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Una Cicogna nera salvata e liberata in provincia di Caserta

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In un’epoca in cui le storie a lieto fine sembrano sempre più rare, ecco un racconto che riempie il cuore di speranza e orgoglio, come confermato dai responsabili dell’ASL di Napoli. Questa vicenda proviene dalla provincia di Caserta, dove è stata ritrovata una giovane cicogna nera, una specie migratrice e rara in Europa, gravemente ferita da arma da fuoco. La cicogna, una femmina di appena un anno, appartiene alla specie Ciconia nigra, considerata a rischio di estinzione, rendendo il suo ritrovamento e il suo recupero ancora più significativi.

Appena individuata, la cicogna è stata trasportata d’urgenza presso il Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) “Federico II”, parte del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali. Questo centro, in collaborazione con l’ASL Napoli 1 Centro, svolge un ruolo cruciale per il recupero e la tutela della fauna selvatica, fornendo soccorso a esemplari in difficoltà. In questo caso, la storia è stata resa ancora più speciale dal supporto del Gruppo Carabinieri Forestale di Caserta, che ha affiancato il CRAS per gli aspetti giuridici della vicenda.

Il percorso di recupero della cicogna è stato lungo e complesso: le cure intensive, seguite da una delicata fase di riabilitazione, hanno richiesto dedizione, professionalità e pazienza. Dopo settimane di lavoro instancabile, finalmente l’esemplare è stato ritenuto pronto per essere reintrodotto nel suo habitat naturale.

A fine luglio, la cicogna nera è stata reintrodotta in natura. La fase di rilascio è avvenuta con un approccio controllato e graduale, durante il quale l’esemplare è stato monitorato attentamente dal personale veterinario dell’ASL Napoli 1 Centro e del CRAS “Federico II”. La fase di reimmissione è stata gestita in collaborazione con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che ha supervisionato l’operazione e fornito supporto per il monitoraggio GPS

La cicogna nera è anche parte di un progetto europeo di inanellamento e monitoraggio satellitare tramite GPS, che permette di seguire gli spostamenti degli esemplari nel loro percorso migratorio dalla Polonia al Mediterraneo, fino all’Africa sub-sahariana. Al momento del rilascio, il personale autorizzato dell’ISPRA ha applicato un dispositivo GPS all’animale, permettendo così un monitoraggio a distanza per seguirne i movimenti e registrare eventuali spostamenti migratori.

Grazie ai dati trasmessi dal GPS, si è potuto constatare che la cicogna ha raggiunto un pieno recupero, confermato dai suoi spostamenti di medio raggio in una delle rare aree italiane che ospitano la specie. La presenza di giovani esemplari in questa zona del Sud Italia rappresenta un segno di speranza per la conservazione della Ciconia nigra, una specie che da tempo affronta gravi minacce alla sopravvivenza.

La storia di questa cicogna nera ferita e salvata è una testimonianza dell’impegno dei professionisti che lavorano nei centri di recupero animali, che ogni giorno si dedicano alla cura e alla protezione della fauna selvatica. Salvare una vita così fragile e restituirla alla natura rappresenta una vittoria per tutti coloro che, come il personale del CRAS “Federico II” e dell’ASL Napoli 1 Centro, si dedicano con passione a tutelare l’ambiente.

Non si può che emozionarsi di fronte alla visione di questa giovane cicogna, finalmente libera di tornare a volare nel suo habitat, libera di vivere la sua vita lì dove la natura l’ha destinata. Questo esempio di rinascita e speranza è un promemoria prezioso di quanto sia importante proteggere e rispettare le creature che condividono con noi questo pianeta.

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Acqua sempre più cara: nel 2024 bollette in aumento fino al 10%, Frosinone la città più costosa

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Nel 2024 il prezzo dell’acqua potabile è aumentato in media del 4,1% rispetto al 2023, con picchi vicini al 10% in alcune città italiane. A pagare le bollette più salate sono i cittadini di Frosinone, dove una famiglia tipo spende 852 euro l’anno, mentre Milano si conferma la città più economica con una spesa di 163 euro annui.

Aumenti disomogenei e disparità territoriali

L’analisi ha preso in esame le tariffe del servizio idrico integrato in 87 capoluoghi di provincia, considerando una famiglia di tre persone con un consumo medio di 180 metri cubi annui (circa 165 litri al giorno a testa, secondo i dati Istat).

I rincari non sono omogenei: Trento è l’unico capoluogo a segnare una riduzione dello 0,5%, mentre Bologna, L’Aquila, Bolzano e Venezia registrano aumenti superiori al 9%.

La mappa delle città più care

Oltre a Frosinone, tra le città con le bollette idriche più elevate troviamo:

  • Pisa: 817 euro

  • Firenze: 751 euro

  • Massa: 727 euro

Queste cifre sono quasi il 60% in più rispetto alla media nazionale di 470 euro. All’opposto, il Molise è la regione più economica, con una spesa media annua di 231 euro.

Anche all’interno delle stesse regioni emergono differenze significative:

  • Tra Frosinone e Roma: 447 euro di differenza

  • Tra Caltanissetta e Catania: 387 euro

  • Tra Brescia e Milano: 303 euro

Reti inefficienti e misure di razionamento

Secondo i dati più recenti, il 42,4% dell’acqua si disperde a causa delle cattive condizioni delle reti, e quasi il 40% delle famiglie italiane considera eccessivi i costi dell’acqua. Al Sud, nel 2023, un terzo dei capoluoghi ha dovuto razionare l’acqua per scarsità idrica.

Il bonus acqua non basta

Esiste una misura di sostegno, il bonus acqua, che garantisce 50 litri al giorno a persona con uno sconto in bolletta, ma è riservato a famiglie con Isee sotto i 9.530 euro (fino a 20.000 euro per nuclei con almeno 4 figli). Una soglia che limita fortemente l’accesso al beneficio. Si chiede, quindi, un adeguamento delle soglie Isee, come già avviene per i bonus gas ed elettricità, per estendere la platea dei beneficiari.

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Breathtaking, l’arte che denuncia l’agonia degli oceani: l’impegno di Susan Sarandon nell’installazione di Fabrizio Ferri

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Una bara trasparente piena d’acqua, al centro un solo chiodo, simbolo di dolore e oppressione. Intorno, undici ritratti potenti e inquietanti: volti e corpi noti, “asfissiati” da plastica, ferro, fili e poliestere, ognuno con lo sguardo colmo di terrore, sconforto, disperazione. È Breathtaking, l’installazione fotografica di Fabrizio Ferri al Museo di Storia Naturale di Milano, in esposizione per un mese con il patrocinio del Comune, dell’Università Cattolica e della Nobile Agency.

Tra i protagonisti, Susan Sarandon, Isabella Rossellini, Carolyn Murphy, Naomi Watts, Charlotte Gainsbourg, Helena Christensen e Willem Dafoe – unico uomo del gruppo. Ma è Susan Sarandon, attrice e attivista, a farsi madrina dell’opera, oggi alle 18 all’inaugurazione a Milano. E in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’attrice spiega le ragioni profonde della sua partecipazione.

«Il continuo avvelenamento delle acque mi preoccupa come madre e come essere umano»

Sarandon parla di un progetto che ha scelto «a occhi chiusi», per la stima nei confronti di Ferri e la gravità della causa:

«Quando Fabrizio mi ha chiesto di far parte del suo progetto, sono stata più che felice di partecipare. Il continuo avvelenamento delle nostre acque mi preoccupa profondamente».

Il messaggio che vuole lanciare è chiaro: “Mentre svuotiamo gli oceani, siamo noi stessi a rischio”. Per questo, l’impatto emotivo dell’installazione è deliberatamente forte:

«Utilizzando volti umani soffocati dalla plastica, spero che si possa generare un dialogo e una riflessione sul nostro stile di vita».

«Il cambiamento non viene dall’alto, ma dal basso»

Nell’intervista al Corriere, Sarandon sottolinea il ruolo cruciale degli artisti e del cinema nel sensibilizzare l’opinione pubblica:

«I film rafforzano o sfidano lo status quo. Gli artisti, grazie alla loro visibilità, possono informare i cittadini e stimolare un cambiamento. Perché il cambiamento vero non viene dall’alto, ma dal basso».

Un messaggio che arriva dritto al cuore

Per Sarandon, che ha interpretato ruoli profondi e impegnati, come in Dead Man Walking, l’attivismo è una vocazione che va oltre il set:

«Ho trovato e ottenuto i diritti di Dead Man Walking e da allora ho stretto un’amicizia profonda con suor Helen Prejean, continuando a lavorare per l’abolizione della pena di morte».

E oggi, davanti a quella bara colma d’acqua, simbolo estremo di sofferenza e silenzio suggerito da Marina Abramovic, l’attrice trova la stessa forza espressiva del cinema impegnato.

«La passione di Fabrizio Ferri è contagiosa. Sono felice che il Museo di Storia Naturale abbia colto l’impatto di quest’opera».

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Rifiuti zero nella moda, appello dell’Onu contro sprechi

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Verso rifiuti zero nella moda e nel tessile è il tema della Giornata internazionale Rifiuti Zero che ricorre il 30 marzo, promossa congiuntamente dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) e dal Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (Un-Habitat). Focus della giornata, quest’anno, è sull’urgente necessità di adottare misure per ridurre l’impatto dei rifiuti nella moda e nel tessile e promuovere la sostenibilità e la circolarità, quindi modelli di consumo e produzione sostenibili per affrontare la crisi dell’inquinamento da rifiuti.

L’attuale modello lineare di sovrapproduzione e consumo dell’industria della moda ha impatti ambientali e sociali significativi, spiegano le Nazioni unite: ogni anno vengono generati oltre 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, pari a un camion della spazzatura pieno di abiti inceneriti o gettati in discarica ogni secondo. La produzione di abbigliamento è raddoppiata dal 2000 al 2015, mentre la durata di utilizzo degli indumenti è diminuita del 36%.

L’uso di fibre sintetiche basate su combustibili fossili contribuisce all’inquinamento da microplastica, danneggiando gli ecosistemi e la salute umana. Gli indumenti scartati finiscono spesso nel Sud del mondo, dove una gestione inadeguata dei rifiuti porta a discariche a cielo aperto, incendi e gravi conseguenze ambientali e sociali, che colpiscono in modo sproporzionato le comunità vulnerabili, precisa l’Onu. Per arrivare a zero rifiuti nella moda e nel tessile, è necessario un cambiamento sistemico, che comprenda la riduzione della sovrapproduzione, l’approvvigionamento responsabile e l’adozione di una produzione etica.

Allo stesso modo, spiega l’Onu, il prolungamento della vita dei tessuti attraverso il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio, insieme al miglioramento delle tecnologie e delle infrastrutture di riciclaggio, è fondamentale per ridurre al minimo i rifiuti e recuperare risorse preziose. “I governi a tutti i livelli devono costruire economie circolari che affrontino l’esaurimento e la gestione delle risorse e investire in programmi moderni di gestione dei rifiuti ancorati al riutilizzo, alla rifabbricazione, al recupero e alla prevenzione dei rifiuti”, sottolinea António Guterres, segretario generale delle Nazioni unite. In generale, ogni anno, l’umanità genera tra 2,1 e 2,3 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani.

Senza un’azione urgente, ricorda l’Onu, la produzione annuale di rifiuti raggiungerà i 3,8 miliardi di tonnellate entro il 2050. L’inquinamento da rifiuti minaccia la salute umana, costa all’economia globale centinaia di miliardi di dollari ogni anno e aggrava la triplice crisi planetaria: la crisi del cambiamento climatico , la crisi della natura, della perdita di territorio e biodiversità e la crisi dell’inquinamento e dei rifiuti. Per raggiungere zero-waste sono necessari contributi attivi da parte di governi, industria e consumatori.

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