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Tuyo, la sigla di Rodrigo Amarante per la serie di Netflix “Narcos” riveduta e scorretta dalla band degli ‘A67

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La musica è l’unica lingua capace di parlare a chiunque, in qualunque parte del mondo. Un linguaggio universale che crea sinergie magiche e inaspettabili, com’è successo con Tuyo, la sigla di Narcos. La famosa serie Netflix che ha raccontato l’epopea criminale di Pablo Escobar e del cartello di Cali e che ora, con la quarta stagione – appena uscita – svela il narcotraffico messicano. La canzone scritta dal cantautore brasiliano, Rodrigo Amarante, è diventata virale ed è stata rifatta e remixata da centinaia di artisti in tutto il mondo. E in Italia non poteva trovare terreno musicale più fertile di quello napoletano, con gli ‘A67 che l’hanno riadattata nella propria lingua madre, il napoletano. Cover che vanta la produzione artistica di Massimo D’Ambra. “Ci siamo innamorati della serie – spiegano i ragazzi della band di Scampia – e della sua colonna sonora. Un brano che per passione e atmosfera poteva essere una canzone napoletana, da qui l’idea di cantarla nella nostra lingua”. Non a caso Tuyo ha gli stessi accordi di un famosissimo classico napoletano, Passione. Il destino ha voluto che durante le registrazioni il cantante della band, il frontman Daniele Sanzone, conoscesse personalmente Rodrigo Amarante, che ha apprezzato la versione napoletana di Tuyo, e con cui è nato un grande feeling. Chissà, domani potrebbe anche venirne fuori un sodalizio artistico, anche temporaneo,  tra Amarante e la band napoletana che ha un sangue misto nelle vene: fa musica che è puro power rock napoletano, ricco di passione, vertigini artistiche e mille declinazioni culturali. D’altrone se nasci a Napoli e ancor di più a Scampia, nelle vene scorre lava non sangue.

La Band napoletana. L’ultimo successo degli A67 è Tuyo, remake di un successo di Rodrigo Amarante

Il video in bianco e nero della canzone, regia di Andrea Ranalli, è stato girato all’interno della vela rossa di Scampia. “Ci piaceva l’idea – continua la band – di portare un po’ di poesia in un luogo diventato simbolo di degrado e criminalità. Provare a raccontare, con le immagini, la normalità di chi vive il nostro quartiere”. Il nuovo disco della band di Scampia vedrà la luce l’anno nuovo. Album anticipato dal singolo, Il Male Minore feat. Caparezza, prodotto da Gigi Canu dei Planet Funk. Un brano “melodicamente scorretto e politicamente ballabile”, come l’hanno definito. Con Tuyo invece, gli ‘A67 intrecciano e uniscono idealmente Medellin, Napoli e Rio De Janero. Pablo Escobar era ossessionato da Napoli, se ne innamorò dopo averla visitata alla fine degli anni ’70, al punto da chiamare il suo quartier generale, “Hacienda Napoles” (Tenuta Napoli). E anche l’autore di Tuyo ama Napoli, come ha confessato al cantante della band. “Quando sono a Napoli sento il senso di umanità nei modi, nella parlata, nel cibo.” Perché come dice lo scrittore noir, Maurizio de Giovanni, “Napoli è una città sudamericana innestata in Italia, perché è più simile a Rio de Janeiro o a Buenos Aires che non alle città del nord Italia.” E da oggi grazie alla versione napoletana di Tuyo degli ‘A67, queste città saranno ancora più vicine. Perchè Napoli anche se ha basi americane che ancora la occupano, è la città meno americana e meno occidentale dell’Occidente.

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Sinner salta Roma, è ‘triste’ ma guarda al Roland Garros

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Jannik Sinner non parteciperà agli Internazionali d’Italia a Roma. Il dolore all’anca è ancora troppo forte ma pesa anche il timore di compromettere tutta la stagione. “Non è facile scrivere questo messaggio ma dopo aver parlato di nuovo con i medici e gli specialisti dei miei problemi all’anca devo annunciare che purtroppo non potrò giocare a Roma”, scrive il campione azzurro spiegando che sarà comunque presente al Foro Italico. “Ovviamente sono molto triste di non aver recuperato, essendo uno dei miei tornei preferiti in assoluto. Non vedevo l’ora di tornare e giocare a casa davanti al pubblico italiano. Verrò comunque a Roma per qualche giorno e passerò al Foro Italico. Grazie per i vostri messaggi di supporto che apprezzo tantissimo! Ora lavorerò con la mia squadra e i medici per essere pronto per Roland Garros. A presto, forza”, sottolinea.

Un rammarico per il 22enne di Sesto Pusteria che era atteso a Roma da migliaia di tifosi contagiati dalla Sinner-mania: l’azzurro ha sempre definito gli Internazionali come il torneo di casa; arrivarci da numero 2 del ranking mondiale è una soddisfazione alla quale non avrebbe mai voluto rinunciare. D’altronde, proprio a Montecarlo – subito dopo l’uscita in semifinale con Stefanos Tsitsipas – aveva spiegato che avrebbe partecipato al torneo di Madrid ma soltanto per prepararsi in vista di Roma. Evidente segno che nel calendario di Jannik la tappa italiana ha lo stesso valore di uno Slam. Sarà lo stesso Sinner domenica a rispondere alla domande sul suo forfait. “Sinner l’ho sentito, certamente, dispiace ma sono cose che succedono.

Comunque gli Internazionali saranno da record e questo è dovuto a un momento pazzesco che stiamo vivendo. Abbiamo tanti italiani in gara, faremo il tifo per gli altri”, ha commentato il presidente della Fitp, Angelo Binaghi, che era stato avvertito ieri sera dall’azzurro della probabile rinuncia del n.1 azzurro. La decisione, soffertissima, è stata presa dopo una lunga riflessione con il proprio staff: meglio non mettere sotto sforzo quell’anca ormai troppo dolorante con il rischio di dover poi rinunciare al prosieguo dell’intera stagione.

Nel mirino ora ci sono il Roland Garros e le Olimpiadi. Inoltre – e questo è uno dei temi principali nei prossimi giorni – i problemi all’anca se non curati rapidamente a volte possono divenire cronici e condizionare l’intera carriera di un atleta. Sinner approfitterà di questo periodo per recuperare al meglio e prepararsi in vista di Parigi. Un campione deve anche sapersi gestire. Lo sport portato avanti sempre al limite logora il fisico degli atleti. I tennisti sono sempre più soggetti ad infortuni a causa dei ritmi forsennati imposti dal calendario ed al continuo cambio di superficie e palline. Su quest’ultima questione sempre più spesso gli atleti hanno levato alta una voce di protesta. Anche Carlos Alcaraz – colui che si preannuncia il rivale dell’italiano nel prossimo decennio – sta riscontrando problemi di tenuta fisica. Il dolore all’avambraccio gli impedisce di giocare con scioltezza. Lo spagnolo ha rinunciato a malincuore al torneo di Roma. Il “barone rosso” sta imparando a gestire il proprio corpo, proprio come hanno fatto in passato campioni come Novak Djokovic e Rafa Nadal che si sono confermati nell’elite del tennis fin oltre i 35 anni, superando infortuni che nel corso di una carriera non possono mai essere esclusi.

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Zelensky finisce nella lista dei ricercati di Mosca

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La foto segnaletica è precedente alla guerra, scattata quando indossava ancora camicia e giacca, senza la barba e la mimetica che dal febbraio 2022 sono diventate simbolo del suo ruolo di guida della resistenza ucraina. In una mossa a sorpresa, Volodymyr Zelensky è finito sulla lista dei ‘most wanted’ del ministero dell’Interno russo, dopo che nei suoi confronti è stato aperto un non meglio specificato procedimento penale. Nel database infatti il presidente ucraino, nemico numero uno dello zar Vladimir Putin, è ricercato ai sensi di “un articolo” del codice penale russo. Quale sia resta un mistero, mentre il ministero degli Esteri ucraino ha liquidato la faccenda come l’ennesima “prova della disperazione della macchina statale e della propaganda russa, che non ha altre scuse degne di nota da inventare per attirare l’attenzione”.

Secondo Kiev, l’unico mandato d’arresto “del tutto reale e soggetto a esecuzione in 123 Paesi del mondo” è quello emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin con l’accusa di crimini di guerra. E sui media ucraini corre l’ipotesi che l’inserimento di Zelensky nella lista dei ricercati nasca proprio dal desiderio di vendetta per quel mandato internazionale, uno schiaffo senza precedenti mai digerito dallo zar. Oltre a Zelensky, il ministero dell’Interno russo ha emesso un ordine di arresto anche per l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko e l’ex ministro ad interim della Difesa e attuale rettore dell’Università nazionale di difesa dell’Ucraina, Mikhail Koval. Anche per loro mancano i reati contestati, così come avvenuto in altri ordini di arresto nei mesi scorsi. Dall’inizio dell’invasione, sono diversi infatti i politici e personaggi pubblici stranieri inseriti nella lista nera di Mosca che conta decine di migliaia di voci.

L’anno scorso, i russi hanno dichiarato ricercati l’allora capo delle forze armate Valery Zaluzhny e l’allora comandante delle forze di terra Oleksandr Syrsky, oggi a capo dei militari di Kiev. E proprio a seguito dell’ordine di arresto emesso contro Putin è finito nell’elenco dei ricercati anche Rosario Aitala, il giudice italiano responsabile di quel mandato. A febbraio, è stato aggiunto il nome della premier estone Kaja Kallas insieme a quelli di altri funzionari dei paesi baltici. Per loro la motivazione è stata resa nota ma suona draconiana: “Falsificazione della storia”. Mentre la Russia mischia la guerra con la giustizia interna, lo scontro prosegue in Ucraina, dove il tempo stringe per Zelensky che chiede “decisioni tempestive e adeguate sulla difesa aerea dell’Ucraina, fornitura tempestiva di armi ai nostri soldati”.

Secondo il leader ucraino, “solo questa settimana i terroristi hanno compiuto più di 380 attacchi contro le nostre città e regioni”. Un uomo è morto e cinque persone sono rimaste ferite negli attacchi di Mosca dell’ultima giornata sulla martoriata Kharkiv mentre le forze di Kiev continuano ad attaccare le regioni russe di confine: cinque feriti nell’ultimo raid su Belgorod. Nel frattempo giungono raccapriccianti resoconti delle politiche portate avanti dai russi nei territori del Donbass, dove anche i neonati innocenti sono vittime della guerra: il capo dell’amministrazione militare del Lugansk, Artem Lysogor, ha annunciato che da lunedì prossimo le madri che partoriscono negli ospedali della regione dovranno dimostrare la cittadinanza russa di almeno uno dei genitori del neonato affinché quest’ultimo possa essere dimesso dall’ospedale. Una norma – sottolinea il think tank americano Isw – che rappresenta una palese violazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.

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Esteri

Xi lunedì da Macron a Parigi per blandire l’Ue

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Il presidente cinese Xi Jinping torna in Europa per la prima volta in cinque anni in un tour segnato dalle inedite tappe di Francia, Ungheria e Serbia. La visita avviene quando Pechino preme per evitare che si apra anche un fronte commerciale con l’Ue dopo quello con gli Usa, mentre l’atteggiamento di Bruxelles verso la Cina si sta irrigidendo per i casi di spionaggio, le accuse di campagna di disinformazione, il rafforzamento delle relazioni bilaterali e il sostegno della leadership comunista alla Russia nella guerra all’Ucraina, e il dossier di Taiwan.

La prima tappa sarà a Parigi per i 60 anni di relazioni ufficiali bilaterali. Lunedì incontrerà il presidente Emmanuel Macron e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Assente il cancelliere tedesco Olaf Scholz che, malgrado le pressioni dell’Eliseo per un vertice congiunto, si recherà in Lituania e Lettonia. Nella recente telefonata con il consigliere diplomatico di Macron, Emmanuel Bonne, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha lanciato un appello chiedendo a Parigi di spingere l’Ue “a perseguire una politica positiva e pragmatica verso la Cina” sulla visione comune di “indipendenza e autonomia” (dagli Usa) e di opposizione “a divisione del mondo e scontro tra campi”, nel resoconto dato da Pechino.

“La leadership cinese è abbastanza chiara su ciò che vuole – ha notato Abigael Vasselier, a capo delle relazioni estere di Merics, think tank tedesco focalizzato sulla Cina, in un briefing online -. Pechino non può permettersi di avere sempre più restrizioni sul mercato europeo, ma allo stesso tempo non ha un’offerta per l’Europa in questo momento”.

E la ragione è dovuta “alla vicinanza delle elezioni presidenziali Usa”, ha notato Francois Godement dell’Istitut Montaigne, in un forum dell’Atlantic Council. Xi, in altri termini, ha come priorità l’attività di lobbying contro le indagini anti-sovvenzioni dell’Ue, a partire da quelle sui veicoli elettrici che hanno preso di mira i produttori Byd, Saic e Geely, accusati di non aver fornito informazioni sufficienti. Pechino ha esportato verso l’Ue e-car per 11,5 miliardi di dollari nel 2023, in base alle stime di Rhodium Group, e il varo di dazi sarebbe un duro colpo.

Per altro verso, Xi punterà a stabilizzare le relazioni bilaterali, in una fase di rapporti Usa-Ue molto stretti dopo la guerra di Vladimir Putin all’Ucraina, per evitare una saldatura transatlantica anche sul fronte commerciale. La frustrazione Ue verso Pechino è massima: una delle richieste di lunga data – di Macron e Scholz (che poche fa settimane era a Pechino) – alla Cina era di fare pressione su Putin per chiudere il conflitto contro Kiev.

“A due anni dall’inizio della guerra, gli europei hanno capito che questo non accadrà”, ha notato Vasselier. Anzi, sta avvenendo il contrario: Russia e Cina rafforzano i legami militari anche su Taipei. “Vediamo, per la prima volta, che si esercitano insieme in relazione a Taiwan”, ha detto Avril Haines, a capo del National Intelligence, durante l’audizione di giovedì al Congresso americano. Dopo la Francia, Xi andrà in Serbia (7-8 maggio), dove avrà colloqui con il presidente Aleksandar Vucic.

I due Paesi hanno una lunga amicizia, soprattutto dal 1999, quando la Nato bombardò l’ambasciata della Repubblica popolare a Belgrado, causando tre vittime cinesi. I leader commemoreranno i fatti di 25 anni fa, con prevedibili stoccate a Nato e Occidente.

Il presidente cinese sarà poi a Budapest (8-10 maggio), dove il premier Viktor Orban è al potere da 14 anni con posture sempre più autoritarie. L’Ungheria si divide tra Ue-Nato e legami diplomatici e commerciali con le autocrazie. Orban era l’unico leader Ue al forum Belt and Road Initiative di ottobre 2023: vide Xi e Putin, rafforzando il ruolo dell’Ungheria di ‘gate europeo’ della Repubblica popolare, confermato dal maxi-impianto di batterie per veicoli elettrici da 8 miliardi di dollari del colosso cinese Catl.

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