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Economia

Al Consiglio dei Ministri si parla di Fondi per lo sviluppo dell’agricoltura, le Regioni del Sud insorgono: scippo

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La posta in gioco è il riparto del Fondo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) ma la partita sui criteri di assegnazione interregionale non si giocherà più in casa, nella Conferenza delle Regioni dove non è stata raggiunta l’intesa all’unanimità, ma fuori, in sede di Consiglio dei ministri. Che la palla passi la prossima settimana al Cdm lo ha chiarito il ministro delle Politiche Regionali all’ultimo question time, giovedi’ al Senato, peraltro in risposta al fuoco amico: una interrogazione firmata da un gruppo di 27 senatori M5s. Sette anni fa dopo una discussione accesa, le Regioni avevano concordemente definito il settennato 2014-2020 come l’ultimo di applicazione dei criteri cosiddetti storici, per poi arrivare nel 2021 alla definizione di nuovi criteri, ha spiegato Patuanelli.

Ma alla fine dell’anno scorso si e’ accesa una crisi del settimo anno: molte le riunioni e i tavoli di confronto che tuttavia non hanno portato a una soluzione condivisa da parte di tutte le Regioni, con due blocchi, 15 tra Regioni e Province autonome che hanno promosso la nuova impostazione, e 6 del Centro-Sud contrarie. Il Tavolo di confronto e’ stato aperto, le riunioni si sono succedute ma i tentativi di mediazione non hanno raggiunto l’obiettivo. “La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome ha decretato la mancata intesa giorni fa”, ha precisato Patuanelli a Palazzo Madama. Uno stallo che ora scontenta tutti. E stupisce, secondo quanto apprende l’Ansa, gli stessi tecnici del Mipaaf perche’ si era a un passo da un’intesa con proposta di riparto ibrido: al 90% con vecchi criteri e 10% di nuova impostazione con nuovi criteri, cosiddetti oggettivi. Incassare 90 e perdere 10 sembrava un risultato molto alto, secondo lo stesso ministero che ha cercato la mediazione su criteri misti. Anche nel quantum: si parla, ha spiegato il ministro Patuanelli, di una cifra di 45 milioni in sei Regioni nel totale nel biennio 2021-22, su un importo complessivo del fondo di 3,5 miliardi.

“Credo quindi che occorra anche dare il giusto peso alle cifre” ha commentato. Ora tocca al Cdm, dove peraltro tre quarti dei ministri sono del Nord, sciogliere il nodo Feasr che e’ uno strumento molto importante per tutta l’agricoltura italiana e per rispondere alle istanze del Mezzogiorno. Oggi, in una riunione congiunta, gli assessori regionali all’Agricoltura di Umbria, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia (rispettivamente Roberto Morroni, Francesco Fanelli, Gianluca Gallo, Nicola Caputo, Donato Pentassuglia, Toni Scilla) chiedono che “il governo decida secondo equita’, evitando nuovi scippi che sarebbero deleteri per l’avvenire del motore agricolo dell’Italia” e ribadiscono la necessita’ di non mutare in corso d’opera le regole di riparto dei fondi europei per le politiche di sviluppo rurale. “L’esecutivo – e’ l’appello dei sei assessori al governo Draghi -tuteli territori che, da soli, rappresentano il 60% delle superfici del Programma di sviluppo rurale Psr”. “Alla luce dei ritardi provocati dalle Regioni ritengo sarebbe piu’ corretto – scrive il deputato Dedalo Pignatone (M5S) oggi su Fb – lasciare invariati i criteri per il 2021, modificando solo quelli relativi al 2022” osservando tuttavia che “i contributi sono fondamentali, bisogna difenderli ad ogni costo, ma oltre a questo la Sicilia deve orientarsi verso una nuova visione dell’agricoltura”.

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Alis: transizione ecologica più concreta, Ue miope e dura

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La transizione ecologica deve essere più concreta e meno ideologica, e l’Europa finora “dura e miope” deve aiutare le imprese a crescere e ad essere più competitive non a penalizzarle con regole che alla fine favoriscono i Paesi extra Ue. E’ in sintesi la riflessione che ha trovato convergenza fra i partecipanti all’evento ‘Un caffè a Villa Borghese…la logistica europea al centro degli scenari geopolitici mondiali’ organizzato da Alis, l’associazione logistica dell’intermodalità sostenibile, anche in vista della prossima legislatura europea. Il presidente di Alis, Guido Grimaldi, ha rilevato la strategicità del settore logistico che in Europa dà lavoro a oltre 6 milioni di persone e in Italia a 1,6 milioni.

La stessa associazione è cresciuta negli anni con oltre 2.300 imprese, 82 miliardi di euro di fatturato aggregato e 261.000 lavoratori. Alis punta allo sviluppo dell’intermodalità – sia per i vantaggi economici per imprese e famiglie sia per quelli ambientali con il taglio di emissioni cimalteranti – per la quale, ha ribadito Grimaldi, “occorrono maggiori incentivi pubblici ed auspichiamo pertanto l’aumento della dotazione finanziaria per Sea Modal Shift e Ferrobonus a 100 milioni di euro annui”. Sono necessari poi “interventi per ridurre i costi e i tempi di accesso alle nostre professioni nonché semplificare le relative procedure ed abilitazioni.

C’è infatti l’impegno di spiegare ai giovani “le innumerevoli opportunità lavorative offerte dal comparto”. Il viceministro all’Ambiente e alla sicurezza energetica, Vannia Gava, ha assicurato che “il governo è al fianco delle imprese per la eco transizione, la decarbonizzazione è un punto fermo ma dobbiamo considerare i tempi e la necessaria gradualità per il mondo dell’impresa e la loro riconversione per uno sviluppo sostenibile vero. Dobbiamo tutelare l’ambiente e la salute ma anche l’economia di questo Paese”. Da parte sua il sottosegretario al Lavoro e alle politiche sociali, Claudio Durigon, ha affermato che bisogna “cambiare l’Europa che frena le imprese” e “quello che sarà nell’8 e il 9 giugno sarà un cambiamento, speriamo di spostare questo asse”.

Anche il vice ministro alle Infrastrutture e trasporti Edoardo Rixi si è detto d’accordo che “la commissione europea non sempre ha la sensibilità delle cose, l’abbiamo visto con la tassazione Ets, con la direttiva sui carburanti che il governo italiano è riuscito a bloccare ma che avrebbe creato ulteriori problemi ai nostri operatori”. Rixi auspica “regole omogenee a livello mondiale o almeno tra i paesi che commerciano tra di loro”, “bisogna armonizzare questo processo non creando dei vantaggi competitivi a chi sta fuori dall’Unione europea”.

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Le scorte di gas in Italia sopra al 71%, nell’Ue al 67%

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Le scorte di gas hanno superato il 71% in Italia a 142,16 TWh. Il dato supera in percentuale la media dell’Unione Europea (67,15% a 760,85 TWh) e piazza l’Italia in seconda posizione per scorte di gas. Prima è la Germania (71,10% a 174,954 TWh), mentre la percentuali di riempimento più alte sono di Austria (77,20% a 76,4 TWh) e Ungheria (73,8% a 49,96 TWh). Terza in stoccaggi è l’Olanda (60,53% a 87,18 TWh), mentre la Francia (56% a 72,15 TWh) è quinta dopo l’Austria.

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Saipem si aggiudica tre contratti per 3,7 miliardi dollari

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Saipem

Saipem si è aggiudicata tre nuovi contratti da TotalEnergies Ep Angola Block 20, società controllata da TotalEnergies, per il progetto Kaminho relativo allo sviluppo dei giacimenti petroliferi di Cameia e Golfinho, situati a circa 100 chilometri a largo delle coste dell’Angola. L’ammontare totale dei contratti è di 3,7 miliardi di dollari.

Il primo contratto che si è aggiudicato Saipem riguarda l’ingegneria, l’approvvigionamento, la costruzione, il trasporto e il commissioning del mezzo navale Fpso Kaminho (Floating Production Storage e Offloading). Il secondo contratto comprende l’operation & maintenance dello stesso mezzo Fpso per un periodo di 12 anni con una potenziale estensione di 8 anni. Il terzo contratto prevede l’ingegneria, l’approvvigionamento, la fornitura, la costruzione, l’installazione, il pre commissioning e l’assistenza per il commissioning e la fase di start-up di un pacchetto subsea umbilicals, risers & flowlines, che include circa 30 chilometri di condotte. Le strutture associate saranno fabbricate nello stabilimento locale di Saipem ad Ambriz.

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