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Davos, allarme Oxfam: 10 milioni di italiani senza risparmi

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Una crisi economica destinata a lasciare ferite profonde, con oltre mezzo miliardo di persone destinate entro il 2030 alla poverta’, e ad ampliare i divario fra i ‘Paperoni’, che hanno gia’ recuperato le perdite inflitte dalla pandemia, e i poveri che lo sono sempre piu’. E’ la fotografia di Oxfam, che in linea con il clima della Davos Agenda 2021 lancia l’allarme: l’unica via d’uscita da questa crisi, per salvare il sistema economico cosi’ come lo conosciamo, e’ la riduzione delle diseguaglianze. Che passa anche attraverso i sussidi, i sostegni al reddito e all’inclusione sociale. Anche perche’, sottolinea l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), la pandemia ha provocato un impatto sul mercato del lavoro devastante: nel 2020 circa l’8,8 % delle ore lavorate a livello mondiale e’ andato perso pari a una perdita di 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, circa quattro volte superiore al numero di ore lavorate perso durante la crisi finanziaria del 2009. Una fotografia che include a tutto tondo l’Italia, al punto che Oxfam dedica al Paese una specifica sezione intitolata ‘Disuguitalia’, dove un’infermiera dovrebbe lavorare 127 anni per guadagnare quanto un amministratore delegato in un anno. Allo scoppio dell’emergenza pandemica “circa 10 milioni di nostri concittadini piu’ poveri, con un valore medio del risparmio non superiore a 400 euro, non avevano nessun cuscinetto finanziario per resistere autonomamente allo shock pandemico”, si legge nel rapporto della Ong. “Poco piu’ del 40% degli italiani” era in condizioni di poverta’ finanziaria. La Penisola l’Italia presentava un grado elevato di diseguaglianza gia’ prima dello shock pandemico che l’ha colpita tanto duramente: “il top-10% (in termini patrimoniali) della popolazione italiana possedeva oltre sei volte la ricchezza della meta’ piu’ povera della popolazione”. E ancora, da marzo la ricchezza di 36 miliardari italiani e’ aumentata di oltre 45,7 miliardi di euro, pari a 7.500 euro per ognuno dei 6 milioni piu’ poveri dei nostri connazionali. Un motivo – secondo Oxfam – per mantenere misure di inclusione sociale come il discusso reddito di cittadinanza. “Le misure di sostegno pubblico al reddito, al lavoro e alle famiglie emanate nel corso del 2020 dal Governo hanno contribuito ad attenuare gli impatti della crisi e a ridurre moderatamente i divari retributivi e reddituali”, determinando una riduzione dell’1,7% della disuguaglianza dei redditi da lavoro, del 1,1% di quella dei redditi disponibili equivalenti delle famiglie italiane, e attenuando la crescita dell’incidenza della poverta’. Ma e’ l’effetto non di un intervento strutturale, ” ma esclusivamente di misure compensative, che hanno semmai bisogno di essere mantenute fino a un pieno recupero dell’economia”. Nel mondo non va meglio e nemmeno in economie avanzate come gli Usa, dove un guru degli hedge fund come Ray Dalio vede in un “cambiamento rivoluzionario” l’unica soluzione alla crisi drammatica, e alle scosse telluriche che rischiano una “guerra civile”, auspicando una leadership all’altezza di un Franklin Roosevelt. L’Ilo spiega ancora che le massicce perdite di ore lavorate hanno causato una diminuzione dell’8,3% del reddito globale da lavoro, una che perdita corrisponde a 3.700 miliardi di dollari o al 4,4 % del prodotto interno lordo (PIL) globale. Intanto con la ripresa dei valori di Borsa, le fortune dei miliardari del mondo hanno raggiunto i massimi storici: a dicembre la loro ricchezza totale era a 11.950 miliardi di dollari, l’equivalente delle risorse stanziate da tutti i Paesi del G20 per rispondere agli effetti della pandemia. Dall’inizio della pandemia il patrimonio dei primi 10 miliardari del mondo e’ aumentato di 540 miliardi di dollari: risorse sufficienti a garantire un accesso universale al vaccino anti-Covid e assicurare che nessuno cada in poverta’ a causa del virus. Per contro, i piu’ poveri per riprendersi dalle catastrofiche conseguenze economiche della pandemia potrebbero impiegare piu’ di 10 anni. Una situazione esplosiva, che rischia – l’allarme e’ degli stessi veterani di Davos, considerato un tempio del sistema liberale e del libero scambio – di avverare la previsione di un capitalismo che finisce per mangiare se stesso.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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