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Cronache

Ergastolo per i due americani accusati dell’omicidio del vice brigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega

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Carcere a vita per Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, condannati per l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso con undici coltellate nel luglio del 2019 a Roma. Lo hanno deciso i giudici della prima corte d’Assise di Roma al termine di una camera di consiglio-fiume durata oltre 13 ore. Accolto totalmente l’impianto accusatorio della Procura che aveva sollecitato due ergastoli per i californiani. Alla lettura della sentenza la vedova del militare dell’Arma, Rosa Maria Esilio, e’ scoppiata in lacrime abbracciando i parenti di Cerciello. “E’ stato un lungo e doloroso processo – ha commentato la donna -. Questo non mi riportera’ Mario. Non lo riportera’ in vita, non ci ridara’ la nostra vita insieme. Oggi e’ stata messa la prima pietra per una giustizia nuova. L’integrita’ di Mario e’ stata dimostrata nonostante da morto abbia dovuto subire tante insinuazioni”. Durissimo, invece, il commento della difesa di Elder. “Questa sentenza e’ una vergogna per l’Italia – ha detto l’avvocato Renato Borzone -, con dei giudici che non vogliono vedere quello che e’ accaduto durante le indagini e durante il processo. Non ho mai vista una cosa simile. Abbiamo assistito al solito tandem procura-giudici.Faremo ricorso in appello”. Dal canto suo la difensa di Hjorth ha commentato: “e’ una sentenza che non scalfisce la nostra convinzione che Gabriel sia assolutamente innocente. Leggeremo le motivazioni ma faremo sicuramente appello”. Il processo di primo grado si chiude, quindi, dopo oltre cinquanta udienze. Un processo iniziato proprio a pochi giorni dal primo lockdown e proseguito per l’intero periodo di chiusura totale. Nella requisitoria con cui il pm aveva sollecitato il carcere a vita per i due imputati il rappresentante dell’accusa, Maria Sabina Calabretta, ha affermato che questa vicenda e’ caratterizzata da “fatti gravi” e “grave e’ l’ingiustizia che e’ stata commessa contro un uomo buono, che stava lavorando”. Nel corso della requisitoria il magistrato ha ricostruito, in modo dettagliato, quanto avvenuto quella notte di luglio di due anni fa. Dal tentativo dei due americani di comprare della cocaina a Trastevere, al furto dello zaino del “facilitatore” dei pusher Sergio Brugiatelli da cui e’ nata la “trattativa” sfociata nell’accoltellamento del carabiniere.

Gli accusati. Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale sono i due americani condannati per l’omicidio del vice brigadiere Cerciello

“Tutti ci dicono che Cerciello e Andrea Varriale (in pattuglia quella notte con il vicebrigadiere ndr) – ha puntualizzato il pm – quando incontrano Brugiatelli si comportano in modo professionale e non confidenziale. Possiamo escludere una conoscenza pregressa con lui”. Il pm ha quindi raccontato della “fuga” dei due americani nell’albergo, nella zona Prati, dove alloggiavano da alcuni giorni. Le telefonate intercorse tra loro e Brugiatelli per organizzare la riconsegna del cellulare e dello zaino. I due svolsero anche una sorta di perlustrazione di via Gioacchino Belli, la zona dove sarebbe dovuto avvenire l’incontro, verificando pure la presenza di videocamere. “Non fu legittima difesa, entrambi sono andati all’incontro preparandosi, erano pronti a tutto. Non si sono preoccupati della salute della vittima, sono scappati e hanno nascosto il coltello”, ha dichiarato in aula il pm. Ricostruendo le fasi della drammatica colluttazione, il rappresentante dell’accusa ha spiegato che “i carabinieri si sono qualificati, hanno mostrato il tesserino ed erano in servizio: si sono avvicinati frontalmente, non alle spalle. Cerciello non e’ stato ammazzato con una coltellata ma con undici fendenti in meno di trenta secondi. La vittima non avuto il tempo di elaborare nessuna difesa attiva” e comunque “avrebbe potuto poco anche se fosse stato armato e non lo era”.

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Scontro tra auto, morta una 33enne in viaggio con i due figli

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Ancora un incidente mortale sulle strade bolognesi. Poco prima delle 16, lungo la strada provinciale 61 in località Pian di Lama nel territorio di Monzuno, sull’Appennino bolognese, si è verificato uno scontro frontale tra due autovetture che provenivano da direzioni opposte.

Nel violento impatto è morta una donna di 33 anni, che viaggiava, a bordo di un’utilitaria Honda Jazz insieme ai suoi due figli: una ragazza di 18 anni e un ragazzino di 13 anni che sono stati accompagnati, dal 118, all’Ospedale Maggiore per accertamenti. Sono rimasti feriti, in modo più lieve, gli occupanti dell’altra vettura coinvolta, una Citroen C4. Sul posto, per i rilievi, sono intervenuti i carabinieri che sono al lavoro per ricostruire la dinamica di quanto è accaduto. Ieri, sulla Statale della Futa, aveva perso la vita un motociclista 76enne uscito di strada con il suo mezzo.

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Cronache

Concertone sotto tono, funestato dal maltempo

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Oltre cinquanta artisti, ma i veri protagonisti del Concertone del Primo Maggio a Roma, eccezionalmente al Circo Massimo causa lavori in piazza San Giovanni in vista del Giubileo, sono stati la pioggia, caduta incessantemente fino alla sera, e il fango dell’antica arena. Nonostante i disagi, il pubblico non ha ceduto e con l’inizio delle esibizioni serali, le più attese, ha riempito il Circo Massimo. Chi si aspettava proclami e appelli, è rimasto deluso. Il Concertone non ha avuto grossi scossoni. Persino Morgan ha smussato ogni possibile polemica per essere stato sfumato durante la sua esibizione a favore dei tg. “È stato molto rock. Molto d’avanguardia”. L’unica stoccata sul palco la manda allo Stato, reo di non tutelare abbastanza gli artisti, e poi, dietro le quinte, è la volta di X Factor: “torno ma per distruggere tutto con la bomba atomica.

A Sanremo porterei invece una bomba musicale, perché c’è bisogno di far detonare l’energia musicale”. Il brivido c’è stato alle 15, quando la diretta ha preso il via. O meglio, ha cercato di prendere il via perché un forte acquazzone ha provocato problemi tecnici che hanno costretto a interrompere prima l’esibizione dei Bloom di Giusy Ferreri e poi quella dei Cor Veleno. Venti minuti di silenzio, con Ermal Meta, conduttore con Noemi e BigMama, che chitarra e voce ha improvvisato Hallelluja di Leonard Cohen, riuscendo nell’impresa di far smettere di piovere. Per poco, ma il tempo necessario per risolvere i problemi. BigMama, dal canto suo, ha voluto dedicare il suo monologo ai giovani. “Ci dicono sempre ‘non mollare, non ti arrendere, devi farcela’. Siamo figli di questa generazione che ha paura di non farcela.

Sbagliare non è mai qualcosa di umano, la media deve essere altissima. Invece dovete ricordare che il fallimento è qualcosa di prezioso, ti fa ragionare su quanto credi nel tuo sogno, nella tua forza interiore. Io lo chiamo desiderio di rivalsa, la cosa più bella che ho”. Lo ha detto dal palco del Concertone. “Sbagliare è umano e fallire è prezioso. Sarà la vostra ambizione che muoverà il mondo. Credere nei propri sogni salva”, ha aggiunto. Noemi, invece, ha puntato i riflettori sulla condizione della donna. “Il Primo Maggio deve essere fino in fondo la festa delle lavoratrici e dei lavoratori, per il lavoro, per la giustizia sociale e contro le violenza sulla donne. Le donne sono trattate peggio e pagate meno sul lavoro.

In Italia una donna su due non ha lavoro, molte donne hanno un lavoro precario o povero o costrette al part time. Nel privato lo stipendio è di circa 8mila euro più basso di quello di un uomo. Una donna su cinque lascia il lavoro dopo un figlio. Eppure le donne si laureano di più e con voti più alti”. E poi l’affondo: “In Italia si continua a dire che dovremmo fare più figli, ma non si fa abbastanza per conciliare maternità e lavoro. E solo con l’indipendenza economica le donne possono difendersi dai soprusi e dalle violenze”. Dopo la prima parte, che ha visto esibirsi tra gli altri Malika Ayane, ex-Otago, Motta, Piotta, Leo Gassmann, il concerto è ripreso con l’immancabile Bella Ciao in versione Dance. Per lasciare poi spazio a Negramaro, Rosa Linn, Rose Villain, La Rappresentante di Lista, Achille Lauro. Tra i più attesi Geolier e Ultimo.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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