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Cronache

Vannacci rientra in servizio, ‘ma promuoverò il libro’

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Il panettone è digerito, la divisa tirata fuori dall’armadio. Ben stirata. Domani mattina il generale Roberto Vannacci varcherà il portone di Palazzo Esercito, a pochi passi dall’edificio di colui che ha autorizzato l’inchiesta formale nei suoi confronti, il ministro della Difesa, Guido Crosetto. L’ufficiale-scrittore-maitre a penser-possibile candidato alle prossime elezioni Europee torna in servizio nella nuova sede assegnatagli – il Comando delle forze operative terrestri – dopo alcune settimane di licenza. Ma fa sapere che non intende interrompere il tumultuoso tour promozionale per il suo bestseller ‘Il mondo al contrario’. “Durante il mio tempo libero – spiega – faccio tantissime attività: leggo, scrivo, vado a nuotare, a correre, a pescare, a funghi, sto con la famiglia e, volendo, posso anche presentare il mio libro che è proprio il risultato di una mia attività artistica, culturale e ricreativa condotta, appunto, nel mio tempo libero”. Tanti i cambiamenti in pochi anni per il parà con due stelle.

Da addetto militare all’ambasciata di Mosca è stato espulso dal presidente russo Vladimir Putin insieme ad una ventina di diplomatici italiani dopo l’invasione dell’Ucraina. E’ stato quindi nominato comandante dell’Istituto geografico militare, a Firenze. Le polemiche seguite alla pubblicazione del libro autoprodotto hanno portato però in agosto ad un avvicendamento del generale che, per oltre tre mesi, è rimasto a disposizione senza incarico. A fine novembre la nomina a capo di Stato Maggiore del Comando delle forze operatve terrestri. Un ruolo di staff, ha tenuto a puntualizzare la Difesa, senza autonomia decisionale diretta. Lui si è presentato in ufficio lo scorso 4 dicembre, ma solo per un saluto dopo aver chiesto quasi un mese di licenza “per motivi personali”. Domani sarà quindi il primo giorno di lavoro nella sua nuova sede, dove svolgerà un periodo di affiancamento all’attuale capo di Stato Maggiore del Comfoter, prima di sostituirlo.

Il 4 dicembre Vannacci non è stato esattamente accolto da un caloroso benvenuto: gli è stata infatti notificata l’apertura di un’inchiesta formale nei suo confronti, da parte di una commissione – guidata dal generale Mauro D’Ubaldi – che dovrà accertare eventuali infrazioni disciplinari in relazione ai contenuti del suo libro. L’indagine sta proseguendo e in tempi non lunghi dovrebbe arrivare alle conclusioni. Rischia sanzioni che vanno dalla sospensione dell’impiego da un mese ad un anno alla “cessazione della ferma”, che equivale all’espulsione dal servizio; possibile anche la perdita del grado per rimozione. Il nuovo incarico determinerà prevedibilmente un diradamento delle uscite promozionali del generale, che si sono susseguite in questi mesi da un capo all’altro dell’Italia. Particolarmente turbolente alcune delle ultime tappe.

Il 20 dicembre a Piacenza, davanti al cinema teatro President, ci sono stati scontri tra gruppi di contestatori e di sostenitori. Uno dei primi è finito in ospedale dopo essere stato colpito in volto da una cinghiata. Contestazioni anche il 14 dicembre a Torino da parte di centri sociali e collettivi studenteschi. Vannacci non si fa comunque intimidire, non ferma l’attività di promozione e continua a strizzare l’occhio alla politica che lo corteggia, Lega in testa. L’appuntamento elettorale delle Europee in primavera non è lontano. Lui dice e non dice, come a solito. “Faccio il soldato, ma non mi precludo nulla”. E domani, finita la licenza, torna al lavoro. A Roma, per ora. Poi, chissà, Bruxelles?

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Killer stipendiati e legami mafiosi nel mondo della ristorazione a Napoli: i segreti nel racconto di un pentito

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Nel cuore di Napoli, una trama intricata di affari illeciti e riciclaggio di denaro si snoda all’ombra di noti ristoranti, tra cui il celebre “Dal Presidente” in zona Tribunali. Le indagini, culminate in recenti blitz, hanno messo in luce una realtà allarmante legata al clan Contini, famigerata organizzazione camorristica con interessi che si estendono ben oltre le attività criminali tradizionali.

Secondo le rivelazioni di collaboratori di giustizia e le indagini condotte dalla Procura Anticamorra di Napoli, membri del clan, tra cui presunti killer, percepiscono stipendi mensili paragonabili a quelli di un top manager, oscillanti tra i cinque e i seimila euro. Una cifra notevole, specialmente considerando il ruolo e i rischi legali che questi individui assumono all’interno dell’organizzazione.

L’inchiesta, guidata dai pm Alessandra Converso, Ida Teresi e Daniela Varone, ha svelato come il clan abbia investito in attività economiche apparentemente legittime, come pizzerie e servizi di car sharing, non solo a Napoli ma anche a Roma, per riciclare denaro sporco. Un’operazione recente ha portato all’arresto di diversi imprenditori e uomini d’affari, accusati di supportare le attività del clan.

Uno degli arrestati, l’imprenditore Massimiliano Di Caprio, è accusato di avere legami diretti con il clan e di utilizzare il suo ristorante come facciata per il riciclaggio di capitali illeciti. Di Caprio, difeso dall’avvocato Fabio Visco, nega tutte le accuse, sostenendo la sua innocenza. Anche Vincenzo Capozzoli, altro indagato, si difende dalle accuse di riciclaggio, ribadendo durante l’interrogatorio di non avere alcuna relazione con i guadagni del ristorante incriminato.

Le indagini hanno anche coinvolto professionisti come la commercialista Nappo, attualmente agli arresti domiciliari, e altri soggetti ritenuti prestanome o complici nelle operazioni di riciclaggio e gestione degli affari illeciti del clan.

Questo scenario ha acceso i rifletori sulla necessità di maggiore trasparenza e controlli nel settore della ristorazione e oltre, in un tentativo di contrastare la penetrazione della criminalità organizzata nell’economia legale. La vicenda ha scosso l’opinione pubblica e sollevato importanti questioni sulla sicurezza e l’integrità economica di Napoli, una città già segnata da un lungo e doloroso confronto con la criminalità organizzata.

 

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Giuseppe, ucciso a 17 anni da un fulmine mentre pascolava le sue bestie

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Un ragazzo di 17 anni è morto nel pomeriggio nelle campagne di Santeramo in Colle nel Barese dopo essere stato colpito da un fulmine. La vittima era impegnata, assieme al padre, in attività di pascolo quando è stato sorpreso da un violento temporale nel corso del quale è stato raggiunto dalla potente scarica elettrica che lo ha fatto cadere a terra. Pare che il ragazzo sia riuscito a rialzarsi ma è morto poco dopo, per arresto cardiocircolatorio. Sul posto, oltre ai carabinieri, è intervenuto il personale del 118 che ne ha constatato il decesso.

“Perdere la vita, a soli 17 anni, è una tragedia che nessuno potrà mai capire. Esprimo il mio sentito cordoglio alla famiglia di Giuseppe, giovane studente santermano, che frequentava l’Istituto tecnico e tecnologico “Nervi-Galilei” di Altamura. Il suo sorriso, la sua determinazione e la dedizione al lavoro resteranno nei cuori di quanti lo hanno conosciuto. Un forte abbraccio a chi gli era vicino”. Lo scrive sulla sua pagina Facebook il sindaco di Altamura, in provincia di Bari, Antonio Petronella, all’indomani della morte dii Giuseppe Cacciapaglia, colpito da un fulmine nelle campagne di Santeramo in Colle durante un temporale. Fino a all’anno scorso il sindaco Petronella era il dirigente dell’istituto scolastico superiore frequentato dal giovane scomparso.

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Corruzione elettorale, indagato capogruppo FdI in Puglia

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Un’altra inchiesta per presunta corruzione elettorale agita la politica pugliese. Questa volta ad essere coinvolto è un esponente del centrodestra, Francesco Ventola, capogruppo di FdI in Consiglio regionale, candidato alle Europee in ticket con Giorgia Meloni. La vicenda è stata dall’ ex assessore regionale Andrea Silvestri. Sia Ventola che Silvestri sono residenti a Canosa. Il primo sostiene la maggioranza del sindaco, l’ex assessore è all’opposizione. Ventola sarebbe dunque indagato dalla procura di Trani per associazione a delinquere e corruzione elettorale in relazione alle amministrative di Canosa in Puglia del 2022.

“È vero – sottolinea Silvestri nel video, rimosso da Facebook ma diventato virale sulle chat – che c’è una inchiesta a Canosa, e questa inchiesta riguarda il sindaco, il presidente del Consiglio comunale, un consigliere comunale e il consigliere regionale? Non mi hanno detto sì, non mi hanno detto no. Siccome siete restii, siete quasi omertosi, adesso facciamo lo scoop”. Ventola ha spiegato di aver ricevuto a febbraio un avviso di proroga delle indagini.

“Rilevo – ha detto il capogruppo di FdI – che per la seconda volta Andrea Silvestri getta fango, in modo calunnioso, sulla mia persona e sull’amministrazione comunale di Canosa. Infatti già qualche mese parlò dell’inchiesta, innescata dal suo entourage. Abbiamo denunciato Silvestri – ha riferito Ventola – per quelle dichiarazioni calunniose e false e vagliamo ora attentamente anche le più recenti propalazioni”. Il capogruppo di FdI in Consiglio regionale ha poi rammentato una vicenda giudiziaria per la quale il suo rivale politico fu arrestato nel 2004 e poi condannato. Ventola ha ricordato inoltre che lo scorso dicembre, nella discussione sulla legge di bilancio, propose con un emendamento la sospensione del trattamento di vitalizio agli ex consiglieri regionali condannati in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione, con un chiaro riferimento alla condizione dell’ex assessore Silvestri. Quest’ultimo ha replicato: “sono procedimenti di più di vent’anni fa, per i quali ho patteggiato: ora sono un cittadino e un libero professionista e le mie questioni con la giustizia le ho risolte all’epoca. È Ventola, in quanto personaggio pubblico candidato alle Europee, che deve rispondere del suo operato”.

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