Collegati con noi

In Evidenza

Da cellule a olio, AstroSam al lavoro sul futuro

Pubblicato

del

Cellule sotto stress e l’olio d’oliva sotto esame per vedere se potra’ diventare un ingrediente irrinunciabile nella dieta degli astronauti, ovuli bovini esposti alle radiazioni e i segreti per suturare le ferite in microgravita’: Samantha Cristoforetti sta lavorando a pieno ritmo agli esperimenti della missione Minerva, in attesa che nel fine settimana arrivi la navetta Starliner nel suo test senza equipaggio e poi un cargo pieno di materiali scientifici. Con un pensiero lontano alla Luna: “ci sono accordi per avere astronauti europei per le missioni in orbita cislunare nella seconda meta’ di questo decennio, potrebbero esserci opportunita’ anche per me”, ha detto l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa)nel collegamento organizzato da Esa e Agenzia Spaziale Italiana (Asi). Nella stessa occasione AstroSamantha ha annunciato che “si chiamera’ ‘Iride’ la futura costellazione italiana per l’osservazione della Terra”.Il nome lo ha selezionato con i colleghi Luca Parmitano e Roberto Vittori, fra le 1.061 proposte presentate da 638 scuole nel concorso ‘Spazio alle Idee’, indetto dai ministeri dell’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale e dell’Istruzione e dall’Asi. La proposta vincitrice arriva dalle province di Alessandria, Messina, Piacenza e Varese. “Vogliamo continuare l’innovazione, sostenere la ricerca e soprattutto creare preziose opportunita’ lavorative in questo ambito”, ha detto a proposito del concorso il ministro per l’Innovazione e la Transizione digitale, Vittorio Colao. Per il ministro per l’Istruzione, Patrizio Bianchi, il nome da’ “identita’ ad un risultato enorme della ricerca europea e in particolare italiana” e il presidente dell’Asi, Giorgio Saccoccia, vede nello spazio la “punta di diamante per il nostro Paese”. In programma per i prossimi cinque anni, la costellazione guarda al futuro come gli esperimenti che l’astronauta sta conducendo sulla Iss. “Sono cominciate le prime sessioni degli esperimenti e siamo stati impegnati in attivita’ di manutenzione, abbiamo avuto qualche problema tecnico alla toilette di bordo, ma lo abbiamo risolto, e per il fine settimana aspettiamo il volo di prova senza equipaggio della Starliner”. Ma soprattutto, aggiunto, siamo in attesa dell’arrivo del cargo, con moltissime attivita’ scientifiche”. Fra quelle della missione Minerva, intanto, l’esperimento Prometeo (Asi-Esa), progettato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), punta a studiare la protezione degli ossidanti delle cellule, in particolare quelle nervose; Ovospace (Asi-Nasa) dell’Universita’ Sapienza di Roma, studia l’impatto dell’ambiente spaziale sul sistema riproduttivo femminile, utilizzando ovociti bovini; l’obiettivo di Evo in Space (Asi-Esa) e’ studiare l’impatto della microgravita’ sulle proprieta’ dell’olio extravergine d’oliva italiano, lo ha progettato il Crea con Unaprol, Coldiretti, Telespazio e Eat Freedom. E’ invece attivo dal 2019 Acoustic Diagnostics (Asi-Esa) sui danni all’udito, progettato da Universita’ di Roma Tor Vergata con Altec, Campus Biomedico, universita’ Sapienza, Inail e Cnr. E’ attivo da tempo anche il rivelatore di particelle Lidal (Asi-Nasa), dell’Universita’ di Tor Vergata con l’Infn, cosi’ come NutrIss (Asi-Esa), della Kayser Italia, per cercare la dieta ottimale per gli astronauti. Suture in Space (Esa) e’ ideato dall’Universita’ di Firenze per studiare come si rimarginano le ferite in microgravita’ e Pasta (Esa) e’ infine il test di Universita’ di Parma e Cnr per studiare i processi che controllano le emulsioni nello spazio, utili per future applicazioni industriali.

Advertisement

Cronache

L’Intelligenza artificiale non batterà mai un napoletano: VIDEO dal generale Luca Goretti, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare

Pubblicato

del

“Una cosa è certa: l’intelligenza artificiale non riuscirà mai a battere un napoletano. Il giorno cui la AI riuscirà a fregare un napoletano quando a sua volta vi frega consegnandovi una radio che invece è un mattone: in quel caso è meglio andare a casa ma resto convinto che non ci sarà mai una intelligenza artificiale in grado di fare una cosa del genere”. E’ la battuta detta con un sorriso dal generale Luca Goretti, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare nel corso di un evento a Roma, il 9 maggio scorso.

Ecco il video diventa virale sul web.

Continua a leggere

In Evidenza

L’importanza della relazione medico-paziente nell’ipertensione polmonare, un evento al Monaldi di Napoli

Pubblicato

del

Il rapporto tra medico e paziente non è solo professionale: tra chi soffre di una patologia e chi lo aiuta a curarsi si instaura una relazione emotivamente delicatissima. Ed è proprio l’incontro tra il medico e il paziente l’oggetto della iniziativa organizzata dall’Associazione Malati di Ipertensione polmonare in programma sabato prossimo, 18 maggio, dalle 9 e 30 alle 17, presso l’Aula Magna dell’Ospedale Monaldi di Napoli. Per quel che riguarda l’incontro medico-paziente, saranno presenti il dottor Michele D’Alto, il dottor Emanuele Romeo e la dottoressa Paola Argiento. 

È previsto un intervento in videocollegamento di Vincenzo Salemme e alle 12 un momento musicale, con il concerto “Passione”: la voce narrante di Maurizio De Giovanni, Marco Zurzolo al sax, Maria Rita Canfora voce, Roberto Ziaco alle tastiere e Umberto Lepore al basso. 

“L’ipertensione arteriosa polmonare”, spiega Michele D’Alto, “è una malattia rara. Coinvolge 50-60 persone su un milione. In Italia, quindi, ci sono 3500 persone affette (in Europa circa 30.000). Il nostro centro, quello del Monaldi di Napoli, è attivo dal 2006 e segue oltre 300 pazienti con ipertensione arteriosa polmonare. È uno dei primi dieci in Europa, costituito da un team multidisciplinare (cardiologi, pneumologi, internisti, reumatologi, radiologi, chirurghi, infermieri specializzati, psicologi, assistenti sociali)”. 

Sul rapporto tra medico e paziente, il dottor D’Alto ha una visione a 360 gradi: “I pazienti con ipertensione arteriosa polmonare”, dice, “soffrono di un ritardo diagnostico inaccettabile: passano circa due anni dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi definitiva. Sono soggetti a quella che chiamiamo ‘sindrome di Ulisse’: girano molti ospedali e specialisti finché qualcuno non sospetta la malattia e ce lo invia. Andrebbe potenziata la conoscenza della malattia e la rete. Quando arrivano da noi, sono spesso stremati, sfiduciati, disorientati. Cercano medici che conoscono la loro malattia, ma forse cercano ancora di più qualcuno che li accolga, un approdo per le loro sofferenze. Dobbiamo poterglielo offrire”.

Il racconto dal campo, quello di D’Alto, emoziona e colpisce per la sua umanità: “Quello che noi osserviamo in ambulatorio, quando visitiamo i pazienti, è solo la punta dell’iceberg. ‘È migliorato il BNP, le resistenze polmonari sono stabili, l’eco… va un po’ meglio.’, diciamo, ma il paziente ti guarda stranito, anzi a volte non lo fa, abbassa lo sguardo e ti pone delle domande concrete: ‘Quanto vivrò? Come vivrò? Potrò avere un figlio?  Potrò fare un viaggio? E prendere l’aereo? Se sto male a chi devo rivolgermi?’ O più semplicemente ci confessa di avere paura di morire!”.

A questo punto il medico sveste metaforicamente il camice: “Allora resetti tutto”, aggiunge D’Alto, “capisci che hai davanti una persona vera, in carne e ossa, non una malattia. Solo una persona che per caso, per sfortuna, ha una malattia. Potrebbe essere tua madre, tua figlia, o forse tu stesso. Ti viene voglia di abbracciarlo. Spesso non resisto all’impulso e lo faccio”.

“Da ultimo, il paziente con una malattia cronica come l’ipertensione arteriosa polmonare ha spesso un problema occupazionale: non si inserisce nel mondo del lavoro o perde il lavoro, per le troppe assenze, i troppi permessi per malattie. Non è né tanto malato da aver diritto a un sussidio, una pensione, né così sano da poter lavorare. Questo è un importante problema sociale. Oltre a consentirgli di guadagnare, il lavoro la farebbe sentire utile, realizzato, “uguale” agli altri. Gli farebbe bene come un farmaco appropriato. O forse di più”.

Continua a leggere

In Evidenza

Al Pascale dimessi dopo 24 ore pazienti operati con nuovo robot

Pubblicato

del

Otto interventi in 4 giorni, il primo martedì scorso, l’ultimo ieri, quattro alla prostata, altri quattro al rene. I pazienti stanno tutti bene, i primi due sono stati dimessi il giorno dopo e così via di seguito con tutti gli altri e da stamattina, dopo le dimissioni degli ultimi due, operati ieri, sono tutti a casa. E’ quanto è accaduto ai primi otto pazienti trattati all’istituto tumori Pascale di Napoli dall’equipe di Sisto Perdonà che, primi in Italia, si legge in una nota, sono stati operati con il robot da Vinci single port.

“Tale tecnica riduce significativamente il dolore post-operatorio e accelera il recupero, grazie alle incisioni limitate e alla precisione del robot. Questo non solo migliora l’esperienza del paziente, ma ottimizza anche l’uso delle risorse ospedaliere, contribuendo a un sistema sanitario più efficiente”, si spiega. “E’ con grande orgoglio che condivido i risultati dei primi 8 pazienti operati con il robot da Vinci Single Port – dice Sisto Perdonà, direttore dell’Unità di Urologia – presso il nostro Istituto Nazionale Tumori di Napoli.

Questi risultati testimoniano l’impegno e la competenza dell’intera equipe medica nel portare avanti le frontiere della chirurgia oncologica. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di offrire ai pazienti le migliori opzioni di trattamento, e il robot da Vinci Single Port ci consente di fare proprio questo, garantendo procedure più precise, meno invasive e tempi di recupero più rapidi. Siamo entusiasti dei progressi finora raggiunti e motivati a continuare a lavorare per migliorare ulteriormente la qualità della cura che offriamo ai nostri pazienti”. Il nuovo dispositivo va a completare la quarta generazione da Vinci, che include i sistemi robotici Multiport X e XI, offrendo al chirurgo l’opportunità di trattare un maggior numero di pazienti, con un approccio più appropriato in base alle caratteristiche personali e riducendo i processi infiammatori derivanti dalle incisioni chirurgiche.

“Questa tecnologia – dice il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi – sta rivoluzionando il modo in cui affrontiamo le procedure chirurgiche, rendendole più precise, meno invasive e con tempi di recupero più rapidi per i pazienti. È un grande passo avanti nella lotta contro il cancro e nella cura dei pazienti. Complimenti all’equipe medica, agli anestesisti e a tutto il personale della sala operatoria, per questo straordinario inizio che getta le basi per un futuro promettente non solo nel campo dell’urologia, ma in tutte le branche della chirurgia. Per interventi del genere la tecnologia non basta se non c’è dietro un grande gioco di squadra”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto