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Draghi, ‘Erdogan un dittatore, von der Leyen umiliata’

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Non si placa la bufera sul sofagate al palazzo presidenziale di Ankara, con il premier Mario Draghi che in serata ha usato parole durissime contro il leader turco. “Non condivido assolutamente Erdogan, credo che non sia stato un comportamento appropriato. Mi e’ dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dovuto subire”, ha premesso il presidente del Consiglio, per poi aggiungere: “Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono”, ha sottolineato Draghi, “di cui pero’ si ha bisogno, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversita’ di vedute e di visioni della societa’; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio”. In mattinata, dopo il fuoco di fila di accuse, la Turchia era uscita allo scoperto e aveva rimandato al mittente le critiche sul ‘machismo protocollare’ di Erdogan, che agli occhi dell’Europa si sarebbe compiaciuto nel lasciare in disparte von der Leyen, riservando a Charles Michel la poltrona al suo fianco. “Accuse ingiuste. Durante l’incontro e’ stato rispettato il protocollo”. Gli staff di Turchia e Ue “si sono incontrati prima della visita e le loro richieste sono state soddisfatte”, e’ stata la versione del ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. Ma il rimpallo di responsabilita’ continua. Allo staff del cerimoniale, ha insistito Bruxelles, e’ stato negato il sopralluogo definitivo. Come se non bastasse, e’ emerso oggi che al pranzo ufficiale della visita si e’ rischiato un altro clamoroso incidente: il tavolo era apparecchiato per 5 persone su ciascun lato, con due poltrone d’onore di fronte, una per Michel e l’altra per Erdogan, mentre a Von der Leyen era stata riservata una sedia piu’ piccola, alla destra di Michel. Uno sgarbo evitato solo in extremis. Ad accompagnare Michel al tavolo c’erano poi due consiglieri diplomatici, mentre von der Leyen era stata lasciata sola. Un pasticcio anche qui tamponato all’ultimo, aggiungendo una sedia per un membro del suo staff. E persino la foto istituzionale escludeva inizialmente la presidente della Commissione, richiamata alla fine, secondo un documento interno del Consiglio, su “suggerimento” di Michel. “In questa situazione, ci saremmo aspettati che i due ospiti si fossero accordati tra loro”, hanno spiegato all’ANSA fonti governative turche, facendo trapelare l’immagine di leader Ue che sgomitano per apparire al centro della scena. Ma la giustificazione sul rango formalmente superiore di Michel non soddisfa. In termini di protocollo, ha sottolineato il portavoce dell’esecutivo Ue, Eric Mamer, i “presidenti della Commissione e del Consiglio europeo sono trattati nello stesso modo”. Resta in ogni caso il peso simbolico della questione di genere. Nel colloquio con Erdogan, ha sottolineato Bruxelles, von der Leyen ha parlato della Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere, “e dei diritti delle donne”. Le ricostruzioni rendono comunque sempre piu’ scomoda la posizione di Michel, che anche oggi e’ tornato a “deplorare” l’accaduto parlando di “immagine disastrosa”. Ora dopo ora, cresce il fronte che ne invoca le dimissioni. E c’e’ gia’ chi vede una macchia indelebile in vista del rinnovo della sua carica, tra poco piu’ di un anno. In bilico sembra anche l’ambasciatore Ue ad Ankara, il tedesco Nikolaus Meyer-Landrut. Intanto, il caso e’ destinato a finire al Parlamento europeo. Dopo la condanna unanime, dai maggiori gruppi e’ arrivata la richiesta di un dibattito in plenaria per far luce sull’accaduto. “La visita ad Ankara avrebbe dovuto rappresentare un messaggio di fermezza e unita’ dell’approccio dell’Europa alla Turchia. Purtroppo, si e’ tradotta in un simbolo di disunione, poiche’ i presidenti non sono riusciti a stare insieme quando era necessario”, ha attaccato il presidente del Ppe, Manfred Weber. A sollecitare una discussione con von der Leyen e Michel e’ stata anche la presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), Iratxe Garcia Perez, che ha ricordato: “L’unita’ dell’Unione europea e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle donne, sono fondamentali”. Proteste e polemiche, al di la’ di Draghi, infuriano anche in Italia. La condanna dei gruppi parlamentari sul sofagate e’ unanime. E a Montecitorio il Partito Democratico ha manifestato il suo sconcerto lasciando una sedia vuota al centro dell’emiciclo per denunciare quella che Beatrice Lorenzin ha definito “un’offesa a tutte le donne ed all’Unione Europea”.

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Il giorno dopo di Vannacci, Salvini lo blinda

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Roberto Vannacci continua a far parlare di sé. Il segretario leghista Matteo Salvini lo blinda, annunciando che lo avrà al suo fianco a Roma, all’uscita ufficiale del libro ‘Controvento’. Da quando è stata ufficializzata la sua candidatura, il generale è rimasto nell’agone politico. Prima la bagarre sulla giornata scelta per l’annuncio, il 25 aprile, seguita dalla diatriba interna al partito, ancora in corso. Poi le frasi infelici di Vannacci a La Stampa, sulle classi separate per i disabili e quel Benito Mussolini “statista”, che hanno scatenato anche la ferma presa di distanza dei ministri leghisti. Dal canto suo Vannacci ha derubricato tutto a ‘beghe’ nella Lega. “Giorgetti? Diatribe interne al partito che reputo più che legittime ma che non mi interessano. Lasciamo che si esprimano i cittadini, quello conta”, la risposta ad Affari Italiani. Il generale, ormai incensato come candidato indipendente dal Capitano, si aspetta la vera legittimazione alle urne.

“E’ normale che chi ha militato per tanti anni in un partito veda con scetticismo una persona che, dall’oggi al domani, entra a farne parte anche con tanti consensi e ‘viene vista come usurpatrice’, ha affermato sul canale Youtube di Hoara Borselli, ribadendo che alla fine saranno “gli elettori a scrivere il nome sulla scheda a stabilire chi aveva ragione”. Così Vannacci tira dritto attraverso la bufera che ha scosso la Lega e il centrodestra. Tra gli alleati ci sono stati momenti di imbarazzo. Ed è dal palco di Pescara – alla kermesse di FdI ‘snobbata’ da Salvini – che è arrivata una stoccata dalla seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa: “Buon per lui che non ha un bambino portatore di handicap, altrimenti capirebbe di aver detto una sciocchezza”. Forti applausi del pubblico.

Il forzista e vice presidente della Camera Giorgio Mulè ha rincarato la dose: “Il generale Vannacci ha detto una solenne fesseria, per giunta gravemente offensiva”, ha detto Mulè, paragonando le frasi a quelle del partito di estrema destra tedesco Afd sui disabili a scuola, “del tutto sovrapponibili a quelle di Vannacci”. Vannacci non viene risparmiato nemmeno dall’uscente eurodeputata – compagna di lista – Susanna Ceccardi, in totale disaccordo con lui. O dalla Lega del Friuli Venezia Giulia e da quella del Veneto, che si uniscono al coro di chi non “voterà” il candidato scelto da Salvini. Vannacci, così come il segretario, non si curano delle critiche. E guardano a martedì, quando saranno a Roma, l’uno accanto all’altro, per l’uscita del libro di Salvini, “Controvento”. Intanto il generale traccia la linea della sua corsa, contro l’imposizione di “un pensiero unico” e promuovendo il “sogno italiano invece che quello americano”.

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Schlein attacca Meloni: ha perso il contatto con la realtà

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Sarà che l’annuncio non era inaspettato, sarà la vasta eco mediatica del discorso della premier Giorgia Meloni, ma le critiche dell’opposizione alla “discesa in campo” arrivano in tempi record. “La presidente del Consiglio si divide tra palazzo Chigi e la propaganda di TeleMeloni e ha perso il contatto con la realtà”, punta il dito immediatamente la segretaria del Pd Elly Schlein. Meloni l’ha tirata in causa varie volte nel corso dei suoi 73 minuti di intervento alla kermesse di Pescara. Quasi a pregustare una sfida a due sul campo delle europee.

E il leader di Azione, Carlo Calenda, scioglie le riserve e poco dopo annuncia anche la sua corsa per l’Europarlamento, in tandem con Elena Bonetti. Schlein incassa l’affondo ironico della premier sullo scarso supporto del Pd alla sua leadership (“Siccome non sono la segretaria del Pd,sono sicura che il partito mi darà una mano”) e rilancia sui contenuti. Cita “la sanità pubblica e le infinite liste d’attesa che si allungano per i suoi tagli”, i “salari bassi, la precarietà, la sicurezza sul lavoro di fronte a 1041 morti nel 2023” e fotografa una premier “nel paese delle meraviglie” che “seppellisce i problemi sotto un fiume di retorica”. ‘L’Italia è cambiata’, dice lei. Purtroppo sì, ma in peggio”.

Giuseppe Conte, invece rilancia uno degli slogan della premier, “Con Giorgia L’Italia cambia l’Europa” e commenta sarcastico: “Per una volta la premier ha ragione. Le abbiamo lasciato un’Italia che riportava a casa 209 miliardi del Pnrr per infrastrutture, investimenti, sanità. Nemmeno il tempo di arrivare a Bruxelles da premier, ha dato l’ok a un accordo con tagli da 13 miliardi l’anno che colpiranno le tasche degli italiani, i servizi, la sanità, le scuole con un’onda di austerità. Da ‘patriota’ a Re Mida al contrario: quel che tocca distrugge. Fermiamola!”. “Il duo sciagura dell’opposizione, ovvero Schlein e Conte, sente avvicinarsi il momento di un’altra sconfitta e anziché chiedersi perché gli elettori guardano al centrodestra, attaccano Giorgia Meloni”, chiosa il capogruppo dei deputati Fdi Tommaso Foti.

Per Calenda “la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranista, cambiano completamente lo scenario” e impongono di “rispondere a questa sfida mettendosi direttamente in gioco”. “Dopo aver consultato il direttivo del partito, io ed Elena Bonetti abbiamo deciso di accettare la sfida e candidarci insieme in tutte le circoscrizioni”, annuncia. Iv punta il dito con Luciano Nobili (“Carlo Calenda non è un candidato, è un pagliaccio”) postando un video in cui il leader di Azione diceva che non si sarebbe presentato per l’Europarlamento. Interviene anche Matteo Renzi: “Giorgia Meloni chiede di votarla per le Europee ma sa perfettamente che non andrà al Parlamento Europeo. A lei non interessa contare davvero in Europa: le serve contarsi in Italia. Non è una statista, è un’influencer”.

“Chi non vuole il progetto dell’Europa delle piccole patrie di Giorgia Meloni ma una grande Patria Europea vota la rivoluzione degli Stati Uniti d’Europa”, gli fa eco il compagno di viaggio Riccardo Magi (Più Europa). Da Avs, Angelo Bonelli pone una tema di copertura mediatica: “Mentre a noi sono riservati pochi secondi, quando capita, alla presidente del consiglio Giorgia Meloni sono consentite dirette TV anche quando parla da leader di Fratelli d’Italia come oggi, e come già successe alla festa di Atreju: alla faccia della par condicio, questa é TeleMeloni. Reclamiamo un intervento dell’Osce durante tutta la campagna elettorale”.

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Meloni contro Report, per l’Usigrai è “editto albanese”

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“Aiutatemi a mandare a Edi Rama la nostra solidarietà per venire linciati solo per avere tentato di aiutare la nostra nazione”, dice Giorgia Meloni attaccando Report, il programma su Rai3 di Sigfrido Ranucci che è dal giorni al centro di una polemica con il premier albanese. La presidente del consiglio parla dal palco di Fdi di Pescara, spiegando che “addirittura Telemeloni, ce l’avete presente no, Telemeloni? Ha confezionato un servizio sull’Albania in cui si dipingeva come un narcostato”.

Se Ranucci posta subito il suo intervento e replica, Usigrai parla di ”editto albanese”, il presidente Fnsi Vittorio Di Trapani lo difende in nome della libertà di stampa, solidarietà a Report anche dai componenti della Commissione di vigilanza del Pd che scrivono: ”per Meloni ogni voce fuori dalla propaganda di palazzo Chigi è un attacco alla sua leadership. Invece di spiegare agli italiani lo spreco immane di risorse per l’accordo Italia-Albania se la prende con il servizio pubblico”. ”Il presidente Giorgia Meloni dal palco di Fratelli d’Italia a Pescara ha commentato il servizio “(HOT)SPOT albanese di Giorgio Mottola”, scrive Sigfrido Ranucci su Facebook .

”La Meloni – aggiunge – ha invitato a dare solidarietà a Rama. Ma ci sono i sondaggi in Albania che mostrano che il popolo albanese, in percentuali tra il 60% e l’80% crede più a quanto riportato da Report, che alla versione di Rama. Torneremo sul tema questa sera con un servizio che indagherà gli scarsi risultati del decreto Cutro fino ad ora. Con documenti esclusivi racconteremo invece come alcuni esponenti di primo piano del governo abbiano sfruttato a proprio vantaggio i depistaggi sulle ong alla base di alcune inchieste giudiziarie”. ”Altro che difesa dell’informazione di Servizio Pubblico, del giornalismo di inchiesta! Dalle parole che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dedicato oggi da Pescara al programma di approfondimento giornalistico della Rai è chiaro che questo va fermato. Dopo l’editto Bulgaro siamo ora a quello Albanese”.

Lo scrive l’Usigrai in una nota. ”Il governo della sovranità alimentare, del made in italy e del sovranismo, improvvisamente diventa esterofilo quando si tratta di unirsi al linciaggio del giornalismo d’inchiesta e della libertà di stampa. Io invece sto con la libertà di @reportrai3”,scrive il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani su X. Mentre per il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli ”La premier vuole manipolare la realtà attaccando anche il giornalismo d’inchiesta, come nel caso di Report, e dà solidarietà al premier Rama senza rispondere nel merito. Povera democrazia e povera Italia, governata da chi vede il mondo con i paraocchi”.

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