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Coronavirus, la storia di Maria Pia: io, giovane infermiera napoletana a Bologna ho rinunciato al posto fisso in clinica per aiutare i miei colleghi in ospedale

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Fra i tanti infermieri in prima linea contro il Coronavirus c’è anche Maria Pia Zambrano, napoletana di 27 anni, da settembre infermiera con contratto interinale presso il pronto soccorso dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna. In queste settimane è stata lì, in trincea, assieme a tanti colleghi, a fronteggiare l’emergenza. Con le corsie affollate, l’arrivo incessante di nuovi pazienti, la preoccupazione di venire contagiati. Sul volto quella mascherina diventata ormai un’appendice, protezione irrinunciabile contro il virus covid-19. In più le ansie e le angosce che provengono da un lavoro precario, rinnovato di mese in mese. Pochi giorni fa, dopo un colloquio di lavoro, la proposta che può cambiare tutto: contratto a tempo indeterminato presso una clinica privata. Deve solo rassegnare le dimissioni, poi inizierà il suo nuovo lavoro. Maria Pia ringrazia e declina l’offerta. Non se la sente di abbandonare la sua postazione in un momento così delicato. Rinuncia alla sicurezza del tanto agognato posto fisso. Adesso lo Stato ripaghi gli sforzi e la generosità di Maria Pia e di tanti altri ragazzi come lei. Ed inverta la rotta sulla sanità pubblica. Prima che sia troppo tardi. 

Maria Pia, partiamo dal principio. Perché ha scelto di fare l’infermiera?

A dirle la verità, inizialmente ero più orientata verso fisioterapia. Su consiglio di mio padre feci però il test per infermieristica, dove vi erano maggiori possibilità di entrare, con la prospettiva di chiedere il trasferimento dopo un anno. Ma quel cambio di facoltà non è mai avvenuto. Durante il primo tirocinio, mi innamorai della professione, del contatto e dell’interazione con i pazienti.

Si è ritrovata a Bologna durante l’emergenza Coronavirus. Come sta andando?

Sì, sono a Bologna da settembre con un contratto interinale. I turni di queste ultime settimane sono stati molto stancanti ed impegnativi: ogni giorno cambia qualcosa e ci si deve adeguare in fretta. Grazie all’arrivo di altro personale, riusciamo a mantenere i nostri turni abituali, ma il carico di lavoro è maggiorato. E’ molto complicato anche dal punto di vista burocratico, è una situazione nuova per noi. Arrivano moltissimi casi sospetti che devono seguire tutto il percorso diagnostico, fra tampone, radiologia, esami di laboratorio. A quel punto vengono ricoverati in un reparto dedicato, dove aspettano dieci ore prima di conoscere l’esito del tampone. I reparti di malattie infettive e rianimazione sono pieni. Ci sono tre reparti dedicati ai pazienti meno gravi, quelli che non soffrono di insufficienze respiratorie. A volte c’è un po’ di paura di contrarre il virus, nonostante le precauzioni. Poi però passa e vado avanti.

Arriviamo ad un paio di giorni fa, quando le arriva un’offerta di lavoro a tempo indeterminato. 

Mi ero candidata per un posto da infermiera in una clinica privata. Sono a Bologna da fuori sede con un contratto interinale, cercavo un impiego che potesse darmi maggiore stabilità. Ho fatto il colloquio ed è andato bene, mi hanno preso. Avrei dovuto iniziare subito, giusto il tempo di rassegnare le dimissioni all’ospedale. 

Perché ha rifiutato quel posto di lavoro?

All’ultimo momento non me la sono sentita e sono tornata sui miei passi. Mi sentivo tremendamente in colpa all’idea di lasciare il pronto soccorso in un momento così drammatico. Inoltre sarei andata in una clinica privata, un ambiente completamente diverso, più tranquillo; ho preferito rimanere al pronto soccorso, nonostante mi avessero offerto un contratto a tempo indeterminato. Ho rischiato ma sto bene con me se stessa. Il mio contratto scade il 31 marzo, confido in una proroga che è assai probabile, dati i tempi. E’ un rinnovo mensile, di mese in mese mi fanno sapere se lavorerò quello successivo.

Che cosa sogna per il futuro? Si aspetta maggiore considerazione dallo Stato quando l’emergenza sarà finita?

Mi piacerebbe lavorare nella sanità pubblica con un contratto a tempo indeterminato. Spero che lo Stato si renda conto di quanto siano importanti i dipendenti del Servizio sanitario nazionale e che ci tenga in maggiore considerazione nel futuro. Non ci sentiamo eroi, stiamo solo facendo il nostro dovere, ma è giusto che venga riconosciuto il nostro lavoro, dagli addetti alle pulizie ai medici. Ci stiamo mettendo tutti in gioco per fronteggiare quest’emergenza nazionale.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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