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La vittoria di Pirro dei sovranisti italiani e le rimonte del Pd che poggiano sul vuoto

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Votare tappandosi il naso non è mai stata una buona idea, oltre ad essere vecchia, desueta e perdente. Votare contro qualcuno, stile referendum, ha sempre portato sfiga e non ha mai fatto sì che si costruisse qualcosa di vero. Facendo credere che vincendo in patria, si sia vinto dovunque è ottima mossa di comunicazione, ma serve a ben poco e oltretutto non maschera il fatto che si siano perse delle elezioni che dovevano, nelle intenzioni, cambiare la faccia all’Europa. Questo secondo me è il quadro della provincialismo italico, che ci fa sempre di più arretrare nella lista del consesso internazionale e prima di tutto europeo. Riportare tutto alle lotte interne per sistemare beghe personali inscenare notti dei lunghi coltelli che però si fermano alle pendici delle Alpi, non fa bene alla politica nazionale, anzi, la deprime ancora di più, facendola paragonare alle riunioni di condominio, dove si discute e ci si batte per il nome o il numero sui citofoni in ottone o rame, mentre i palazzi di tutta la strada hanno montato i videocitofoni a comando vocale.

Salvini, la Le Pen e Farage, con la Lega, il Front National e il Brexit Party hanno vinto o stravinto nei propri paesi, ma alla luce delle elezioni Europee, quelle per cui hanno votato i cittadini europei, hanno perso perchè all’Europarlamento saranno irrilevanti. Dunque è una vittoria di Pirro.

Sono dati significativi e sicuramente saranno letti paese per paese in modo politico importante e rilevante, ma bisogna ammettere che la sconfitta, inaspettata e anche di non poca dimensione c’è stata per i sovranisti che pensavano di dettare legge nel nuovo Parlamento europeo

Come c’è stata una “clamorosa” rimonta del PD basata sul vuoto delle proposte e dei programmi, una rimonta che ha portato gli elettori a votare in senso di rifiuto, non certo per la costruzione di qualcosa di nuovo a sinistra.

L’elettorato di sinistra, per l’ennesima volta si è fatto strumentalizzare dal voto cosiddetto utile. Un copione già scritto e messo in scena in chiave Antiberlusconiana o antidestra tout court, con la differenza che uno straccio di programma a suo tempo c’era. Ora c’è il vuoto.

Non c’era molta scelta da fare a sinistra, si dirà, ma allora bisogna dire che l’astensionismo questa volta ci ha visto giusto, non un voto contro, ma nessuno voto, perché non cè nulla per cui valga la pena di votare.

Il provincialismo politico italiano non può capirlo, non vuole capirlo, concentrato come è sulle proprie beghe interne. Questa classe politica che abbiamo scelto e formato, non sarà mai in grado di aprire lo sguardo al mondo e pensare non all’orto che ha sotto casa, ma alle differenze, le conoscenze e le opportunità che il convivere internazionale offre.

Abbiamo una classe politica che non spinge il naso oltre Lampedusa e Campione d’Italia, facendolo anche male, tralasciando intere zone interne e meridionali allo sbando, economico e sociale.

Questa politica che ci siamo costruiti, continuerà a gioire per una vittoria interna non rendendosi conto che è di fatto una sconfitta esterna, anche pesante e che può condizionare la vita politica interna.

Questa politica che ci siamo costruiti, continuerà a chiedere di votare il meno peggio, di eleggere sconosciuti che vengono garantiti come immacolati per poi rivelarsi identici agli altri.

Questa politica che ci siamo costruiti non ha più la forza di costruire un programma che esuli da questi schemi e parli di futuro e di problemi da affrontare e risolvere

Ha ragione un esponente di questa politica a dichiarare ed intimare un “tutti a casa”, le sconfitte dovrebbero far pensare, dovrebbero far crescere, ma queste parole sono gocce che lasciano il bagnato che trovano.

 

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

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Schlein attacca Meloni: ha perso il contatto con la realtà

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Sarà che l’annuncio non era inaspettato, sarà la vasta eco mediatica del discorso della premier Giorgia Meloni, ma le critiche dell’opposizione alla “discesa in campo” arrivano in tempi record. “La presidente del Consiglio si divide tra palazzo Chigi e la propaganda di TeleMeloni e ha perso il contatto con la realtà”, punta il dito immediatamente la segretaria del Pd Elly Schlein. Meloni l’ha tirata in causa varie volte nel corso dei suoi 73 minuti di intervento alla kermesse di Pescara. Quasi a pregustare una sfida a due sul campo delle europee.

E il leader di Azione, Carlo Calenda, scioglie le riserve e poco dopo annuncia anche la sua corsa per l’Europarlamento, in tandem con Elena Bonetti. Schlein incassa l’affondo ironico della premier sullo scarso supporto del Pd alla sua leadership (“Siccome non sono la segretaria del Pd,sono sicura che il partito mi darà una mano”) e rilancia sui contenuti. Cita “la sanità pubblica e le infinite liste d’attesa che si allungano per i suoi tagli”, i “salari bassi, la precarietà, la sicurezza sul lavoro di fronte a 1041 morti nel 2023” e fotografa una premier “nel paese delle meraviglie” che “seppellisce i problemi sotto un fiume di retorica”. ‘L’Italia è cambiata’, dice lei. Purtroppo sì, ma in peggio”.

Giuseppe Conte, invece rilancia uno degli slogan della premier, “Con Giorgia L’Italia cambia l’Europa” e commenta sarcastico: “Per una volta la premier ha ragione. Le abbiamo lasciato un’Italia che riportava a casa 209 miliardi del Pnrr per infrastrutture, investimenti, sanità. Nemmeno il tempo di arrivare a Bruxelles da premier, ha dato l’ok a un accordo con tagli da 13 miliardi l’anno che colpiranno le tasche degli italiani, i servizi, la sanità, le scuole con un’onda di austerità. Da ‘patriota’ a Re Mida al contrario: quel che tocca distrugge. Fermiamola!”. “Il duo sciagura dell’opposizione, ovvero Schlein e Conte, sente avvicinarsi il momento di un’altra sconfitta e anziché chiedersi perché gli elettori guardano al centrodestra, attaccano Giorgia Meloni”, chiosa il capogruppo dei deputati Fdi Tommaso Foti.

Per Calenda “la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranista, cambiano completamente lo scenario” e impongono di “rispondere a questa sfida mettendosi direttamente in gioco”. “Dopo aver consultato il direttivo del partito, io ed Elena Bonetti abbiamo deciso di accettare la sfida e candidarci insieme in tutte le circoscrizioni”, annuncia. Iv punta il dito con Luciano Nobili (“Carlo Calenda non è un candidato, è un pagliaccio”) postando un video in cui il leader di Azione diceva che non si sarebbe presentato per l’Europarlamento. Interviene anche Matteo Renzi: “Giorgia Meloni chiede di votarla per le Europee ma sa perfettamente che non andrà al Parlamento Europeo. A lei non interessa contare davvero in Europa: le serve contarsi in Italia. Non è una statista, è un’influencer”.

“Chi non vuole il progetto dell’Europa delle piccole patrie di Giorgia Meloni ma una grande Patria Europea vota la rivoluzione degli Stati Uniti d’Europa”, gli fa eco il compagno di viaggio Riccardo Magi (Più Europa). Da Avs, Angelo Bonelli pone una tema di copertura mediatica: “Mentre a noi sono riservati pochi secondi, quando capita, alla presidente del consiglio Giorgia Meloni sono consentite dirette TV anche quando parla da leader di Fratelli d’Italia come oggi, e come già successe alla festa di Atreju: alla faccia della par condicio, questa é TeleMeloni. Reclamiamo un intervento dell’Osce durante tutta la campagna elettorale”.

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Meloni contro Report, per l’Usigrai è “editto albanese”

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“Aiutatemi a mandare a Edi Rama la nostra solidarietà per venire linciati solo per avere tentato di aiutare la nostra nazione”, dice Giorgia Meloni attaccando Report, il programma su Rai3 di Sigfrido Ranucci che è dal giorni al centro di una polemica con il premier albanese. La presidente del consiglio parla dal palco di Fdi di Pescara, spiegando che “addirittura Telemeloni, ce l’avete presente no, Telemeloni? Ha confezionato un servizio sull’Albania in cui si dipingeva come un narcostato”.

Se Ranucci posta subito il suo intervento e replica, Usigrai parla di ”editto albanese”, il presidente Fnsi Vittorio Di Trapani lo difende in nome della libertà di stampa, solidarietà a Report anche dai componenti della Commissione di vigilanza del Pd che scrivono: ”per Meloni ogni voce fuori dalla propaganda di palazzo Chigi è un attacco alla sua leadership. Invece di spiegare agli italiani lo spreco immane di risorse per l’accordo Italia-Albania se la prende con il servizio pubblico”. ”Il presidente Giorgia Meloni dal palco di Fratelli d’Italia a Pescara ha commentato il servizio “(HOT)SPOT albanese di Giorgio Mottola”, scrive Sigfrido Ranucci su Facebook .

”La Meloni – aggiunge – ha invitato a dare solidarietà a Rama. Ma ci sono i sondaggi in Albania che mostrano che il popolo albanese, in percentuali tra il 60% e l’80% crede più a quanto riportato da Report, che alla versione di Rama. Torneremo sul tema questa sera con un servizio che indagherà gli scarsi risultati del decreto Cutro fino ad ora. Con documenti esclusivi racconteremo invece come alcuni esponenti di primo piano del governo abbiano sfruttato a proprio vantaggio i depistaggi sulle ong alla base di alcune inchieste giudiziarie”. ”Altro che difesa dell’informazione di Servizio Pubblico, del giornalismo di inchiesta! Dalle parole che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dedicato oggi da Pescara al programma di approfondimento giornalistico della Rai è chiaro che questo va fermato. Dopo l’editto Bulgaro siamo ora a quello Albanese”.

Lo scrive l’Usigrai in una nota. ”Il governo della sovranità alimentare, del made in italy e del sovranismo, improvvisamente diventa esterofilo quando si tratta di unirsi al linciaggio del giornalismo d’inchiesta e della libertà di stampa. Io invece sto con la libertà di @reportrai3”,scrive il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani su X. Mentre per il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli ”La premier vuole manipolare la realtà attaccando anche il giornalismo d’inchiesta, come nel caso di Report, e dà solidarietà al premier Rama senza rispondere nel merito. Povera democrazia e povera Italia, governata da chi vede il mondo con i paraocchi”.

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Europee, Meloni si candida: scrivete Giorgia sulla scheda, sono una del popolo

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Il colpo di teatro arriva solo alla fine: perché la candidatura in tutte le circoscrizioni era oramai più che scontata ma lei chiede anche di scrivere sulla scheda “solo Giorgia, il mio nome di battesimo” perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo”. Lo dice Giorgia Meloni dopo quasi un’ora di comizio, tra una battuta e l’altra pure sulle sue condizioni, “sull’ottovolante” per gli otoliti. Lanciando non solo la campagna elettorale di Fratelli d’Italia per le europee ma anche la sfida a pesare il suo consenso personale, dopo un anno e mezzo alla guida del governo.

La premier dal palco vista mare di Pescara chiama il suo popolo al plebiscito su di sé (‘Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la dicitura sulla lista che consentirà di indicare come preferenza solo il nome) mentre in platea la ascoltano “l’alleato fedele” Antonio Tajani, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi. Matteo Salvini, come annunciato all’ultimo, non c’è e fa solo una comparsata, collegato per strada, da Milano. “Ci ha preferito il ponte”, dice lei a metà tra lo scherzo e la punzecchiatura. Per poi infilarsi in 73 minuti di discorso in cui ripercorre la storia di Fratelli d’Italia, ricordando che alle scorse europee “mancammo di pochissimo il quorum del 4%” mentre ora il partito punta almeno a confermare quel 26% conquistato il 22 settembre scorso, che ha portato la destra al governo.

Ora, è l’Europa a essere “a un bivio” e tutti “devono essere pronti a fare la loro parte” sprona parlamentari e militanti la premier, che è anche presidente di Fdi e di Ecr, quei conservatori europei che, è convinta, saranno “strategici e fondamentali” nella prossima legislatura Ue. L’impresa, “difficile ma non impossibile”, per Meloni, è quella di replicare a Bruxelles “il modello italiano” di una “maggioranza che metta insieme le forze del centrodestra” per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue”. “Mai con la sinistra” è il mantra, che serve a spazzare via, almeno per ora, le ipotesi di cedimenti dopo il voto, quando ci sarà da sedersi al tavolo delle trattative per i nuovi vertici europei.

Anche perché – è il concetto che ripete da inizio anno la Meloni – un conto sono gli accordi per la Commissione, altro è una maggioranza stabile al Parlamento europeo. Intanto, archiviata la conferenza programmatica (quello che ironicamente anche nel ‘fantacongresso’ che circola tra i Fratelli d’Italia viene definito il ‘Giorgia beach party”, che dava parecchi punti in classifica a chi lo pronunciava) ora “c’è la campagna elettorale”. E i dirigenti del partito già hanno iniziato a organizzare i prossimi appuntamenti. Non essendo “la leader del Pd so che il partito mi aiuterà”, ha detto Meloni lanciando una delle tante stilettate a Elly Schlein, cui tuttavia dà il ruolo di avversaria.

E se “Giorgia”, come ha detto lei stessa dal palco, in giro andrà poco perché vuole restare concentrata sull’attività di governo, toccherà alla sorella, Arianna Meloni, uscire di più dalle retrovie di qui al voto dell’8 e 9 giugno (un appuntamento per la responsabile della segreteria e delle tessere sarà quasi sicuramente al Sud, in Salento). Per il resto la premier sfodera il classico armamentario da comizio, attacca Schlein chiamandola direttamente per nome ma anche il Movimento 5 Stelle quando parla del Superbonus come della “più grande patrimoniale al contrario” fatta in Italia. E poi la natalità che deve diventare centrale, la difesa delle origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, il cambio di passo già impresso a Bruxelles sulle politiche green, sull’auto, sui migranti. E l’ennesima difesa di Edi Rama (e un attacco a Report) “linciato da quella che poi chiamano Telemeloni, solo perché ha aiutato l’Italia”.

Alla fine il saluto con Ignazio La Russa (che si è perso l’Inter per sentire la premier ma ha la partita “registrata” e poi corre a vedersi il secondo tempo) e niente pranzo sul lungomare, dove pure la aspettavano. Non sta bene, sempre gli otoliti, dicono i suoi. “Se mi vedete sbandare – scherza lei dal palco – non vi preoccupate, cerco di stare ferma e ce la faccio”. Prima della frase più attesa: “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fdi in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo….”.

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