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Politica

Caso Almasri, la Camera nega il processo ai ministri Nordio, Piantedosi e Mantovano: bufera politica dopo il voto segreto

La Camera dice no al processo per Nordio, Piantedosi e Mantovano nel caso Almasri. Tensione in Aula e scontro tra governo e magistrati dopo le parole del Guardasigilli contro il Tribunale dei ministri.

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Nessun processo per i vertici del governo coinvolti nella vicenda Almasri. Con tre distinte votazioni a scrutinio segreto, la Camera dei deputati ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, tutti e tre indagati per favoreggiamento nella liberazione di Osama Almasri, generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale, arrestato e rimpatriato dal governo italiano lo scorso gennaio.

Il voto e le accuse

Sul ministro della Giustizia Nordio pendeva anche l’accusa di omissione di atti d’ufficio, mentre Piantedosi e Mantovano erano indagati per concorso in peculato. L’esito delle urne ha chiuso il caso almeno per i membri dell’esecutivo: i voti contrari all’autorizzazione sono stati 251 per Nordio e Mantovano e 256 per Piantedosi, più della somma dei deputati di maggioranza, segno che anche alcuni membri dell’opposizione hanno votato contro.

Nordio attacca, l’Anm risponde

Subito dopo il voto, Nordio ha espresso soddisfazione ma anche dure critiche al Tribunale dei ministri:

«Lo strazio che hanno fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati».

Parole che hanno scatenato la reazione indignata dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), che in una nota ha accusato il Guardasigilli di aver “mancato a ogni principio di continenza e misura” e di aver “aggredito in modo scomposto colleghi sorteggiati per compiti istituzionali”.

La premier Meloni in Aula e le tensioni politiche

Alla votazione ha partecipato anche la premier Giorgia Meloni, presente in Aula come deputata, che al termine ha espresso soddisfazione congratulandosi con i ministri. È stata vista appoggiare la mano sulla spalla di Piantedosi, mentre Nordio le ha baciato la mano in segno di ringraziamento.

Non sono mancati momenti di tensione: il deputato Riccardo Ricciardi (M5s) ha invitato la premier a “tornare più spesso in Aula, e non solo per salvare i suoi ministri”.

Le motivazioni della maggioranza

Il relatore Pietro Pittalis ha spiegato che il governo ha agito “per un preminente interesse pubblico”. Nordio, commentando l’esito, ha ricordato che “eravamo vincolati dal segreto istruttorio” e ha sottolineato che “anche una parte dell’opposizione ha riconosciuto che si tratta di una questione politica, non giudiziaria”.

Il caso della capo di gabinetto Bartolozzi

Resta aperta la posizione di Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministero della Giustizia, coindagata per false dichiarazioni sul caso Almasri. Finché la Camera non comunicherà formalmente il voto contrario all’autorizzazione, l’indagine nei suoi confronti resterà congelata. Solo dopo il provvedimento di archiviazione per i vertici di governo potrà essere riaperto il fascicolo a suo carico.

«Speriamo che anche questo capitolo si chiuda presto», ha commentato Nordio, difendendo ancora una volta la sua collaboratrice.

Le opposizioni e il ricorso alla Consulta

L’opposizione parla di “voto vergognoso”. Debora Serracchiani (Pd) accusa la maggioranza di “ritenere che i ministri abbiano diritto di mentire al Parlamento”, mentre Angelo Bonelli (Avs) ha mostrato in Aula le immagini dei prigionieri torturati in Libia nel campo di Mitiga, gestito da Almasri.

Il legale Francesco Romeo, rappresentante di una vittima delle torture del generale, ha annunciato un ricorso alla Corte costituzionale, denunciando che “il voto odierno calpesta la Costituzione e la legalità internazionale”.

Una vicenda che sembrava chiusa, ma che rischia di restare un caso politico e istituzionale destinato a far discutere ancora a lungo.

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Politica

Bufera su Landini: definisce Giorgia Meloni “cortigiana di Trump”, accuse di sessismo e polemiche politiche

Maurizio Landini definisce Giorgia Meloni “cortigiana di Trump” e scoppia la polemica. La premier replica parlando di “offesa sessista”, mentre la maggioranza chiede scuse che non arrivano.

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È scoppiata la polemica dopo che Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, durante la trasmissione Di Martedìsu La7, ha definito la presidente del Consiglio Giorgia Meloniuna cortigiana di Trump”.
Un termine che ha immediatamente scatenato accuse di sessismo, con il conduttore Giovanni Floris che in diretta ha invitato il sindacalista a chiarire l’espressione, ricordandone la connotazione offensiva.

Landini ha tentato subito di correggere il tiro: “Intendevo dire che Meloni sta alla corte di Trump, che ne è la portaborse politica”. Una precisazione che, tuttavia, non ha fermato l’ondata di reazioni indignate, né da parte della maggioranza né del mondo politico in generale.

La replica della premier e la reazione del governo

La stessa Giorgia Meloni, impegnata a Palazzo Chigi nella definizione della manovra economica, ha reagito via social pubblicando la definizione da dizionario di “cortigiana”, dove, in senso figurato, compare anche il termine “prostituta”.
Quando la sinistra non ha argomenti, per criticare una donna le dà della prostituta”, ha scritto la premier, parlando di “rancore montante” e di un linguaggio indegno del dibattito pubblico.

Le reazioni del governo sono state immediate. Il vicepremier Antonio Tajani ha definito l’uscita di Landini “un linguaggio volgare e sessista, segno dell’incapacità di certi uomini di cambiare cultura”.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha accusato il segretario Cgil di “confondere la libertà di espressione con la libertà di insulto”, mentre la sottosegretaria Wanda Ferro ha parlato di “parole da osteria che offendono la storia del sindacato”.

Nessuna scusa, solo un chiarimento

In una nota successiva, Landini ha ribadito di aver chiarito subito il senso delle sue parole, precisando che non intendeva offendere la premier ma esprimere “un giudizio politico”. Tuttavia, dal leader della Cgil non sono arrivate scuse ufficiali, come richiesto da più parti, anche dall’ala riformista del Pd.

Il silenzio di Schlein e le critiche di Calenda

Sotto pressione anche la segretaria del Pd Elly Schlein, che, interpellata dai cronisti al termine di un convegno al Senato su “Donne, diritti e violenza maschile”, ha preferito non commentare l’episodio.
Più diretto Carlo Calenda, leader di Azione, che ha invitato Landini a “cambiare registro” e ad occuparsi dei problemi concreti del Paese: “Non è con gli insulti che la sinistra batterà la destra”.

Un episodio che incendia il clima politico

Il caso “cortigiana di Trump” infiamma così il clima politico già teso tra governo e sindacati, proprio nei giorni in cui si discute la manovra economica e la riforma del lavoro.
Un incidente verbale che, al di là delle intenzioni, ha riportato al centro del dibattito pubblico il tema del linguaggio sessista e del rispetto verso le donne nella politica italiana, e che rischia di lasciare un segno profondo nei rapporti tra esecutivo e mondo sindacale.

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In Evidenza

Cirielli accelera sulla campagna elettorale: spunta l’ipotesi Pisani e cresce il pressing su Lina Lucci

Edmondo Cirielli accelera la campagna elettorale: tra i possibili candidati l’avvocato Angelo Pisani e l’ex segretaria Cisl Lina Lucci. Intanto Fratelli d’Italia nomina nuovi commissari a Napoli e Salerno.

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La campagna elettorale di Edmondo Cirielli, candidato presidente del centrodestra in Campania, entra nel vivo. Al centro dell’agenda, la definizione delle liste elettorali e il consolidamento dell’alleanza con i movimenti civici e moderati.
Durante un incontro a Maddaloni, Cirielli ha presentato la candidatura di Vincenzo Santangelo, ex Italia Viva passato a Fratelli d’Italia, sottolineando che il suo ingresso «rappresenta la volontà della coalizione di allargare al centro».

Con lui sul palco, il deputato Marco Cerreto, la senatrice Giovanna Petrenga e l’eurodeputato Alberico Gambino. Santangelo ha spiegato così il suo passaggio politico:

«Avevo bisogno di tornare in un partito vero, con idee chiare. L’esperienza civica con De Luca è finita: senza di lui non esiste più».

Cirielli non ha risparmiato stoccate agli avversari:

«Fico pur di stare in sella si rimangia ciò che ha detto su De Luca e sul Pd. E De Luca, quando lo insulta, fa il furbo: sa che sta perdendo la Regione e prova a riproporsi come anti-Fico».

Pisani e Lucci, i nomi nuovi per la lista del presidente

Tra le novità in arrivo, spunta la possibile candidatura di Angelo Pisani, noto avvocato e storico legale di Diego Armando Maradona, figura molto conosciuta anche per il suo impegno civico nei Quartieri Spagnoli.
Parallelamente, continua il corteggiamento verso Lina Lucci, ex segretaria regionale della Cisl, che non ha escluso un suo coinvolgimento:

«Sto valutando se candidarmi o sostenere dall’esterno. Accetterei solo se potessi esprimermi in piena libertà».

Cirielli, interpellato sull’ipotesi, ha confermato:

«Sarei onorato di un suo impegno. Ho avuto con lei un ottimo rapporto quando ero presidente della Provincia. Anche se non fosse candidata, mi piacerebbe coinvolgerla nel futuro governo regionale».

Oggi è attesa anche l’adesione del movimento “Sud Protagonista” di Salvatore Ronghi, che porterà con sé un gruppo di candidati nella lista del presidente, tra cui la consigliera uscente Maria Muscarà, ex Movimento 5 Stelle.

Cirielli all’attacco: «Fondi europei sprecati, serve il modello Meloni»

Nel suo intervento, Cirielli ha criticato duramente la gestione dei fondi europei da parte del governo regionale:

«Dei fondi Fesr 2021-2027 solo il 16% è stato effettivamente utilizzato. Basta scaricare le responsabilità: le risorse ci sono, ma serve una rete efficiente sul territorio per sfruttarle fino in fondo».

Il modello da seguire, spiega il candidato del centrodestra, è quello del governo nazionale:

«Il modello Meloni ha garantito stabilità e crescita, con oltre un milione di nuovi lavoratori in Italia. È quello che vogliamo portare anche in Campania».

Fratelli d’Italia: tensioni interne e nuovi commissari

Sul fronte interno, Fratelli d’Italia registra qualche scossa dopo le nomine decise da Giorgia Meloni.
A Napoli, Sergio Rastrelli e Marta Schifone sono stati nominati rispettivamente commissari cittadino e provinciale, dopo la candidatura al Consiglio regionale di Marco Nonno e Ira Fele, moglie del coordinatore provinciale Michele Schiano di Visconti.
A Salerno, la deputata Imma Vietri prende il posto di Giuseppe Fabbricatore, anche lui candidato.

Il commissario regionale Antonio Iannone minimizza:

«È prassi del partito nominare dei reggenti durante le campagne elettorali per garantire pari dignità a tutti i candidati».

Ma qualcuno, nei corridoi del partito, fa notare che nella lettera firmata dalla premier si parla di “commissari” e non di “reggenti”: un dettaglio che alimenta il dibattito interno, destinato a chiarirsi solo dopo il voto.

Bandecchi arruola Boccia, si attende Sangiuliano

Intanto nel campo avversario, Stefano Bandecchi, sindaco di Terni e leader di Alternativa Popolare, ha ufficializzato la candidatura dell’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, protagonista dell’“affaire Sangiuliano”.
Proprio l’ex ministro della Cultura è dato in pole position come capolista di Fratelli d’Italia, in attesa dell’annuncio ufficiale.

La campagna elettorale campana, intanto, si infiamma. E mentre Cirielli punta su “apertura e radicamento territoriale”, il campo largo e la destra si preparano a una sfida che si annuncia durissima.

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Politica

Fico presenta la sua lista e rilancia la sfida: «Le elezioni si vincono il giorno dopo, lavoriamo casa per casa»

Roberto Fico presenta la sua lista per le regionali in Campania e richiama i suoi alla mobilitazione contro l’astensionismo: «Le elezioni si vincono il giorno dopo, non date nulla per scontato».

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«Le elezioni si vincono il giorno dopo, con un voto in più. Quindi non date nulla per scontato e lavorate pancia a terra coinvolgendo tutti». Con queste parole Roberto Fico, candidato del centrosinistra alle regionali in Campania, ha aperto la presentazione ufficiale della sua lista, ieri mattina a Napoli.
È la seconda volta in 24 ore che l’ex presidente della Camera insiste sul tema dell’astensionismo, dopo l’allarme lanciato per la scarsa affluenza alle urne registrata in Toscana.

«Il vero pericolo è la fuga dal voto, che può colpire il centrosinistra più degli avversari. Bisogna connettersi con il territorio, andare casa per casa, parlare ai cittadini», ha ribadito Fico.

I candidati e i valori della lista

La lista di Fico sarà presente in tutte le province, «un ulteriore tassello per consolidare la coalizione che dovrà battere la destra e costruire una vera alternativa anche a livello nazionale».

Tra i capilista spiccano Giovanni Russo (Napoli), Alfonso Annunziata (Salerno), Virginia Anna Crovella (Caserta), Maria Laura Amendola (Avellino) e Francesco Fiorillo (Benevento).
Gli altri nomi della squadra rappresentano mondi diversi: società civile, associazionismo, impresa e politica. Ci sono Nino Simeone, Carlo Migliaccio, il vicesindaco di Capri Roberto Bozzaotre, l’ex presidente Arcigay Napoli Salvatore Simioli, Rossella Solombrino del Movimento Equità Territoriale, l’ex consigliere regionale Alfonso Longobardi, il manager Giuseppe Ferrara e il giovane blogger Cristian Cutino, sostenuto da Alfonso Pecoraro Scanio, che ha sottolineato «l’importanza di riportare i giovani al voto».

Nella lista anche figure provenienti da esperienze politiche differenti: il centrista Enzo Varriale, l’ex parlamentare renziano Luigi Famiglietti e Valentina Ercolino, già candidata con Catello Maresca alle comunali di Napoli.

«Molti nomi rappresentano percorsi diversi — spiega Fico — chi politico, chi amministrativo, chi sociale. Ma tutti condividono i valori di legalità, partecipazione e giustizia sociale che animano il nostro progetto».

Una campagna “sobria” e basata sull’impegno personale

La campagna elettorale di Fico sarà, come lui stesso la definisce, “sobria” e a basso costo.

«Non faremo spese ingenti, non abbiamo chiesto fondi per scelta: se occorre, organizzeremo cene o sottoscrizioni. Contiamo solo sulle nostre gambe e sull’impegno di tutti».

Il candidato si è detto determinato a risolvere nelle prossime settimane i nodi ancora aperti, dal simbolo della lista civica di De Luca al codice etico dei candidati.

«Abbiamo già messo dei paletti, e chi non li condivide è andato altrove. Valuteremo caso per caso, ma la coerenza sarà la base della nostra coalizione».

Dialogo con Manfredi e unità del centrosinistra

Sul rapporto con il governatore uscente Gaetano Manfredi, Fico ribadisce la volontà di cooperare:

«Stiamo lavorando in modo saldo. La costruzione si fa solo con il dialogo, la lealtà istituzionale e la collaborazione. Non serve guardare ai colori politici, ma pensare al bene della Campania e dei cittadini».

La campagna del candidato del centrosinistra entra dunque nel vivo, con un messaggio chiaro e diretto: riconnettere la politica con i cittadini e riportare al voto chi si sente distante.
Fico punta a una Campania del dialogo, della legalità e del lavoro, pronta a voltare pagina attraverso un centrosinistra unito e credibile.

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