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Il Bologna affonda la Roma all’Olimpico, squadra e Juric contestati

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La Roma affonda sotto i colpi del Bologna che vince all’Olimpico per tre reti a due. Prosegue quindi la crisi giallorossa anche nella dodicesima giornata di Serie A: decidono le reti di Santiago Castro, Riccardo Orsolini e Jesper Karlsson. Inutile, invece, ai fini del risultato, la doppietta di El Shaarawy. Per il team di Italiano terzo successo consecutivo in campionato. Quarto ko nelle ultime cinque uscite in Serie A, di contro, per la squadra giallorossa, con Juric quanto mai in discussione e con le contestazioni del pubblico sempre piu’ decise e “rumorose”.

Dopo un’iniziale fase di studio, la compagine rossoblu’ trova la prima conclusione verso la porta con Miranda, che pero’ viene bloccata senza problemi da Svilar. Al 16′ e’ Pisilli che, dopo uno scambio con Dovbyk, va al tiro ma anche in questo caso c’e’ poca potenza e Skorupski riesce a neutralizzare agevolmente. Qualche minuto piu’ tardi Orsolini salta Angelino e crossa per Ndoye, il quale non trova la palla e finisce contro il palo: l’attaccante resta vittima di un infortunio e deve abbandonare il campo in barella, lasciando il posto a Karlsson. Al 25′ i ragazzi di Vincenzo Italiano passano in vantaggio con Santiago Castro che, sugli sviluppi di un Calcio d’angolo, realizza il tap-in vincente in mischia. La risposta della Roma non si fa attendere, infatti, al 30′ colpisce una clamorosa traversa con Soule’ che, dopo aver ricevuto la sfera da Kone’, va vicinissimo al pareggio. La squadra capitolina prova ancora a sfondare il muro eretto dalla difesa avversaria, ma fatica a rendersi realmente pericolosa; si va, dunque, a riposo sul parziale di 0-1.

Nella ripresa Ivan Juric decide di inserire forze fresche per provare a riprendere la partita e la sua squadra crea alcune interessanti occasioni con Stephan El Shaarawy. L’attaccante prima sfiora il gol su Calcio di punizione e poi al 63′ realizza il colpo di testa vincente su assist di Mancini, firmando l’1-1 complice anche un errore di Skorupski. Neanche il tempo di gioire per i giallorossi, che il Bologna si riporta immediatamente in vantaggio al 66′ con il solito Riccardo Orsolini che, su lancio di Castro, si invola verso la porta e batte Svilar. Al 72′ la Roma rischia di capitolare con il tris felsineo di Dallinga, ma la rete viene annullata dal Var per un fallo di mano dell’olandese.

L’appuntamento con il terzo gol del Bologna, pero’, e’ solo rimandato poiche’ al 77′ ci pensa Jesper Karlsson, su suggerimento di Miranda, a segnare la sua prima marcatura in Italia per il 3-1. I giallorossi non si arrendono e all’82’ riaprono la contesa ancora una volta grazie a Stephan El Shaarawy, che scarica un potente tiro sotto la traversa regalando un finale incandescente al pubblico. Negli ultimi minuti Dovbyk ha una grande chance per il pareggio, ma l’ucraino non riesce a sfruttarla e, dopo una rissa sfiorata, gli emiliani riescono a difendere il 3-2 fino al triplice fischio. In virtu’ di questo risultato il Bologna sale a 18 punti mentre la Roma, sotto i fischi dell’Olimpico, incassa la quarta sconfitta nelle ultime cinque gare e resta a quota 13, con Ivan Juric sempre piu’ in bilico. Dopo la sosta i giallorossi affronteranno il Napoli al Maradona, mentre i rossoblu’ torneranno all’Olimpico per sfidare la Lazio.

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Baseball: Juan Soto ai Mets, 15 anni per 765 milioni di dollari

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La superstar del baseball dominicano Juan Soto ha accettato di unirsi ai New York Mets con un contratto record della durata di 15 anni ed un compenso di 765 milioni di dollari. Sia ESPN che il sito web ufficiale della Major League Baseball hanno riportato la notizia. E’ il contratto più ricco nella storia dello sport professionistico nordamericano. Eclissa quello da 700 milioni di dollari in 10 anni che i Los Angeles Dodgers hanno firmato con la star giapponese Shohei Ohtani l’anno scorso. Secondo ESPN il contratto di Soto con i Mets potrebbe in realtà valere più di 800 milioni, bonus compresi. Soto, nativo di Santo Domingo, segna un momento cruciale per la franchigia del Queens, che, accarezzato nella scorsa stagione il sogno di tornare alla World Series per la prima volta dal 2015, punta adesso a costruire una squadra in grado di contendere il titolo per le prossime stagioni.

Soto, 26 anni compiuti lo scorso 25 ottobre, è un battitore di straordinarie abilità e intelligenza. Dopo aver debuttato a 19 anni e 207 giorni il 20 maggio del 2018 con i Washington Nationals, Soto ha vinto 5 Silver Slugger Award, un titolo di battuta (nel 2020), e per 4 volte ha ricevuto la convocazione per l’All-Star Game. Nel 2019 ha vinto, da protagonista, una World Series con i Washington Nationals e, tra 2021 e 2024, è finito per due volte nella top-3 MVP, della National League prima e dell’American League poi. Nella stagione appena conclusa è stato determinante nel primo titolo in 15 anni conquistato dai New York Yankees (il pennant American League), piegando i Cleveland Guardians a suon di fuoricampo (3 in cinque partite), l’ultimo dei quali determinante nella decisiva gara cinque.

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La caduta di Assad e il dilemma dell’Iran sempre piùà debole in un Medio Oriente in trasformazione

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A 1.696 chilometri di distanza, a Teheran, i mullah osservano con sgomento l’inaspettata avanzata dei ribelli di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) a Damasco. La scena dei miliziani che entrano nella residenza presidenziale di Bashar al-Assad, scattando selfie tra le sue lussuose auto sportive, è un’immagine simbolica del collasso di uno degli ultimi bastioni dell’alleanza sciita in Medio Oriente. Fonti vicine ai funzionari iraniani descrivono un’atmosfera di shock e presagio tra i leader della Repubblica Islamica.

L’Iran, che per anni ha sostenuto Assad con soldi, milizie e supporto strategico, si trova ora a fare i conti con la perdita del suo unico alleato arabo sciita. La caduta del regime di Assad rappresenta per Teheran la terza sconfitta regionale dopo il ridimensionamento di Hamas e Hezbollah da parte di Israele, un colpo pesante per l’asse della resistenza contro il nemico storico: Israele.

Il ruolo dell’Iran e il cambio di strategia

Durante il culmine della guerra civile siriana, l’Iran e la Russia hanno giocato ruoli complementari nel mantenere in vita il regime di Assad. Teheran ha inviato i suoi migliori generali, tra cui il leggendario Qassem Soleimani, e ha schierato Hezbollah per sostenere l’esercito siriano. Ma gli ultimi mesi, segnati dalla guerra a Gaza e dal crescente isolamento, hanno visto indebolirsi questo sodalizio.

Con l’avanzata dell’Hts, l’Iran ha dapprima promesso sostegno totale ad Assad, per poi cambiare tono nelle ultime ore. Il ministro degli Esteri Abbas Araqchi ha parlato di un “approccio adeguato”, segno di una possibile ritirata strategica. Secondo indiscrezioni, l’Iran avrebbe già negoziato con Hts garanzie per la protezione dei siti religiosi sciiti e un’uscita sicura delle proprie truppe dalla Siria.

Gli scenari futuri per Teheran

La caduta di Assad pone l’Iran di fronte a un bivio:

  1. Accettare un Medio Oriente senza influenza iraniana: Un simile scenario rappresenterebbe un colpo ideologico devastante per la Repubblica Islamica, ma potrebbe facilitare i negoziati con gli Stati Uniti, specialmente su questioni legate al programma nucleare.
  2. Adottare una linea radicale: La paura dell’Occidente è che l’Iran, spinto dai falchi del regime, possa rivedere la sua dottrina nucleare fino a sviluppare un’arma atomica, nel tentativo di recuperare peso geopolitico in un Medio Oriente sempre più frammentato.

Un Medio Oriente in trasformazione

La presa di Damasco da parte dell’Hts non è solo la caduta di un regime, ma anche il simbolo di un nuovo equilibrio geopolitico. Per l’Iran, significa un’erosione del suo ruolo storico nella regione. Per il mondo, è un segnale di instabilità in un’area già segnata da conflitti e rivalità secolari.

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Esteri

Siria: il ritorno di Al-Jolani e il futuro incerto di un Paese frammentato

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Un anno fa, Abu Mohammed al-Jolani si presentava al mondo come un leader trasformato, lontano dall’immagine del jihadista qaedista che inneggiava all’11 settembre. Ora, tornato nel quartiere damasceno di Mazzeh dove è cresciuto, si inginocchia e bacia la strada, ma lascia aperte molte domande: sarà un pragmatico leader locale o un ritorno al jihadismo globale?.

Il suo movimento, l’Hayat Tahrir al-Sham (Hts), si è evoluto negli ultimi anni, distanziandosi dalla retorica globale dell’Isis per concentrarsi su un’agenda locale. Tuttavia, il gruppo resta una presenza controversa, al centro di tensioni politiche e militari che attraversano la Siria.

Un puzzle di alleanze e conflitti

La Siria di oggi è una realtà frammentata, con una moltitudine di attori e interessi contrastanti:

  • Hts: Da erede di Al-Nusra, il gruppo ha cercato di rimodellarsi come una forza politica e militare pragmatica. Ha unito diverse fazioni ribelli, consolidando il controllo su territori strategici come Idlib e gestendo il confine turco di Bab al-Hawa, fondamentale per il passaggio degli aiuti umanitari.
  • Esercito Nazionale Siriano (Ens): Sostenuto dalla Turchia, l’Ens è accusato dall’ONU di crimini di guerra e continua a combattere contro Assad, i curdi siriani del Ypg e, talvolta, lo stesso Hts. Tra i suoi ranghi vi sono combattenti arabi e micro-formazioni di mercenari islamisti.
  • Forze Democratiche Siriane (Fds): Predominantemente curde, le Fds controllano il Nord-Est della Siria, con il supporto americano negli anni della lotta all’Isis. Hanno consolidato le loro posizioni in risposta all’avanzata di al-Jolani, temendo nuovi attacchi.

L’evoluzione dell’Hts e il ruolo di al-Jolani

L’Hts è riuscito a costruire un governo nei territori che controlla, il Governo di Salvezza Siriano, offrendo una relativa sicurezza e amministrazione. Grazie ai finanziamenti dei Paesi del Golfo e a una strategia politica abile, al-Jolani ha consolidato alleanze e preparato un’offensiva che ha portato il suo movimento al centro delle dinamiche siriane.

Secondo Joshua Landis, esperto dell’Università dell’Oklahoma, «al-Jolani si è dimostrato un politico abile, capace di rimodellare il suo gruppo e stringere nuove alleanze». Tuttavia, molti osservatori restano scettici, definendo il pragmatismo dell’Hts come una semplice maschera tattica.

Un futuro incerto

Dopo tredici anni di guerra, la Siria resta un puzzle difficile da comporre. Il Paese è diviso tra fazioni rivali e influenze esterne, con le minoranze cristiane, armene, alawite e sciite che temono per il loro futuro. La domanda centrale, però, resta: che ruolo giocherà al-Jolani nel destino della Siria? La sua figura, tra pragmatismo e passato estremista, continua a generare timori e speranze in un Paese lacerato dalla guerra.

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