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Aiuti in cambio di armi, parte smilitarizzazione Karabakh

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S'infiamma il Nagorno-Karabakh, Mosca pronta a intervenire

“Siamo in stretta collaborazione con le forze di pace russe che stanno portando avanti la smilitarizzazione” e stanno dando “sostegno ai civili”. Il portavoce militare azero, il colonnello Anar Eyvazov, parla dal distretto di Shusha, ai margini della roccaforte ribelle Stepanakert, mentre un convoglio umanitario della Croce Rossa attraversa per la prima volta l’enclave contesa da quando l’Azerbaigian ha lanciato l’offensiva lampo nei giorni scorsi, sviluppo possibile solo adesso che si è raggiunto l’accordo. L’impegno per il cessate il fuoco, però – parte dell’intesa – mostra già cedimenti quando Mosca ne segnala già la violazione con un soldato azero rimasto ferito in uno scontro a fuoco nel distretto di Mardakert.

L’annuncio delle forze azere segue di 24 ore quello che Mosca aveva a sua volta diramato affermando che i combattenti separatisti di etnia armena avevano iniziato a consegnare le armi sulla base dell’accordo raggiunto proprio grazie alla mediazione russa: è quindi una conferma ma anche l’intenzione da parte azera di mostrare l’arsenale ribelle adesso preso in consegna. “Abbiamo già sequestrato armi e munizioni”, ha aggiunto infatti Eyvazo, spiegando che il processo di disarmo “può richiedere tempo” perché alcuni ribelli avevano sede in remoti distretti montani. “La priorità è lo sminamento e la smilitarizzazione”, ha quini sottolineato. La politica intanto passa ancora una volta dal Palazzo di Vetro, a New York, nella coda dell’Assemblea Generale in cui interviene l’Azerbaigian, dichiarandosi “determinato a promuovere un’agenda di normalizzazione”.

Jeyhun Bayramov, ministro degli Esteri azero, tiene però soprattutto a sottolineare che “nessuno stato accetterebbe la presenza illegale di un altro stato sul suo territorio e neppure noi lo accettiamo. Ma nonostante le sfide poste dagli armeni ribadiamo la nostra volonta’ per negoziati nel rispetto dei diritti reciproci. Crediamo ci sia un’opportunita’ storica di raggiungere un accordo per far si ‘che i due paesi vivano come vicini nel rispetto reciproco”. E promette quindi di trattare gli armeni del Karabakh come “cittadini uguali”. A Bruxelles parla il presidente armeno, Vahagn Khachaturyan, mentre il Paese si prepara ad affrontare l’arrivo di migliaia di profughi in fuga dall’ultima operazione militare azera nell’enclave del Nagorno-Karabakh, e si dice “preoccupato per la cooperazione militare tra Italia e Azerbaigian e per gli accordi già firmati, o previsti, che arriverebbero fino a 1,2 o 1,5 miliardi di euro”. In una video intervista Khachaturyan sottolinea che “queste armi verranno un giorno utilizzate contro il Nagorno Karabakh e contro la Repubblica di Armenia” e insiste: “Speriamo che questo accordo di cooperazione non venga firmato”, mentre rimarca il “grande potenziale per la cooperazione” tra Italia e Armenia. Poi mette in guardia sulla “minaccia di un escalation” che a suo avviso “non è scomparsa, esiste ancora, da un momento all’altro le attività militari potrebbero riprendere e l’Azerbaigian potrebbe tentare di continuare la sua politica di pulizia etnica del Nagorno Karabakh”. E spiega: “Per questo abbiamo chiesto meccanismi internazionali per la sicurezza degli armeni che vivono nella regione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. (ANSA). RP 2023-09-23 19:37 S0B QBXB EST

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Esteri

Il ritorno di Kate con re Carlo, ma il volto è provato

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Un cielo grigio profondamente autunnale, in tono con lo spirito di una giornata dedicata alla riflessione e a rendere omaggio a chi in passato sacrificò la vita sui campi di battaglia in un tempo funestato ancora da troppi conflitti sanguinosi; ma non senza uno spiraglio di speranza per la famiglia reale britannica, agli sgoccioli di un 2024 ‘terribile’ e a lungo carico d’incognite sul fronte della salute. Si è consumata così la Domenica dei Ricordo di quest’anno (Remembrance Sunday), appuntamento clou nel Regno Unito delle commemorazioni della fine della Prima Guerra Mondiale e in onore dei caduti di tutti i confitti.

Un evento contrassegnato a Londra dalla tradizionale processione guidata da re Carlo III per la deposizione di corone di fiori al Cenotafio e suggellata dal preannunciato ritorno sulla scena pubblica di un impegno cerimoniale ufficiale della monarchia anche della principessa di Galles, Catherine, moglie dell’erede al trono William, per la prima volta dopo il completamento a settembre d’una lunga chemioterapia e dopo mesi di pesanti cure e angosce. Kate, come è familiarmente chiamata, ha assistito alla cerimonia da un balcone del Foreign Office accanto a Sophie, duchessa di Edimburgo.

Mentre il sovrano – alle prese come lei con un cancro di natura imprecisata diagnosticato a inizio anno, ma tornato ai doveri pubblici già da qualche mese – ha deposto i fiori in uniforme della Royal Navy, prima del saluto militare d’ordinanza al monumento, che svetta fra i palazzi di governo affacciati su Whitehall: seguito, oltre che dal principe William, da due dei propri fratelli, Anna ed Edoardo; dal primo ministro laburista, Keir Starmer (atteso domani a Parigi pure alla commemorazione francese, primo capo di governo del Regno dopo Winston Churchill, nel 1944); nonché dalla neoleader del Partito conservatore e dell’opposizione parlamentare, Kemi Badenoch. Sullo sfondo, a osservare i consueti due minuti di silenzio nazionale, un assembramento di autorità, vecchie glorie della politica, alti ufficiali e sudditi, impreziosito dalla presenza di qualche ultimo anziano reduce superstite della Seconda Guerra Mondiale sotto le insegne della Royal British Legion: centenaria associazione dei veterani della forze armate di Sua Maestà.

Kate, già comparsa in pubblico negli ultimissimi mesi per altre occasioni meno ufficiali, si è concessa da parte sua a distanza alla curiosità di media e pubblico, in condizioni apparentemente buone, per quanto con qualche segno di stanchezza sul volto: vestita di nero, come gli altri civili presenti, a sottolineare il lutto per il carattere commemorativo della giornata, e con gli immancabili papaveri rossi (i ‘poppies’, simbolo britannico del ricordo dei caduti di guerra) al bavero. Il re, che giovedì 14 novembre compie 76 anni, si è mostrato a sua volta meditabondo, come l’occasione imponeva.

Tanto più mentre si avvia allo scorcio finale un anno che il delfino William – evocando questa settimana a margine di una visita in Sudafrica l’esperienza dei mesi scorsi della doppia diagnosi ravvicinata di tumore a suo padre e a sua moglie – ha descritto come “brutale” e come “il più difficile” della sua vita adulta, dicendosi al contempo “orgoglioso” del modo in cui Kate e Carlo hanno saputo affrontare la malattia. Malattia rispetto alla quale sembrano rafforzarsi ora le indicazioni positive, sebbene i protocolli medici prevedano ancora tempo, trattamenti e controlli prima di poter sancire l’auspicato traguardo della “remissione”.

I principi di Galles erano stati presenti del resto pure sabato sera – fra applausi e sorrisi – al concerto del Festival of Remembrance, alla Royal Albert Hall, accanto al monarca e ad altri reali. Assente invece – sia al concerto, sia alla cerimonia domenicale – la regina Camilla, consorte 77enne di Carlo, colpita a inizio settimana da “un’infezione toracica di stagione”, secondo le informazioni di Buckingham Palace, e costretta precauzionalmente a casa. In attesa, ultime rassicurazioni di corte alla mano, di potersi ripresentare in pubblico fra “pochi giorni”.

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Putin firma la legge sul trattato strategico con Pyongyang

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Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato la legge che ratifica il Trattato di partenariato strategico globale tra la Russia e la Corea del Nord. Il documento è pubblicato sul sito web della Gazzetta Ufficiale russa. Lo riporta Ria Novosti. I leader di Russia e Corea del Nord hanno siglato questo documento il 19 giugno scorso durante la visita di Putin a Pyongyang. Dovrebbe sostituire il Trattato fondamentale di amicizia, buon vicinato e cooperazione tra Russia e Corea del Nord del 9 febbraio 2000. Il preambolo del trattato afferma che il documento “contribuisce a garantire la pace, la sicurezza e la stabilità”.

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L’ora delle polemiche in Olanda, ‘falle nella sicurezza’

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Il rischio di attacchi anti-israeliani ignorato, i malcelati attacchi di Geert Wilders al primo ministro tecnico Dick Schoof, il timore che i fatti di Amsterdam inneschino una spirale di violenze non solo in Olanda ma in tutta Europa. Ad Amsterdam e dintorni, quando sui social circolano ancora con insistenza le immagini dell’assalto ai tifosi israeliani del Maccabi Tel Aviv, è l’ora delle polemiche. A finire nel mirino sono innanzitutto le misure di sicurezza che, secondo il governo olandese, le autorità non avrebbero preso in vista del match Ajax-Maccabi Tel Aviv, “sottostimando” le segnalazioni dell’antiterrorismo e del Mossad. Lunedì il premier Schoof affronterà il dossier in una riunione di governo che si preannuncia caldissima, e che sarà seguita, il giorno dopo, da un dibattito parlamentare altrettanto teso.

I tifosi israeliani, con quattro voli speciali messi a disposizione da Israele nonostante lo Shabbat hanno potuto lasciare l’Olanda. L’ultima fetta dei 3mila supporter volati ad Amsterdam potrà rimpatriare domenica. L’allarme rosso sulla sicurezza delle comunità ebraiche sembra rientrato. “L’ondata di violenza è terminata. Pertanto, agli israeliani non viene impedito di passeggiare per la città”, hanno reso noto le agenzie di sicurezza israeliane. Ma la metropoli olandese fa ancora i conti con quanto accaduto. Le autorità comunali hanno decretato il divieto di manifestazioni per tre giorni.

“Questo è un momento terribile per la città”, ha ammesso la sindaca Femke Halsema usando la stessa parola – “vergogna” – scelta dal primo ministro olandese per definire gli attacchi anti-israeliani. Schoof ha annunciato che non andrà alla Cop29, la conferenza sul clima di Baku, per restare nel suo Paese visto “il grande impatto sociale” che hanno avuto i fatti di Amsterdam. Lunedì il governo affronterà il tema dell’antisemitismo. Nel frattempo il primo ministro ha provato a dare le dovute rassicurazioni al ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, volato nella serata di sabato in Olanda.

“Il governo sta facendo tutto il possibile per garantire che la comunità ebraica nel nostro Paese si senta al sicuro”, ha detto Schoof. Chissà se basterà. Le violenze anti-israeliane potrebbero creare più di un grattacapo al primo ministro, un tecnico scelto a capo di una coalizione di centro-destra nella quale, a dominare, sono i sovranisti. Ed è stato proprio il leader del Pvv Wilders, a non lesinare stoccate al suo premier. L’ultimo attacco si è prodotto sulla scarsa quantità di arresti: “Sono senza parole. La polizia ha appena confermato che nessuno è stato arrestato durante la caccia all’ebreo islamico ad Amsterdam giovedì sera. Tutti gli arresti sono stati effettuati prima e durante la partita di calcio e non durante il pogrom”, ha scritto Wilders su X. In realtà, dei 63 sospetti individuati per le violenze di Amsterdam, secondo le autorità per qualcuno potrebbe essere disposto il fermo.

Ma ciò potrebbe non placare le speculazioni politiche, in Olanda e non solo. Sui social non smettono di proliferare video che raffigurano i tifosi del Maccabi inveire contro i palestinesi al rientro in Israele o, dall’altro laato, le foto degli aggressori. Il loro identikit, il più delle volte, corrisponde a giovani olandesi di origine araba. Nel frattempo, un po’ in tutta Europa, la destra è tornata alla carica contro i migranti. “Hanno fatto entrare carrettate, anzi barconate di islamici e poi si stupiscono se gli islamici, nel nome del loro estremismo danno la caccia all’ebreo”, ha attaccato Matteo Salvini, Mentre venerdì, nella conferenza stampa che ha concluso il summit Ue di Budapest, Viktor Orban ha descritto l’Ungheria come esempio di tolleranza, in cui convivono “chiese cristiane e sinagoghe”. E chissà se è un caso se abbia dimenticato di citare le moschee.

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