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Pugno di ferro della signora Merkel: 5 giorni di lockdown totale a Pasqua in tutta la Germania

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La situazione in Germania e’ “grave” a causa delle varianti, “siamo in una nuova pandemia, con un virus molto piu’ letale e molto piu’ contagioso”, spiega Angela Merkel che, poco prima delle 3 del mattino, si presenta alla stampa berlinese annunciando il lockdown piu’ duro di sempre, con una serrata di 5 giorni a cavallo di Pasqua. Neanche 5 ore dopo, le associazioni di tutto il paese sono alle prese con linee telefoniche bollenti per capire sostanzialmente una cosa: giovedi’ santo si lavora oppure no? I tedeschi ancora non lo sanno. E il mondo dell’economia va su tutte le furie. Un lunghissimo quanto litigato vertice con i ministri-presidenti dei Laender ha deciso il prolungamento del lockdown fino al 18 aprile, il ricorso al cosiddetto freno di emergenza – come imposto dall’incidenza settimanale oggi di 108 nuovi contagi su 100 mila abitanti – e la chiusura di tutto, supermercati compresi, fra il primo e il 5 aprile. Il sabato, invece, si potra’ fare la spesa. C’e’ anche l’invito esplicito alle chiese di organizzare messe esclusivamente on line: passaggio che ha fatto sollevare il mondo clericale. No, alla Pasqua “non si rinuncia”, la replica della conferenza episcopale, in difesa dell’evento cruciale del cristianesimo. Il clima e’ tesissimo, insomma, nella Germania che lotta con la terza ondata del Covid. Ma d’altronde la situazione nel resto d’Europa non e’ piu’ distesa: nel primo anniversario del lockdown, il Regno Unito si barrica con un testo di legge che prevede, almeno fino a maggio, il divieto dei viaggi fuori dall’isola, in assenza di giustificato motivo. Con multe fino a 5.000 sterline per chi provasse a fare il furbo. A differenza dell’Europa continentale, la Gran Bretagna sembra aver riportato sotto controllo i contagi grazie ad una campagna vaccinale record e prova a blindarsi con inedita durezza contro quelli di ‘importazione’. Prendere provvedimenti severi e’ ineludibile anche secondo la Bundeszkanzlerin, la quale ieri ha sospeso la conferenza con le regioni per circa 7 ore, lamentando un atteggiamento generale troppo lassista. Ridursi a implementare quello che era gia’ stato deciso, di fronte alla crescita esponenziale dei casi, “non puo’ bastare”, e’ sbottata, spostando le trattative su tavoli “ristretti”. Anche rivolgendosi al suo gruppo parlamentare Merkel ha ribadito che “in altri Paesi europei la situazione sanitaria e’ al collasso. Questo vorrei risparmiacelo”. D’altro canto, ha proseguito, la campagna vaccinale ad aprile, con il coinvolgimento dei medici di base, procedera’ piu’ speditamente: “Si vede la luce in fondo al tunnel, e diventera’ via via piu’ chiara”. Al summit si e’ deciso anche che le scuole, fra i nodi della nottata, richiuderanno laddove l’incidenza settimanale dovesse superare la soglia dei 200; mentre diversamente dovranno predisporre la possibilita’ di due test settimanali, a insegnanti e scolari. Lo scontro vero era centrato poi sulle vacanze di Pasqua: dopo il vertice e’ stato ribadito l’invito a non viaggiare. Ma molti hanno rilevato la contraddizione fra il fatto che i tedeschi potranno volare a Maiorca – non piu’ nella lista delle aree a rischio Covid – senza poter andare in vacanza in Germania, dove gli hotel restano chiusi. La serrata del cosiddetto Gruendonnerstag (giovedi’ santo) ha poi provocato le polemiche piu’ accese: il commercio, dopo 100 giorni di lockdown, ha gridato alla “catastrofe” e l’istituto economico IW ha gia’ calcolato 7 miliardi bruciati se dovesse davvero fermarsi tutto. Anche la stampa non ci e’ andata leggera: il lockdown “formato XXL” sarebbe “un atto di disperazione” che dimostra come Merkel e i governatori siano “persi nella loro politica” sul Covid, secondo Handelsblatt. Mentre la Suddeutsche Zeitung ha messo in guardia: “Non si tiene conto dello stato emotivo del paese”. Gli incontri familiari a Pasqua pure non saranno estesi: i contatti non potranno superare le 5 persone, senza considerare i bambini.

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‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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