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Cronache

Formiche in ospedale a Napoli, l’Asl presenta un esposto ai carabinieri

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Il direttore generale della Asl Napoli 1 Centro, Mario Forlenza, ha presentato ai carabinieri del Nas un esposto relativo alla chiusura temporanea del pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli per la presenza di formiche lo scorso 19 dicembre. Forlenza chiede che “siano effettuate le tutte le opportune verifiche e indagini circa quanto accaduto”. La vicenda, secondo Forlenza, “va approfondita perche’, dopo l’episodio della paziente coperta da formiche del 10 novembre, fu dato mandato al Dipartimento di Prevenzione di assumere ogni utile iniziativa d’intesa con il direttore sanitario del Presidio ospedaliero San Giovanni Bosco per avviare interventi di radicale disinfestazione e bonifica dei locali, e alla struttura tecnico-manutentiva un’urgente manutenzione ordinaria con interventi da effettuarsi nei reparti di degenza secondo un preciso cronoprogramma. Siccome tali interventi sono stati fatti per quasi tutti i reparti, risulterebbe strano che, nonostante gli interventi di disinfestazione e bonifica, la problematica si sia ripetuta”. Vanno dunque, aggiunge, “bene accertate le modalita’, la tempistica e le responsabilita’ con cui si e’ proceduto alla chiusura temporanea del Pronto soccorso e se cio’ sia stato fatto nel rispetto delle normative le quali prevedono che l’interdizione di una struttura di un presidio ospedaliero, sia essa una stanza, un reparto, un’intera ala del presidio, e’ di esclusiva competenza della Direzione sanitaria presidiale che si assume la totale responsabilita’ dell’iniziativa, e tale procedura puo’ anche essere intrapresa anche su indicazione del personale afferente allo stesso presidio”. Tale “accertamento – spiega il top manager – e’ fondamentale perche’ quello che ha fatto notizia con ampia eco mediatica e’ stato il fatto che si sia chiuso, ancorche’ temporaneamente, il Pronto soccorso. Pertanto il provvedimento di interdizione di una qualsivoglia struttura di un Presidio ospedaliero da parte di altri, non all’uopo delegati, dovrebbe ritenersi sicuramente un atto illegittimo”. Infine, “e’ noto che da anni al San Giovanni Bosco non e’ stata fatta alcuna manutenzione straordinaria ed e’ per tale motivo che la Asl ha richiesto al ministero della Salute, tramite la Regione Campania, fondi per circa 7,8 milioni di euro per una manutenzione straordinaria sia esterna che interna. Dalla richiesta, pero’, sono passati ben 8 mesi senza alcun riscontro”, conclude.

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A Ischia bimbo di 7 mesi trovato morto nella culla

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Sgomento e dolore ad Ischia per la morte di un bimbo di appena sette mesi, avvenuta ieri in tarda serata. Il piccolo Filippo è stato trovato esanime dalla mamma nella culla ed è stato subito dopo trasportato all’ospedale Rizzoli dove i sanitari hanno provato a rianimarlo più volte senza riuscirci. Alla fine ai medici non è rimasto altro da fare che dichiarare il decesso del bimbo la cui salma è stata poi trasferita nella camera mortuaria del nosocomio isolano. I carabinieri, intervenuti a seguito della segnalazione del decesso, hanno informato della vicenda il pubblico ministero di turno alla Procura di Napoli che, nel primo pomeriggio di oggi, ha disposto la nomina del consulente medico che domani provvederà ad eseguire l’esame autoptico sulla salma del bimbo per fare piena luce sulla morte.

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Costretta a nozze combinate, il Pm: trattata da principessa

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Ha chiesto aiuto per evitare un matrimonio imposto, con un uomo scelto dai suoi genitori, ma quando il suo caso è arrivato sul tavolo del magistrato, questi ha ritenuto che “il fattore culturale” e l’idea di darle una vita da “principessa” avessero spinto l’agire dei familiari e che non vi fosse alcuna costrizione alle nozze. Il gip di Monza ha però ordinato l’imputazione coatta e oggi il padre e la madre di Zain (nome di fantasia), diciottenne pakistana cresciuta a Seregno (Monza), insieme al fratello maggiore dovranno rispondere di tentata induzione a contrarre matrimonio. Zain aveva 13 anni quando sentì parlare per la prima volta delle sue future nozze con un cugino scelto dalla famiglia. Lei voleva studiare, scegliere la sua professione, e soprattutto vivere un amore vero, libero.

“Potrai fare ciò che vorrai, continuare gli studi, ma solo se sposerai lui”, le hanno detto i genitori. Con il passare degli anni la giovanissima ha vissuto con la paura nell’anima, sentendosi braccata e finendo per farsi del maie da sola. I segni del suo malessere, visibili sul suo corpo, sono stati notati dagli insegnanti della scuola superiore che frequentava che hanno allertato i servizi sociali. Nonostante ciò, il piano della sua famiglia, supportata anche da un’intera comunità nella quale Zain non aveva alcun punto di riferimento che la spalleggiasse, è proseguito fino a poco prima che diventasse maggiorenne. Quando a casa sua è arrivato il suo abito da sposa, la giovane ha compreso di non avere scampo.

“Io non sarei riuscita a sottrarmi, avevo tutti contro”, ha raccontato agli assistenti sociali e al suo avvocato, per chiedere di essere trasferita in una comunità protetta e dando il via all’inchiesta sui suoi familiari. All’esito delle indagini, il pm di Monza Alessio Rinaldi ha però deciso di archiviare il caso, spiegando che “la scelta della famiglia di organizzare il suo matrimonio” non fosse “mai stata caratterizzata da metodi costrittivi o minatori”, nonostante la ragazza abbia “sempre sentito le scelte familiari frutto della loro appartenenza culturale come lesive della sua libertà”, perché dai suoi racconti sarebbe invece emerso che i suoi genitori volessero “trattarla come una ‘principessa’ e darle un futuro migliore”.

Il gip di Monza ha invece respinto la richiesta di archiviazione e disposto per i familiari della ragazza l’imputazione coatta. “Sono contenta che il giudice abbia manifestato sensibilità per questi temi – ha detto il suo avvocato Lucilla Tassi – lei ora è in una località protetta, dopo aver ricevuto ampio sostegno dai servizi sociali, ora si merita il futuro che desidera”. Ora Zain continua a studiare, lontana da una famiglia che non desidera più rivedere, libera.

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Rischio Fentanyl in Italia, ai poliziotti l’antidoto

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E’ stato trovato in una dose di eroina a Perugia. In una farmacia abusiva a Gioia Tauro. Nella disponibilità di un trafficante arrestato a Piacenza. Nel 2023 in quattro corpi sottoposti ad autopsia: solo in uno come causa principale del decesso. Tracce limitate per ora. Di rilevanza apparentemente modesta se si confronta la situazione dell’Italia con quella degli Stati Uniti, dove il Fentanyl è una vera e propria piaga sociale che lo scorso anno ha fatto più di 100mila morti. Ma il governo intende prestare la massima attenzione ai rischi di diffusione dell’oppiaceo sintetico 80 volte più potente della morfina. Con un impegno sinergico di intelligence, forze di polizia, magistratura e diversi ministeri, come ha spiegato oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi insieme al vicepremier Antonio Tajani. Ed ai poliziotti che intervengono su questo fronte si stanno assegnando spray al Naloxone, farmaco che blocca gli effetti del Fentanyl.

La presidenza italiana del G7 ha promosso una dichiarazione congiunta sul contrasto al potente analgesico. Un focus è stato dedicato nella riunione del 7 ministri degli Esteri ed in quella della Giustizia. “Abbiamo stabilito – ha informato Tajani – una collaborazione operativa contro la produzione e la diffusione. Stiamo lavorando anche con gli Usa ci sono state più di una riunione con Blinken che ringrazia l’Italia per il suo impegno. E il tema sarà al centro dei miei incontri con i Paesi asiatici”. Sul fronte interno è attivo un Piano nazionale di prevenzione che coinvolge tutte le amministrazioni interessate. E’ il dark web, in particolare, la porta d’ingresso del Fentanyl in Italia. Il traffico, ha spiegato Mantovano, passa “su siti cinesi soprattutto, con pagamenti in criptovalute che significa non tracciabilità e ciò rende le indagini difficili e complesse”.

La Procura nazionale antimafia, ha proseguito il sottosegretario, “ha costituito un gruppo di lavoro composto da alcuni procuratori distrettuali per elaborare protocolli d’intervento. Sono state sensibilizzate tutte le procure, anche quelle ordinarie”. E visto che la sostanza comincia a circolare, ha fatto sapere, “il ministero dell’Interno e della Salute stanno lavorando per dotare il personale delle forze di polizia che opera in questo ambito di flaconi di Naloxone, uno spray nasale che fa da antidoto, per far sì che quando un agente effettua un intervento che fa emergere il Fentanyl non siano colpiti”. Ma l’attenzione del governo non è dedicata solo al Fentanyl.

A giugno, ha informato Mantovano, il Dipartimento per le politiche antidroga “produrrà spot che descriveranno gli effetti reali di cannabis, eroina, cocaina. Nel 2025, poi, “organizzeremo la Conferenza nazionale sulle dipendenze. La precedente è stata nel 2021, ma in modalità Covid. Sarà l’occasione di un aggiornamento dello stato delle dipendenze in Italia, non soltanto da stupefacenti, ma anche da alcol, fumo, gioco d’azzardo, prodotti web. Vogliamo un confronto libero che permetta di conseguire i risultati che ci siamo posti in termini di prevenzione e recupero”.

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