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Economia

Zappia annuncia l’accordo di Sky con Netflix ma tace sui diritti del calcio a Mediapro e i licenziamenti a Skytg24

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All’EY Digital Summit di Capri c’è il responsabile di Sky Europe Andrea Zappia. Il manager che ha fatto carriera dentro Sky, cominciando da venditore di abbonamenti e diventando poi potente manager, ha  annunciato “l’inserimento di Netflix nell’offerta di Sky Q, perchè l’aggregazione è fondamentale: dato che il consumatore ha di fronte un’offerta gigantesca di contenuti, un aggregatore di contenuti che aiuti lo spettatore e’ fondamentale perche’ facilita la vita”.

Andrea Zappia. Da venditore di abbonamenti a manager di Sky

Il manager, ovviamente, non spiega che l’accordo con Netflix è solo uno dei tanti step che la piattaforma Sky prepara per i suoi abbonati che dovranno abituarsi all’idea che dal prossimo anno perderanno il calcio che conta. Il campionato italiano, infatti, sarà appannaggio esclusivo di Mediapro, la pay tv catalana con socio di capitali cinese che ha già un accordo economico ed organizzativo con la Lega di Serie A per lanciare il nuovo canale delle società di calcio ad una cifra che dovrebbe aggirarsi su 1,3 miliardi di euro annui. Salvo improbabili colpi di scena dell’ultima ora, sembra cosa fatta per Mediapro. Ma, come si suol dire, mai dire mai. A Capri, per esempio, Zappia ha preso più di un caffè con Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A, che domani ufficializzerà l’accordo con Mediapro. De Siervo era a Capri per parlare dell’uso della tecnologia per ridurre al silenzio  i razzisti con una importante  “innovazione tecnologica”, in particolare “un sistema di riconoscimento visivo che ci consentirà – ha spiegato De Siervo – di individuare i soggetti responsabili di atti di discriminazione e violenza. Andremo a prendere queste persone e faremo in modo che non entrino più in uno stadio italiano”.

Ma tornando a Sky, a qualche cronista che  ha chiesto a Zappia un commento su questo accordo Lega- Mediapro che sarà siglato domani 7 ottobre,  l’ex venditore di abbonamenti Andrea Zappia ha opposto un “no comment”. Non sa che cosa rispondere Zappia. Anche perchè Zappia non può sapere che cosa succederà alla pay tv che da qualche giorno è nelle mani di Maximo Ibarra, nuovo Ceo di Sky Italia, senza calcio.

C’è chi parla di dismissioni e di risparmi da realizzare per poter organizzare una exit strategy dal mercato del calcio italiano oppure ricalibrarla sulla base dei diritti acquisiti. Per ora i risparmi più importanti sono stati realizzati con la chiusura quasi totale di tutte le sedi Italia delle news, la riduzione dei costi di produzione sempre delle news, i risparmi sostanziosi sugli ingaggi dei commentatori del calcio e una ulteriore stretta su stipendi ed edizioni sia del tg24 che del tg dello sport.

Maximo Ibarra. Nuovo Ceo di Sky Italia

Infine, sarà sempre il neo Ceo di Sky Italia Ibarra che si appresterà a fare una rivoluzione anche ai vertici del management con la decapitazione dell’attuale linea di comando, in accordo ovviamente con la nuova proprietà, gli americani di Comcast.  Il risparmio sarà sostanzioso e l’arrivo di giovani manager che risponderanno direttamente ad Ibarra consentirà al nuovo Ceo una gestione diretta dell’azienda che dovrà essere riposizionata sul mercato televisivo e delle telecomunicazioni. L’altro giorno le prime avvisaglie delle proteste contro i tagli indiscriminati e i licenziamenti già effettuati. All’esterno degli uffici Sky di Santa Giulia, a pochi passi dal boschetto dei drogati di Rogoredo, c’erano i tecnici che hanno lavorato negli ultimi dieci anni per Sky tg 24 licenziati in tronco che hanno effettuato un presidio di protesta. Questa vicenda è una eredità dell’attuale ufficio del personale e procurement di Sky Italia. Una questione all’attenzione di Ibarra che vuole vederci chiaro.

 

MediaPro fa il canale della Lega e il 30 settembre firma il contratto, quando Ibarra assumerà l’incarico di Ceo di Sky il primo ottobre troverà le macerie

 

Il 7 ottobre i diritti Tv del calcio andranno a Mediapro e per Sky Italia sarà difficile sopravvivere

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Economia

Cibus, valore agroalimentare made in Italy sale a 620 miliardi

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Il valore della filiera agroalimentare allargata sale a 620 miliardi di euro, con il cibo made in Italy che assume un ruolo sempre più centrale per la crescita economica del Paese. Ad affermarlo è l’analisi Coldiretti su dati centro studi Divulga diffusa in occasione dell’inaugurazione di Cibus, il Salone internazionale dell’Alimentazione a Parma. Il made in Italy dal campo alla tavola vede impegnati, rileva Coldiretti, 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Un patrimonio del Paese sostenuto dai primati dell’agricoltura italiana, che vanta il primo posto in Ue per valore generato per ettaro, quasi 3.000 euro, il doppio rispetto ai francesi e i 2/3 in più dei tedeschi.

Leadership in Ue nel biologico con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (325), 526 vini Dop/Igp, 5547 prodotti alimentari tradizionali e Campagna Amica: la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Un valore aggiunto che si riflette anche sulle esportazioni dei prodotti nazionali che nei primi due mesi del 2024 sono salite in valore a quota 11 miliardi di euro, con un aumento del 13% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. Un inizio positivo che va a migliorare il record di sempre fatto registrare lo scorso anno con 64 miliardi.

Agricoltura italiana, si sottolinea nel rapporto, che produce veri e propri beni pubblici, dalla tutela del paesaggio, alla biodiversità, a salute e benessere, al contrasto ai rischi idrogeologici, alla coesione territoriale, fino al turismo, territorio e energie rinnovabili. “I successi del Made in Italy a tavola sono indissolubilmente legati all’agricoltura nazionale come ha da tempo compreso quella parte dell’industria alimentare d’eccellenza che ha fondato il suo successo sul prodotto 100% italiano dal campo alla tavola – spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – Una garanzia di trasparenza verso i consumatori ma anche un atto di patriottismo verso il Paese, poiché è creando ricchezza sul territorio che si sostiene l’economia nazionale”.

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Economia

Il 76 % delle aziende italiane prevede una crescita nei prossimi 5 anni

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Persone al centro, impatto sociale e ambientale, innovazione: sono queste le parole d’ordine dell’imprenditoria italiana emerse dall’indagine condotta da EY Private, in collaborazione con Swg, realizzata in occasione del lancio della XXVII edizione del Premio L’Imprenditore dell’Anno ideato e promosso da EY, leader mondiale nei servizi professionali per le aziende. Dal 16 aprile al 2 agosto sono aperte le candidature per il riconoscimento che, dal 1997, celebra gli imprenditori capaci di contribuire in modo significativo allo sviluppo italiano da un punto di vista economico, ambientale e sociale.

Possono partecipare tutti coloro che sono alla guida di aziende attive da almeno 3 anni, con sede legale in Italia e con un fatturato pari o superiore a 40 milioni di euro. Commenta Enrico Lenzi, responsabile Italia del Premio EY L’Imprenditore dell’Anno: ‘Da 27 anni il Premio EY L’Imprenditore dell’Anno riconosce e celebra il talento imprenditoriale che guida l’innovazione e la crescita nel nostro Paese. Secondo l’indagine che abbiamo realizzato, insieme a Swg, tra le caratteristiche di un imprenditore di successo ci sono passione e dedizione (37%), visione e creatività (46%), e la capacità di circondarsi di persone competenti (39%); le stesse qualità che ricerchiamo e che vogliamo celebrare con il nostro Premio, che vuole essere un tributo alla determinazione e, appunto, alla visione dei leader che sfidano lo status quo e ispirano gli altri con le loro imprese’.

L’indagine EY-Swg ha coinvolto un doppio campione: da un lato la popolazione (oltre 1000 soggetti) e dall’altro gli imprenditori italiani (oltre 60 aziende) approfondendo sfide, strategie e prospettive future dell’imprenditoria italiana, ma anche il contributo che porta all’economia del Paese. Commenta Paolo Zocchi, EY private leader di EY in Italia: ‘Le dinamiche geopolitiche attuali stanno esercitando una pressione significativa sul tessuto imprenditoriale italiano, influenzando il rinnovamento dei modelli organizzativi produttivi e gli investimenti. L’attenzione delle aziende si sposta sempre più verso investimenti strategici con particolare attenzione per l’innovazione (75%), la sostenibilità ambientale e sociale (96%), e le attività di ricerca e sviluppo (88%). Questi dati mostrano una chiara ambizione e proattività negli imprenditori italiani, che si stanno velocemente preparando per nuove sfide globali’.

Dall’indagine EY-Swg emerge, quindi, come le imprese italiane stiano rispondendo con resilienza e proattività alle sfide poste dallo scenario geopolitico attuale. Infatti, il 76% prevede una crescita nei prossimi cinque anni, nonostante il 66% abbia dovuto modificare le proprie strategie di approvvigionamento di materie prime e il 50% quelle relative all’energia. L’analisi mostra che le aziende non si stanno limitando a reagire alle difficoltà, ma stanno anche pianificando investimenti strategici per il futuro.

La quasi totalità delle imprese (99%) intende investire nel prossimo biennio, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale, economica e sociale (96%), al rinnovo dei macchinari e delle tecnologie di produzione (93%), alla progettazione di nuovi prodotti, con attenzione alla ricerca e sviluppo (88%). Inoltre, il 75% delle aziende ha in programma di implementare tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, segno di un impegno verso l’innovazione tecnologica. La fiducia nel tessuto imprenditoriale italiano è forte, con il 79% degli intervistati che crede nella capacità delle imprese di innovarsi e il 59% nella loro competitività a livello internazionale. Tuttavia, la fiducia nel sistema Italia nel suo complesso è meno diffusa. Un altro aspetto cruciale emerso dall’analisi è l’importanza data al capitale umano.

Il 91% degli imprenditori italiani prevede di investire sul personale nei prossimi due anni, con l’obiettivo di aumentare le competenze (84%), trattenere i talenti (83%) e garantire la soddisfazione dei lavoratori (80%). Per affrontare le sfide tecnologiche e di innovazione, il 49% degli imprenditori punterà sulla formazione e sul re-skilling del personale esistente, mentre il 21% cercherà nuove risorse e competenze nel mercato. Nonostante l’ottimismo, le aziende si trovano di fronte a un significativo mismatch tra domanda e offerta di lavoro qualificato, con oltre l’84% che segnala difficoltà nella ricerca di personale adeguatamente formato.

I dati dell’indagine confermano l’importanza cruciale delle piccole e medie imprese italiane nel tessuto economico e sociale del Paese. Secondo l’analisi, l’80% degli italiani riconosce alle Pmi un impatto positivo sulla società, mentre l’85% le considera il motore principale dell’economia nazionale, superando le grandi imprese e le multinazionali. Nonostante le sfide poste da un contesto economico nazionale non ottimale, le imprese italiane si distinguono per la loro spiccata capacità di innovazione: il 37% degli intervistati apprezza la loro propensione all’innovazione, e il 33% riconosce la loro competitività nel contesto internazionale. Questi dati emergono in netto contrasto con il 17% della popolazione che esprime un’opinione positiva sull’attuale situazione economica dell’Italia.

Gli imprenditori italiani sono percepiti come figure chiave nella promozione dell’innovazione (64%) e nella creazione di nuovi posti di lavoro (56%). Tuttavia, c’è un crescente desiderio che mostrino maggiore attenzione verso la responsabilità sociale d’impresa (CSR) e i bisogni della comunità (56%). Guardando al futuro, si auspica che gli imprenditori diventino ancora più protagonisti nel proprio contesto sociale, con un occhio di riguardo verso i propri dipendenti, considerati un investimento fondamentale per il 60% dei rispondenti.

Passione e dedizione (37%), visione e creatività (46%), e la capacità di circondarsi di persone competenti (39%) sono state identificate come le caratteristiche principali per un imprenditore di successo. La fiducia degli italiani nelle capacità degli imprenditori italiani è alta, con 3 su 5 che esprimono un elevato livello di fiducia nei loro confronti. Gli aspetti più apprezzati delle imprese sono l’impegno verso la sostenibilità sociale, economica e ambientale, con il 36% della forza lavoro che desidera operare in aziende con un forte impegno in queste aree. Infine, le scelte di acquisto degli italiani riflettono un forte attaccamento al Made in Italy, specialmente nei settori Food&Beverage (47%), Abbigliamento e Accessori (37%), Design (36%), e un apprezzamento per lo stile e il gusto italiani, in particolare per automobili e moto (34%).

Primo e unico riconoscimento globale del suo genere, il Premio celebra coloro che creano e sviluppano business di successo dinamici e in crescita attraverso riconoscimenti nazionali e globali in oltre 65 Paesi. L’obiettivo è quello di individuare e premiare peculiarità, modelli e valori concreti che permettono alle imprese di portare il proprio contributo allo sviluppo nazionale. La Giuria del Premio, esterna e indipendente da EY, è composta da membri di altissimo profilo professionale appartenenti al mondo dell’economia e, soprattutto, dell’imprenditoria, provenienti da diverse aree geografiche del Paese, riunendo aziende familiari, quotate e medie imprese, per rappresentare al meglio l’eterogeneità dei giurati e delle giurate.

Autorevolezza, trasparenza e indipendenza sono le parole chiave che caratterizzano il Premio e sono gli stessi valori che per tutte le edizioni hanno guidato i giurati nella scelta degli imprenditori da premiare. I vincitori selezionati dalla giuria saranno proclamati nel corso di una cerimonia che si terrà a Milano il 7 novembre 2024. Tra i vincitori delle ultime edizioni, il Premio vanta imprenditrici e imprenditori come: Marina Nissim, Chairwoman di Bolton Group, Matteo Bruno Lunelli, Ceo del Gruppo Lunelli (2022), Elisabetta Franchi, Amministratore Unico di Betty Blue S.p.A. (2021); Massimo Perotti, Executive Chairman di Sanlorenzo S.p.A, nel 2019 e Sonia Bonfiglioli, Presidente di Bonfiglioli Riduttori, nel 2018.

Come di consueto, il vincitore nazionale dell’edizione avrà anche l’opportunità di competere per il titolo di ‘World Entrepreneur Of The Year’, sfidando i vincitori nazionali dei 65 paesi in cui il Premio eÌ attivo, in occasione di un appuntamento speciale che si svolgerà a Montecarlo dal 4 al 7 giugno 2024. A rappresentare l’Italia sarà Marina Nissim, Vincitrice Nazionale 2023. La XXVII edizione del Premio EY L’Imprenditore dell’Anno è realizzata con il supporto di Microsoft Italia e Banca Finnat Euramerica. Per candidarsi e avere maggiori informazioni visitare il sito ey.com/it/ey-entrepreneur-of-the-year-italy.

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Economia

Btp Valore parte da 3,7 miliardi, Bce pronta a tagliare

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Il Btp Valore parte da 3,7 miliardi di euro di sottoscrizioni nella prima giornata di collocamento fra i risparmiatori. Un ammontare che mostra una tenuta dell’interesse per lo strumento voluto dal Mef per diversificare la base degli investitori ampliando la platea del ‘retail’, pur di fronte a una normalizzazione ora che la Bce si avvicina alla prima riduzione dei tassi. Il titolo 2030 studiato per le famiglie, come annunciato dal Mef venerdì scorso, avrà tassi minimi garantiti al 3,35% per i primi tre anni e 3,90% per i restanti tre. Qualcosa di più sul primo triennio rispetto all’emissione dello scorso febbraio (era 3,25%), qualcosa di meno sui restanti tre anni (era 4%).

Per un collocamento ‘speciale’, fissato a una data ravvicinata rispetto al precedente e con la Bce in modalità ribassista, in molti sul mercato vedono una fisiologica normalizzazione della domanda, che nell’emissione record di febbraio nella prima giornata aveva totalizzato 6,4 miliardi. Fonti di mercato indicano in 10-11 miliardi di euro un range possibile per l’ammontare finale, che porterebbe il totale fin qui raccolto con il Btp Valore, nelle quattro emissioni di giugno 2023, ottobre 2023, febbraio 2024 e maggio 2024, in almeno 63 miliardi. Una fetta consistente di sottoscrizioni del debito da parte delle famiglie italiane, che era la strategia annunciata dalla premier Giorgia Meloni. Solo sul 2024, con le due emissioni di febbraio e maggio, al pubblico retail andrebbero quasi 30 miliardi, che contribuiscono a spingere a oltre il 40% la copertura dei 360 miliardi di titoli pubblici da collocare quest’anno. Il risultato finale lo si conoscerà al termine del collocamento, alle 13 di venerdì 10 maggio salvo chiusura anticipata. Il giorno prima, giovedì, il Mef collocherà 7,5 miliardi di Bot a 12 mesi, dopo aver annunciato che che “in assenza di specifiche esigenze di cassa, non verrà offerto il Bot trimestrale”.

Un calendario denso di emissioni: in vista c’è l’avvicinarsi del meeting di giugno della Bce, dal quale, a dispetto delle incertezze su cosa farà la Fed, i segnali confermano che è in arrivo un taglio dei tassi: gli swap danno al 95% un taglio di un quarto di punto. Con l’approssimarsi di quella riunione scendono anche i tassi di mercato, e così la remunerazione dei titoli italiani, che avevano visto un’impennata di interesse da parte dei risparmiatori nel 2022, più o meno in concomitanza col superamento del 3% sul Btp a tre anni che oggi è al 3,30% circa. Proprio oggi Philip Lane, il capo economista della Bce, a dispetto di un’inflazione rimasta ad aprile al 2,4% come a marzo, ha detto che gli ultimi dati sull’andamento dei prezzi e la crescita “hanno aumentato la mia fiducia che l’inflazione tornerà al target (del 2%, ndr) con tempismo”.

Un taglio dei tassi Bce, del resto, assieme alla ripresa dei salari, al calo dell’inflazione e al tasso di occupazione record in Europa, sarebbe un’iniezione di ossigeno per rilanciare i consumi, tassello mancante per un maggiore slancio all’economia europea messa alle corde prima dalla pandemia, poi dallo shock inflazionistico causato dalla guerra in Ucraina. Un doppio colpo cui l’Europa ha risposto con uno stimolo di bilancio senza precedenti come il Next Generation Eu, ma comunque meno potente di quello dispiegato dagli Usa. I segnali di ripresa ci sono già e sono confermati dagli indici anticipatori Pmi calcolati da S&P Global, che per il settore dei servizi indicano l’espansione più forte degli ultimi 11 mesi salendo a 53,3 ad aprile da 51,5 di marzo (per l’Italia rispettivamente 54,3) dopo una revisione in meglio legata all’economia francese.

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