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Economia

Tridico, la ministra Catalfo quasi raddoppia lo stipendio del presidente Inps

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Lo stipendio del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha ricevuto un sostanzioso aumento di stipendio con effetto retroattivo passando da 62 mila euro l’anno a 150 mila. E’ quanto prevede un decreto interministeriale del 7 agosto del ministero del Lavoro, Nunzia Catalfo, firmato di concerto con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che oggi svela ‘La Repubblica’. Nel decreto, lo stesso stipendio di 150mila euro all’anno è attribuito anche al presidente dell’Inail, 40mila euro all’anno invece sono assegnati ai vicepresidenti dei due Istituti (60mila se hanno deleghe). I consiglieri di amministrazione di Inps e Inail, invece, hanno un emolumento di 23mila euro ciascuno. L’aumento ha effetto retroattivo, “con decorrenza dalla data di nomina del Presidente, del Vice Presidente e dei consiglieri di amministrazione Inps e di Inail”.

Ministro del Lavoro. Nunzia Catalfo ha firmato l’aumento di stipendio del capo dell’Inps

Dalla Lega, a Fratelli d’Italia, fino a Forza Italia. Il centrodestra si trova compatto nell’attaccare e nel chiedere le dimissioni al presidente dell’Inps Pasquale Tridico che – secondo alcuni articoli di stampa – con un decreto interministeriale si sarebbe visto aumentare lo stipendio e assegnare un bonus di circa 100mila euro. “Non bastavano i disastri compiuti durante il lockdown – tuona infatti il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Luca Ciriani – adesso il governo attraverso una decisione del ministro Catalfo ha deciso che il presidente Tridico deve essere addirittura premiato con un aumento di stipendio fino a 150mila euro e addirittura retroattivo”. Una cosa “assurda”, osserva, soprattutto quando “gli italiani continuano a non ricevere la cassa integrazione e le famiglie sono piegate da una crisi che il governo e’ incapace a fronteggiare”. “Ma quello che e’ piu’ grave, secondo quanto emergerebbe da notizie diffuse dalla stampa – spiega -, e’ che questa decisione sarebbe stata presa dallo stesso CdA nel pieno lockdown, proprio quando l’Inps mostrava tutta la sua inadeguatezza”.

Della stessa opinione il capogruppo di Fdi in Commissione Difesa, Salvatore Deidda, che vede nell’aumento di stipendio “una vergogna nei confronti di tutti i lavoratori ed imprenditori onesti, che nonostante la crisi dovuta alla pandemia hanno pagato regolarmente le tasse e anticipato, in alcuni casi, la cassa integrazione ai propri dipendenti”. Mentre per Ylenja Lucaselli, sempre di Fdi, l’aumento di stipendio e’ semplicemente “un insulto agli italiani” da sanare con le dimissioni. “Urlavano onesta’ onesta’ e poi si aumentano in maniera considerevole lo stipendio”, ironizza invece Maurizio Gasparri di Forza Italia ricordando che “da mesi mesi” la gestione di Tridico dell’Inps e’ sotto accusa “per i suoi risultati disastrosi” e che oggi, anziche’ erogare la cig si aumenta lo stipendio. Osvaldo Napoli, del direttivo di Forza Italia alla Camera, chiede invece direttamente al premier Conte “un po’ di pudore” e di far “annullare il premio a Tridico dando cosi’ un bell’esempio agli italiani”. “Mezzo milione di italiani aspetta ancora la cig – denuncia la presidente dei senatori di Fi, Anna Maria Bernini – e lui si triplica lo stipendio con effetto retroattivo. Questa e’ la morale dei predicatori anticasta”, “la nuova frontiera del grillismo al potere: il reddito di arroganza”. “Posizione netta” da parte del Governo e “passo indietro” di Tridico lo chiede anche Maria Rizzotti, vicepresidente dei senatori di Forza Italia. Contro “l’arroganza” di Tridico si scaglia anche la capogruppo della Lega in commissione Lavoro al Senato Tiziana Nisini che chiede anche lo stop all’aumento e le sue dimissioni.

Al fuoco di fila del centrodestra contro Tridico, si aggiungono le voci dei due capigruppo della Lega, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. “E’ inaccettabile che, mentre migliaia di italiani attendono ancora la cassa integrazione, il presidente Tridico si aumenta lo stipendio, pretendendo anche gli arretrati, col benestare dei Cinque Stelle e del ministro Catalfo. Ma con quale coraggio…”, scrive in una nota il presidente dei senatori leghisti chiedendo che non si trattino piu’ “le istituzioni del Paese come cose di proprieta’, mortificando il buonsenso” e le scuse con conseguenti dimissioni “per la sua mossa inopportuna” al presidente dell’Inps. “Il bonus da 100 mila euro a Tridico lascia basiti”, gli fa eco il collega della Camera: “mentre migliaia di italiani aspettano la cassa integrazione, Pd-5S premiano l’incapacita’ del presidente dell’Inps in quota grillina. Per l’operato del tutto insoddisfacente, Tridico si merita la richiesta di immediate dimissioni, altro che premi. Sarebbe interessante chiedere ai lavoratori che da mesi aspettano la cassa dall’Inps – scandisce Molinari – cosa ne pensano. Il 14 agosto la Camera e’ stata convocata d’urgenza per discutere di 600 euro di bonus richiesti da alcuni parlamentari: ora ci aspettiamo la stessa solerzia per dare spiegazioni su 100 mila euro riconosciuti dal governo al presidente Tridico”. Anche Forza Italia non molla la presa. “I lavoratori ancora aspettano la cassa integrazione e il presidente dell’Inps ha invece ben pensato di aumentarsi lo stipendio, oltretutto con effetto retroattivo”, denuncia infatti la vicepresidente azzurra in Senato, Licia Ronzulli. “Dopo la gestione catastrofica dell’ente, a partire dai mancati controlli delle domande per il reddito di cittadinanza – finito addirittura nelle tasche di numerosi malavitosi – per arrivare ai disastri fatti durante l’emergenza Covid, questo nuovo scandalo impone un cambio immediato al vertice dell’Inps”, aggiunge spiegando che “non e’ accettabile che chi, per risparmiare il costo di un caffe’ al giorno, ha voluto il taglio dei parlamentari consenta ai propri amici in posti apicali di raddoppiarsi lo stipendio”. “Quanto sono diventati bravi i grillini a sguazzare nella scatoletta di tonno del potere che volevano aprire”, scrive in una nota un’altra azzurra, Deborah Bergamini. “Invece di occuparsi degli oltre 500mila lavoratori che da maggio sono ancora in attesa di ricevere i sussidi per il Covid, Pasquale Tridico, nominato presidente dell’Inps dal M5S, pensa bene di aumentarsi lo stipendio con effetto retroattivo. Uno schiaffo e un’offesa alla dignita’ di migliaia di lavoratori italiani in difficolta’. Finalmente i grillini gettano la maschera. Dovevano ‘distruggere la casta’, ma nessuno e’ mai stato piu’ casta di loro”, sottolinea. Chiede invece una convocazione urgente alle Camere del ministro del Lavoro per “riferire sull’indegno aumento dello stipendio”, il deputato di Fi Roberto Novelli mentre da Fdi, con il senatore Massimo Ferro si parla di “uno scandalo assoluto di immoralita’”.

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Cronache

Stakanovista 10% italiani, lavora 49 ore a settimana

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In Italia quasi un lavoratore su dieci tra i 20 e i 64 anni nel 2023 ha lavorato in media almeno 49 ore alla settimana, una percentuale superiore a quella media dell’Unione europea (7,1%) e inferiore solo a quella di Grecia, Francia e Cipro. In pratica il 9,6% degli occupati ha lavorato l’equivalente di un giorno in più a settimana, considerando che l’orario standard oscilla tra le 36 e le 40 ore a settimana. All’opposto si trovano le Repubbliche baltiche, con percentuali tra l’1% e il 2%, ma anche i Paesi scandinavi (la Norvegia è al 5,2% e la Finlandia al 5,7%) e la Germania con il 5,4%.

L’immagine di una parte degli italiani insolitamente stakanovista emerge dalle tabelle Eurostat sui lavoratori che fanno orari di lavoro lunghi. Il risultato, si deduce dai numeri, è legato alla consistenza del lavoro autonomo che tradizionalmente è impegnato per un numero di ore maggiore rispetto alla media totale dei lavoratori. Guardando infatti solo a professionisti e partite Iva, a lavorare almeno 49 ore è una percentuale molto più alta, pari al 29,3%. Il dato quindi non è legato tanto all’ampio uso del lavoro straordinario, quanto alla larga diffusione del lavoro autonomo in Italia (ma anche in Grecia), tipologia che spesso ha orari più lunghi di quelli contrattuali, soprattutto in settori come i servizi, le vendite e l’agricoltura.

La controprova sta nel fatto che nel nostro Paese i lavoratori dipendenti che lavorano almeno 49 ore la settimana in media sono il 3,8% del totale dei lavoratori subordinati (3,6% in Ue). Gli autonomi con dipendenti che lavorano con questi orari sono il 46% del totale (41,7% la media Ue). Gli autonomi senza dipendenti che lavorano 49 ore alla settimana sono invece il 27,4% (23,6% in Ue) mentre quelli impegnati in un lavoro di aiuto all’attività familiare che raggiungono le 49 ore sono il 20,1% (14% in Ue). La percentuale degli “stakanovisti” sale se si guarda solo agli uomini con il 12,9% del complesso degli occupati che lavora almeno 49 ore a settimana (9,9% in Ue). Nel complesso le donne che lavorano almeno 49 ore alla settimana sono il 5,1% del totale, comunque sopra la media europea del 3,8%. Tra gli uomini autonomi con dipendenti la percentuale di coloro che raggiunge o supera le 49 ore di lavoro a settimana supera il 50% in Italia (50,8%) e si attesta sul 46,3% in Ue.

Anche tra i dipendenti la percentuale di chi lavora almeno 49 ore alla settimana è più alta tra gli uomini con il 5,1% in Italia a fronte del 5% della media Ue. Tra le donne le autonome con dipendenti lavorano a lungo nel 32,5% dei casi (quasi una su tre) a fronte del 29,6% in Ue. Tra le dipendenti sono invece il 2,3% a fronte del 2,1% in Ue. In Italia lavorano con orari lunghi nel complesso soprattutto i manager (40,5% del totale a fronte del 21,9% in Ue) con una percentuale del 24,4%, molto superiore alla media, anche per i manager dipendenti (14,3% in Ue). Il 10,3% dei professionisti in Italia dichiara di lavorare almeno 49 ore e il 10,9% dei lavoratori dei servizi e delle vendite (6,5% in Ue). Tra i lavoratori dell’agricoltura infine è il 36,3% a lavorare ben oltre lo standard, contro il 27,5% rilevato in media nell’Unione europea.

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Economia

Il clima affonda la produzione di vino in Italia (-23%)

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Piogge frequenti e malattie delle viti fanno crollare la produzione di vino in Italia. Tra agosto 2023 e luglio 2024 l’Unione europea vedrà un calo della produzione annua di vino del 10% (stimata in circa 143 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 2017-18) a causa “delle condizioni meteorologiche avverse”: un dato trainato da una “diminuzione significativa” osservata tanto in Italia (-23%) quanto in Spagna (-21%) nei dodici mesi. A rilevarlo è l’ultimo rapporto sulle prospettive a breve termine per i mercati agricoli dell’Ue pubblicato dalla Commissione europea. Intanto oggi è stato presentato alle associazioni di settore il nuovo avviso Ocm vino ‘Promozione sui mercati dei paesi terzi’.

Il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, mette a disposizione degli operatori 22 milioni di euro a cui vanno aggiunti 71 milioni di euro per bandi regionali e multiregionali per un investimento complessivo che supera i 90 milioni di euro. “L’avevamo detto e l’abbiamo fatto anche prima del previsto”, ha segnalato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Ci stiamo muovendo per una più grande valorizzazione dell’export del vino”. Da subito per il Governo “è stata una priorità”, ha sottolineato. Il rapporto della Commissione Ue sulla produzione attesa a luglio 2024 sottolinea che il settore continua a essere influenzato da numerosi eventi “fuori dal controllo” degli agricoltori, come le crisi climatiche e geopolitiche, che esercitano pressioni in termini di prezzi, domanda e reddito.

Il “calo senza precedenti” che si osserverà in Italia, spiega l’Ue, è “determinato da frequenti piogge nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale, e le conseguenti malattie fungine delle viti”. Visto il crollo della produzione in Spagna e Italia, la Francia tornerà a essere il primo produttore di vino in Ue. Non solo produzione, Bruxelles stima che a diminuire sarà anche il consumo (-1,5%) fino a 96 milioni di ettolitri, in particolare dei vini rossi, dovuto anche al fatto che più giovani preferiscono altri alcolici, soprattutto birre e cocktail. Considerata “l’imprevedibilità degli eventi meteorologici estremi e dei bruschi cambiamenti osservati nell’ultimo anno”, il rapporto mette in guardia sulla necessità di trattare “con cautela” i segnali attuali. Nel 2023-2024 a crollare saranno inoltre i volumi delle esportazioni di circa l’11%, a 28 milioni di ettolitri. Non solo sul vino, le condizioni meteorologiche avverse peseranno anche sulla produzione europea di mele e arance, le esportazioni delle quali diminuiranno drasticamente. Quanto alla produzione di olio d’oliva, la Commissione stima “una leggera ripresa” tra ottobre 2023 e settembre 2024 dopo un raccolto record lo scorso anno. Quanto ai cereali, si prevede che nel 2024/25 la produzione aumenterà fino a circa 278,5 milioni di tonnellate (+ 3% su base annua), principalmente grazie a rese migliori. Le importazioni tra luglio 2023 e giugno 2024 potrebbero rimanere superiori del 17% rispetto alla media quinquennale.

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Economia

Ponte sullo Stretto, dubbi su altezza, ‘ok grandi navi’

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È ormai l’opera più discussa e chiacchierata nella storia d’Italia: il Ponte sullo Stretto di Messina. A esprimere nuovamente le proprie perplessità sul Ponte, rilanciato dal vicepremier e ministro dei Trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini, è Federlogistica, secondo cui sarebbe troppo basso per le grandi navi. L’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, invece rassicura che navi da crociera e portacontainers non avranno problemi a transitare nello Stretto una volta costruito il Ponte. In una intervista il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, ribadisce che un’altezza massima di 65 metri sul livello del mare “impedirebbe” il transito di alcune grandi navi, “alte più di 68 metri”, ed inoltre essendo il Ponte a campata unica, i 65 metri di altezza verrebbero raggiunti solo nella parte più alta, mentre verso le due sponde, il cosiddetto franco navigabile, si ridurrebbe, spiega.

Dal canto suo Ciucci sottolinea che il franco navigabile del ponte sullo Stretto “è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario” e che “questi parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo (International Maritime Organization)”. L’a.d della Stretto di Messina aggiunge poi che la commissione tecnica istituita al Mit ha già effettuato “un esame approfondito del traffico” degli ultimi anni nello Stretto, suddiviso per le diverse imbarcazioni, “dal quale non emergono criticità legate al Ponte”. E sempre Ciucci fa notare che la quasi totalità delle navi portacontainer solca il Mediterraneo dopo avere attraversato il Canale di Suez e, quindi, dopo essere transitate al di sotto dell’Al Salam Bridge, il cui franco navigabile “è inferiore ai 72 metri” che saranno disponibili sullo Stretto di Messina.

E a rassicurare sul Ponte interviene anche Marco Lombardi, amministratore delegato di Proger Spa, società coinvolta nella progettazione dell’opera. “Il Ponte sullo Stretto regge benissimo, è un’opera sicura, innovativa e il via libera arriverà presto”, afferma. Le opposizioni però non si lasciano convincere. “E’ un ponte costosissimo, inutile e fatto male”, scandisce la deputata del Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini, accusando il governo di arrivare a concepire una spesa di 15 miliardi di soldi pubblici “per una follia simile”.

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