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Euroindoor: Iapichino salta nel futuro, argento e record

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Sono due medaglie d’argento – tutte al femminile, firmate da Larissa Iapichino nel lungo e dalla staffetta 4×400, con Alice Mangione, Ayomide Folorunso, Anna Polinari ed Eleonora Marchiando – a chiudere in bellezza per l’Italia l’ultima giornata degli Europei indoor di Istanbul. Medaglie impreziosite da record nazionali, che portano a sei il bottino azzurro in questa edizione. E anche grazie a questi risultati l’Italia ha vinto nella classifica a punti per la prima volta nella storia. Larissa salta nel futuro, prendendosi una medaglia preziosa con il primato italiano che cancella quello di mamma Fiona May che resisteva dal 1998: prima la eguaglia a 6.91 e poi la supera definitivamente con il 6.97 che consacra l’atleta classe 2002. La figlia d’arte (papà coach Iapichino) è stata protagonista di una prova emozionante, decisa all’ultimo salto, quando l’atleta non ancora 21enne è atterrata appunto 6 metri e 97. E’ volata più lontana di lei solo la britannica Jazmin Sawyers (oro), che l’ha superata di tre centimetri. Larissa ha comunque chiuso davanti alla campionessa iridata indoor, la serba Ivana Vuleta (bronzo con 6,91).

E’ stata una gara fatta di continui sorpassi, in cui Iapichino ha lottato ad armi pari con le big della specialità e relegando fuori dal podio la tedesca Malaika Mihambo, campionessa olimpica, quarta con 6,83. “E’ stato bellissimo, per la prima volta in vita mia ho pensato solo a saltare – le parole dell’azzurra – e a nient’altro, fino all’ultimo volevo stare nella mischia, ero competitiva, non so come spiegarlo è stato bellissimo. Ho tanta voglia di riprovare queste sensazioni e non parlo della medaglia ma di stare in pedana così, grintosa, determinata, con la voglia di fare e anche un po’ cresciuta”.

L’argento della staffetta è arrivato con il tempo di 3’28″61, al termine di una gara che ha portato a migliorare di quasi due secondi il record italiano (stabilito due anni fa con 3’30″32 da Rebecca Borga, Alice Mangione, Eleonora Marchiando, Eloisa Coiro). Oro all’imprendibile Olanda (3’25″66), bronzo alla Polonia (3’29″31). Un secondo posto frutto della forza del collettivo. E’ scattata dai blocchi Mangione. Al momento di andare alla corda la campionessa tricolore all’aperto è quarta, rallenta e poi frena per una serie di contatti, ma guadagna una posizione. In seconda frazione lotta Folorunso per difendere la terza piazza. Poi è toccato a Polinari e la veronese non solo ha aumentato il margine sulle inseguitrici, ma si è affiancata alla Polonia e l’ha superata in rettilineo.

A completare l’opera Marchiando che ha contenuto il rientro della Polonia. E’ il secondo argento nella 4×400 agli Euroindoor dopo quello del 2000, oltre ai due bronzi delle edizioni 2002 e 2019. Tanti i giovani azzurri in evidenza. Dal ventenne romano Lorenzo Simonelli, a un soffio dal podio nei 60 ostacoli, a Paolo Dal Molin, quinto in 7″52 dopo il bronzo di due anni fa. E tanti i piazzamenti tra i primi otto nell’ultima giornata: sesto nell’asta Claudio Stecchi con m. 5,70 e nell’alto sesto Christian Falocchi (2,19) e ottavo Marco Fassinotti (2,15); negli 800 metri settima Eloisa Coiro (2’02″80), al maschile settimo Catalin Tecuceanu (1:48.54) e ottavo Simone Barontini (1:48.63).

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Mossa del Governo: agenzia per controllo dei bilanci club

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Un altro terremoto sul mondo del calcio. Si chiama Agenzia per la vigilanza economica e finanziaria delle società sportive professionistiche. È l’organo pensato dal Governo per sostituire la Covisoc e controllare bilanci e conti delle società professionistiche di calcio (e basket). Un progetto arrivato nelle ultime ore anche sul tavolo della Federcalcio e del Coni, costringendo Gabriele Gravina a convocare per lunedì pomeriggio alle 18 una riunione d’urgenza in Via Allegri con i presidenti delle componenti federali.

Il documento emerso è la bozza di un decreto legge interamente dedicato allo sport da discutere nei prossimi giorni in Consiglio dei Ministri con la volontà governativa di attuarlo nel minor tempo possibile (entro un anno). Ma cosa potrebbe fare l’Agenzia che sarà un ente pubblico non economico, con sede a Roma, posto sotto la vigilanza di Palazzo Chigi o del ministro dello Sport? Tra i poteri, si legge nel documento, ci sarebbero anche quelli di verifica nella consegna della documentazione prevista dalla normativa federale ai fini del rilascio della licenza nazionale. E ancora: potrebbe effettuare anche verifiche e ispezioni presso le sedi delle società e richiedere di fornire chiarimenti laddove necessario.

In sostanza quello che oggi fa la Covisoc per la Figc in sede di accettazione delle domande di iscrizione ai campionati, su cui l’ultima parola ce l’ha comunque il consiglio federale. Perché nel sistema attuale il controllo economico è in capo alle federazioni con il Coni a fissare modalità e principi generali. Da qui la decisione di indire un vertice federale per cercare di chiarire alcuni contorni, ancora poco definiti, e soprattutto perché secondo la Federcalcio, la proposta del Governo viene vista come un’invasione di campo dell’autonomia dello sport da parte della politica.

Di vedute opposte l’esecutivo che sottolinea come l’agenzia non si sostituirebbe alla federazione nella decisione finale di iscrizione o meno ai campionati dei club. Fonti governative precisano inoltre che la legge dell’81 ha previsto l’introduzione dei controlli finanziari ma senza mai parlare di controlli interni con le federazioni che negli ultimi anni si sono ritrovate così a riempire un vuoto. Una legge, però, che dalla Figc fanno notare sia stata abrogata con decreto legislativo del 2023. Nel documento inviato direttamente dal ministro Abodi a Federcalcio e Coni si legge come l’agenzia sarebbe “dotata di autonomia regolamentare, organizzativa e finanziaria, operando con indipendenza di giudizio e di valutazione”.

L’organo sarebbe di stampo collegiale con massimo 30 unità e dunque formato da un presidente e due componenti nominati dal presidente del Consiglio dei Ministri o dall’autorità di governo competente in materia di sport (il ministro Abodi in questo caso). La durata del mandato delle cariche sarebbe di 4 anni, senza la possibilità di esser rinnovate e inoltre sarebbero incompatibili con gli organi di vertice del Coni, delle Federazioni con settori professionistici e con gli organi di vertice delle leghe di riferimento. Infine i costi per il funzionamento dell’agenzia, oggi stimati intorno ai 2,5 milioni l’anno e a carico dei club. Nel frattempo le leghe professionistiche non commentano e vogliono aspettare l’incontro di lunedì per avere un quadro più chiaro.

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Giro: Pogacar si fa sentire, ma il primo rosa è Narvaez

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C’è stato subito tanto Pogacar nella prima tappa del Giro d’Italia, 140 chilometri da Venaria Reale a Torino: sulle rampe dell’ultimo strappo il fuoriclasse sloveno ha ripreso lepri e inseguitori e si è lanciato verso il traguardo. Nella volata a tre è finito dietro all’ecuadoriano Narvaez e al tedesco Schachman, però ha già messo in crisi qualche avversario, a partire dal francese Romain Bardet, considerato il suo principale concorrente nella Corsa rosa, in difficoltà sulle pendenze più forti delle colline torinesi e già in ritardo di oltre un minuto da Pogacar e di 1’07” dal leader della classifica generale.

La prima maglia rosa la indossa dunque il 27enne Jhonatan Narvaez (Ineos Granadiers), fresco campione ecuadoriano su strada, professionista dal 2017. Al Giro d’Italia aveva già vinto una tappa, la 12/a del 2020, a Cesenatico, corsa sotto la pioggia, staccando tutti i compagni di fuga. A Torino si è imposto allo sprint, dopo avere resistito benissimo agli scatti di Pogacar sull’ultima salita della collina torinese, in località San Vito, prima della discesa verso il traguardo in corso Moncalieri.

Alla piazza d’onore il berlinese Maximilian Schachman, che al Giro ha vinto la 18/a tappa del 2018, da Abbiategrasso a Prato Nevoso (Cuneo), con arrivo in salita. Pogacar si accontenta del terzo posto, soddisfatto comunque del messaggio di forza mandato ai rivali. Dopo l’avvicinamento ‘dolce’ alle prime asperità del Giro numero 107, la corsa si è accesa sulla salita verso Superga, protagonisti il ventinovenne eritreo Amanuel Ghebeigzabhier, il francese Lilian Calmejane (Intermarché) e gli italiani Filippo Fiorelli (Bardiani) e Andrea Pietrobon (Polti Kometa).

Scalando verso Superga Ghebeigzabhier è riuscito a staccare tutti, ma sul più duro colle della Maddalena è stato poi il francese a transitare per primo, incamerando i 18 punti del Gpm di seconda categoria. a 22 chilometri dall’arrivo. Calmejane ha resistito al comando fino a 10 chilometri dall’arrivo, quando il gruppo dei migliori ha aumentato il ritmo: tra i protagonisti il 36enne Damiano Caruso (Bahrain), mentre Bardet cominciava ad andare in affanno. Sfortunato Domenico Pozzovivo, il veterano del Giro coinvolto in una caduta, rapidissimo comunque a rimettersi in sella e a recuperare. Da un gruppetto al comando è uscito Nicola Conci, 27enne trentino della Alpecin Deceuninck, che ha resistito in testa per qualche chilometro, fino a quando Pogacar ha aumentato i giri, accendendo il finale di tappa concluso con la volata vinta da Narvaez.

“Complimenti a Narvaez – le parole del n.1 della federciclismo, Cordiano Dagnoni – e a tutti i girini, che fin da subito hanno infuocato la corsa. Sono convinto che anche in questa edizione i corridori italiani saranno in grado di essere protagonisti e rendere la corsa avvincente fino alla fine”. Domani subito le prime pendenze dure, con l’arrivo in salita al santuario di Oropa (Biella), teatro 25 anni di una delle leggendarie imprese del ‘Pirata Marco Pantani. La partenza è da San Francesco al Campo, a una trentina di chilometri da Torino, 161 chilometri di corsa, si comincia a salire dopo una novantina, due Gpm di terza categoria, all’Oasi Zegna e a Nelva, frazione di Callabiana, poi la discesa su Biella e la successiva scalata fin a 1.142 metri di Oropa, Gpm di prima categoria. Un severo test per tutti: Pogacar, i suoi avversari e gli scalatori puri.

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Djuric nel finale riprende la Lazio, a Monza è 2-2

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Il campo dice che a livello di occasioni, a recriminare è il Monza. A livello di classifica, la Lazio. Finisce con due gol per parte la sfida dello U-Power Stadium, con il gol di Djuric nel finale che rischia di pesare non poco sullo slancio della Lazio verso la zona Champions. Biancocelesti avanti due volte e riagguantati dai brianzoli, che partono bene con una girata di Djuric a incrociare sul secondo palo ma fuori per centimetri. Dalla distanza è anche il tiro di Kamada al minuto 11: Di Gregorio ha il riflesso pronto per metterci una mano e respingere sulla traversa il tiro, sporcato da una deviazione. Ma Immobile è lì a due passi per segnare lo 0-1 e consegnare al capitano biancoceleste la rete numero 201 in A, a quasi tre mesi e 9 partite dall’ultimo centro in campionato. Il trend sembra confermare quanto ha raccontato la storia recente di Serie A.

Perché sono periodi contrapposti quelli da cui provenivano alla vigilia Palladino e Tudor, compagni di squadra in B con la Juventus: mai il Monza, nella gestione dell’allenatore campano, aveva vissuto una parentesi di 5 partite senza vittorie. Le stesse che la Lazio ha abbinato invece a 4 vittorie dall’arrivo del mister croato. Nel primo tempo non si gioca ad alto ritmo, ma la manovra è comunque piacevole. Siedono inizialmente in panchina gli ex di turno, Rovella e Akpa Akpro, con il Monza che in fase di rifinitura si trova anche senza Maldini.

Tra i biancocelesti la mossa a sorpresa è Zaccagni a sinistra (poi ammonito e sostituito alla mezzora). È da quella parte che affonda Pessina strappa, complice la scivolata di Kamada, quando poi Colpani alza per Valentin Carboni un assist sprecato malamente di testa. Vicinissimo al pari ci va anche Bondo, proprio su assist di Carboni, dopo anche un tiro di Pessina. Colpani va di doppio slalom a inizio ripresa su Patric e Mandas, ma si vede poi stoppare il tiro dal rientro del portiere. Palladino cambia uomini e posizioni, Pessina in tuffo di testa chiama Mandas al miracolo, ma Djuric da due passi fa 1-1. Prima del finale, il patatrac dei brianzoli: Donati appoggia dietro un destro debole, Akpa scivola e Vecino si avventa sul pallone per battere Di Gregorio in uscita. Si rivede Caprari dopo 7 mesi di stop per la rottura del crociato, poi Pessina in pieno recupero crossa dalla sinistra con il goniometro per la testa di Djuric, che fa 2-2. Il Monza salva una partita che non avrebbe meritato di perdere, la Lazio perde tre punti che l’avrebbero potuta proiettare verso l’Europa che conta.

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