andato in scena stasera a Napoli con il governatore campano Vincenzo De Luca non possa considerarsi il prologo di una prossima campagna elettorale per il ruolo di governatore campano dopo che nei giorni scorsi il nome del titolare del Viminale è circolato sui media, sponsorizzato da esponenti locali della Lega. “Se volete vado dal notaio. Io sono contentissimo – sottolinea Piantedosi – di fare il ministro dell’Interno, e potete immaginare come per me che vengo da una carriera nell’amministrazione statale, dopo aver fatto il prefetto, se non è questo il massimo della soddisfazione. Con tutto il rispetto per altri ruoli – ha ribadito – ma assolutamente no”.

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Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

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Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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Politica

Mattarella: sull’antifascismo unità del popolo è doverosa

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Un regime “disumano” che “negava l’innegabile” attraverso una strettissima censura dei giornali, che “non conosceva la pietà”, che educava i bambini “all’obbedienza cieca ed assoluta”. Un regime, quello fascista, “totalmente sottomesso” a quello hitleriano nonostante le velleità di grandezza, inginocchiato ai nazisti che “ci consideravano un popolo inferiore”. Sergio Mattarella si spende il suo 25 aprile per una contundente lezione di storia che non lascia alcuno spazio ai revisionismi. Il presidente della repubblica ha scelto la cittadina toscana di Civitella Val di Chiana, dove i nazisti uccisero a freddo quasi 250 civili per ritorsione compiendo così un “gravissimo crimine di guerra”.

Mentre le piazze italiane ospitavano tra le tensioni una serie di manifestazioni nelle quali il ricordo del nazifascismo si sbiadiva nella contestazione ad Israele per i suoi sanguinosi attacchi sulla striscia di Gaza, il capo dello Stato almanaccava gli orrori compiuti dal fascismo, le sue codardie, il collaborazionismo con i nazisti fino all’ultimo tragico errore della repubblica di Salò, “il regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il controllo totale di Hitler”. Una serie potente di ricordi e citazioni per chiudere la porta, evidentemente Mattarella ne sentiva la necessità anche in questo turbolento 2024, a quei venticelli che soffiano distinguo e giustificazioni da e verso i palazzi della politica, quasi a voler mettere sullo stesso piano chi combattè per la libertà e chi quella libertà l’aveva svenduta ai nazisti. Un discorso tutto teso quindi alla “memoria” senza la quale, ha sottolineato, “non c’è futuro”.

Al presidente della Repubblica è stato necessario ripercorrere con crudezza la realtà storica per arrivare al cuore del messaggio di questo suo intervento per la Festa della “liberazione” che non è una festa della “libertà” genericamente intesa. C’è stato chi ha liberato e chi ha collaborato con i nazisti. “L’antifascismo” dovrebbe far parte del dna degli italiani, sembra dire Mattarella, ed è forse frustrante doverlo ripetere ad ogni 25 aprile. La costituzione nasce dalla Liberazione, da quanti la resero possibile, e non ci dovrebbero essere divisioni sulla giustezza dei valori che compongono e strutturano la parola “antifascista”, peraltro “fondanti” della stessa Costituzione. “Intorno all’antifascismo – ha spiegato il presidente – è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.

Se l’anno scorso da Cuneo Mattarella chiuse il suo discorso con una frase ad effetto ed altamente simbolica, “ora e sempre Resistenza!”, dalla Toscana ha articolato il ragionamento parlando del “riscatto morale” che rimise in piedi l’Italia: “L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità.

La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura”. Ed anche, è il non detto, il coraggio di prendere le armi per ritrovare una dignità che si era perduta sin dal lontano 1924. L’anno dell’omicidio di Giacomo Matteotti voluto da Mussolini, eseguito dai suoi sgherri, coperto proprio da quel fascismo nascente che con l’uso compiacente dei media di allora, coprì, depistò ed insabbiò. Il coraggioso politico socialista ed antifascista del quale si celebrano i 100 anni dell’omicidio e la cui figura il presidente ha voluto ricordare perchè già allora il fascismo svelò “i suoi veri tratti brutali e disumani”.

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