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Economia

Reddito di cittadinanza, Conte: stretta su chi rifiuta il lavoro, controlli su chi lo percepisce, stop all’assistenzialismo

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Cambiare il Reddito di cittadinanza per evitare che sia una mera misura assistenziale, peraltro abusata da caterve di criminali abusatori di professione. Ad entrare con forza nella polemica sul Reddito di cittadinanza, riforma bandiera lasciata a metà del M5S è il premier Giuseppe Conte.
“Voglio che una soluzione sia operativa entro sei mesi, il reddito di cittadinanza in questo modo rischia di essere una misura assistenziale senza progettualità” dice Conte che al termine di tre riunioni riservate avute negli ultimi giorni con il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, con il ministro dell’Innovazione digitale, Paola Pisano e con il presidente dell’ Anpal (l’Agenzia nazionale delle politiche attive sul lavoro), Domenico Parisi, ha chiesto correzioni. Paris, peraltro, è l’esperto scelto dal ministero del Lavoro (ai tempi di Luigi di Maio ministro)  che ha lavorato alla riforma e che da mesi denuncia di essere ostacolato nel suo lavoro e di avere le mani bloccate.
Comunque sia ora Conte ha preso in mano il dossier sul reddito di cittadinanza e vuole capire che cosa non sta funzionando nel settore più importante della riforma: le politiche attive sul lavoro. Va bene aiutare chi non ha lavoro, ma è il lavoro che dà dignità non l’assegno di mantenimento. Ecco perchè Conte vuole capire perchè non si è ancora realizzato il famoso “incontro” fra domanda e offerta di impiego, fra aziende e disoccupati. E il premier ha chiesto alla Catalfo e a Parisi di collaborare invece di litigare e ha stigmatizzato che a distanza di un anno e mezzo dall’introduzione del reddito non esista traccia di un sistema unico e nazionale informatico che dovrebbe aiutare i disoccupati a trovare un lavoro e le aziende a trovare le persone che lo cercano.
Eppure sono stati stanziati decine di milioni di euro che non sono stati spesi. L’unica cosa che funziona, si fa per dire, è l’erogazione del reddito di cittadinanza. L’assegno mensile arriva con puntualità a chi ne ha fatto richiesta, anche a chi non ne ha diritto. Ma così come è tutta la riforma rischia essere una misura puramente assistenziale.
E così Conte, alle prese con i progetti per spendere le risorse europee del Recovery Fund, vuole cominciare a dare buoni esempi di buona spesa all’Ue cominciando a correggere misure che comportando spesa pubblica eccessiva e nessuna riforma. Almeno a leggere il pensiero del premier che ultimamente ga nel mirino prima Quota 100 (non verrà confermata dopo i tre anni di vigenza), facendo balenare un un nuovo sistema pensionistico che distingua per la prima volta fra lavori usuranti e non. Sempre Conte ha messo mano alle modifiche che ritiene necessarie al nuovo sistema di gestione degli sbarchi dei migranti. Così il premier abolirà a breve i decreti sicurezza voluti da Salvini. Le nuove norme non  saranno un “entrino tutti” i migranti, ma solo una modulazione diversa di controlli ed espulsioni dei migranti oltre a redistribuzioni di chi deve essere ospitato perchè ha protezione internazionale.  Ma quel che conta di più è che il premier vuole cambiare il sistema complessivo del reddito di cittadinanza, che così com’è “non può più funzionare”.

Reddito di Cittadinanza. Il presidente Inps Tridico e il ministro del Lavoro Catalfo

Conte ha chiesto alla ministra Pisano di formare  una task force che si occupi di progettare e rendere operativa una struttura informatica che metta insieme, in modo che comunichino fra loro, 20 sistemi regionali diversi del mercato del lavoro, con regole diverse che oggi i navigator sono chiamati e rispettare, e che sfoci in un secondo tempo in una app nazionale, in un sistema operativo in grado di funzionare con efficacia e di rendere più difficile, quasi impossibile, rifiutare il lavoro e mantenere il reddito. La norma deve essere: sì al reddito di cittadinanza a chi perde il lavoro e non ha reddito per una vita dignitosa ma stop alla erogazione dell’assegno se cui rifiutano gli impieghi trovati dai navigator.
Andrà sicuramente fatta una gara, cambiare alcune norme della legge che ha introdotto il reddito di cittadinanza, forse anche alcune deleghe, ma  Conte è stato categorico. Il premier vuole ad inizio 2021, al più tardi nella primavera del 2021, non una risposta alle sue perplessità ma un sistema che funzioni, anche introducendo incentivi per le imprese, che dovranno iscriversi al sistema stesso. Insomma occorre che il sistema delle imprese (sono le imprese che creano lavoro) cerchi personale formato attraverso i Centri per l’impiego regionali nel frattempo riformati. Il Governo deve creare la stanza d’incontro tra richiesta di lavoro e necessità di posti di lavoro. Si è  perso un anno e mezzo. Se un’azienda di Napoli cerca un ingegnere biomedico deve sapere che se non  c’è in Campania, questa professionalità può trovarla in Sicilia o nelle Marche o dove c’è. Insomma la questione è anche tecnica. Non s’è fatto nulla in 18 mesi sotto questo punto di vista. E l’iniziativa forte di Conte ha certamente un taglio tecnico ma anche molto politico: all’Anpal sembra sia in corso una guerra fra presidente, Parisi, di nomina governativa e confermata dal presidente della Repubblica e il direttore generale, Paola Nicastro, di nomina ministeriale, sulle competenze.
Altrettanto ruvido appare il rapporto fra la ministra Catalfo e Parisi, con la prima che sta cercando di dirottare alcuni fondi di coesione europei, con un emendamento in Parlamento, direttamente al ministero ma originariamente destinati all’ Anpal. Insomma una guerra burocratica in piena regola con diversi attori, mentre restiamo uno dei pochi Paesi europei che ha un sistema in grado di funzionare sul matching fra offerta e domanda di lavoro .

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Dl Pnrr diventa legge con fiducia, scontro su consultori

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Tra mille polemiche e una maggioranza sempre più lontana dall’opposizione, passa al Senato con 95 sì, 68 no e un astenuto il decreto che contiene misure aggiuntive per l’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il provvedimento, che aveva già ricevuto il via libera dalla Camera il 18 aprile, diventa così legge. Ma lo scontro in Aula è aspro soprattutto su alcune misure come quella che consente alle associazioni Pro-Vita di entrare a pieno titolo nell’ organizzazione dei Consultori. Per le senatrici Valeria Valente (Pd) e Alessandra Maiorino (M5S) si tratta, in realtà, di un “attacco bello e buono” alla legge e di “una mano tesa” agli “antiabortisti”. E questo, incalza Tino Magni (Avs), “nella convinzione patriarcale che le donne non siano capaci di scegliere liberamente, che non siano capaci di autodeterminarsi”.

Ma a far discutere c’è anche la norma che dà lo stipendio a Renato Brunetta – già professore in pensione, ex ministro ed ex parlamentare – da presidente del Cnel. Gli interventi più duri su questo fronte sono quelli di Alessandra Maiorino e di Matteo Renzi, anche se quest’ultimo, alla fine, non vota, così come il leader di Azione, Carlo Calenda. Secondo la senatrice del M5S si tratta di “una ricompensa” data a Brunetta per “aver smontato”, come Cnel, “il reddito di cittadinanza”. Mentre il fondatore di Italia Viva parla direttamente di “marchettificio” visto che con questo decreto non solo “si viola la legge Madia” per garantire lo stipendio al presidente del Cnel “con i soldi dei nostri figli”, “ma si prevedono anche molte assunzioni” che nulla c’entrano con il testo. Il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNNR, Raffaele Fitto, prova in tutti i modi a difendere il decreto in Aula assicurando che si tratta di un testo sul quale “c’è già stato un ampio confronto in Europa”, che contiene “misure” adeguate e che “non toglie 1 euro alla sanità”, ma l’opposizione continua ad attaccare “soprattutto sui tempi” ristrettissimi che al Senato sono stati concessi per esaminare il provvedimento.

Così, mentre la ministra per il Turismo, Daniela Santanché, elogia la “riforma epocale per le guide turistiche” contenuta nel decreto, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, presente al presidio organizzato dalla Cgil davanti a Palazzo Madama contro il provvedimento, accusa direttamente il governo “di un disegno autoritario” contro il quale invita tutti “a scendere in piazza”. Nel Senato, dove nel frattempo si apprende che il 6 maggio arriverà la statua sulla maternità dell’artista Vera Omodeo, che il Comune di Milano aveva rifiutato, il dibattito non si placa fino al momento del voto. Il presidente dell’Udc Antonio De Poli difende la norma sui consultori osservando come non sia “un reato aiutare le donne a scegliere la Vita”, mentre la senatrice del M5S Ketty Damante non ha dubbi: “Il decreto è solo un modo per il governo di provare a nascondere il totale fallimento nella gestione del Piano”. “Stiamo attentissimi quando in futuro l’Ue ci proporrà altre forme di debito – dichiara il leghista Claudio Borghi – perché le sirene hanno già iniziato a suonare e questo lo dico anche agli alleati”.

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Bonus 100 euro in tredicesima per redditi fino 28mila euro

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Un’indennità fino a 100 euro nelle tredicesime dei lavoratori con reddito fino a 28mila euro con moglie e almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio riconosciuto, adottivo o affidato. Lo prevede una nuova bozza del decreto legislativo Irpef-Ires atteso oggi in consiglio dei ministri. Il bonus, si spiega nella bozza della relazione illustrativa, “a causa della limitatezza delle risorse disponibili” sarà corrisposto per il solo 2024 “ai lavoratori che si trovano in condizioni economiche di particolare disagio, anche in considerazione della presenza, nel nucleo familiare, di familiari a carico fiscalmente”.

– Con l’articolo 4 del decreto, che prevede ‘disposizioni in materia di benefici corrisposti in occasione dell’erogazione della tredicesima’, si stabilisce che, “in attesa che sia introdotto un regime fiscale sostitutivo” per i redditi da lavoro dipendente, “per ragioni di semplificazione normativa” si mantiene “l’ordinario regime di tassazione delle tredicesime e prevedendo, nel contempo, la restituzione, sotto forma di indennità, di un importo che non potrà essere superiore a 100 euro, importo corrispondente al maggior prelievo tributario che si verifica rispetto all’applicazione di un’imposta sostitutiva”, si spiega nella bozza della relazione illustrativa.

Per beneficiare dell’indennità il lavoratore deve trovarsi nelle seguenti condizioni: deve possedere un reddito complessivo nell’anno non superiore a 28.000 euro; deve avere un coniuge e almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio riconosciuto, adottivo o affidato, che si trovano nelle condizioni reddituali previste dall’articolo 12, comma 2, del TUIR (reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, limite elevato a 4mila euro per i figli fino a 24 anni); deve avere capienza fiscale con riferimento ai redditi di lavoro dipendente percepiti. L’ammontare dell’indennità andrà definita con un decreto del ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 15 novembre 2024, sulla base delle maggiori entrate erariali derivanti dall’attuazione del concordato preventivo biennale delle Partite Iva.

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Rfi, accordo quadro da 390 milioni per lavori riqualificazione

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Abbattimento delle barriere architettoniche, interventi di manutenzione dei sottopassi già esistenti, inserimento di nuovi ascensori e restyling interni agli edifici di stazione. Sono alcune delle azioni previste all’interno dell’Accordo Quadro relativo al bando di gara pubblicato da Rete Ferroviaria Italiana, società capofila del Polo Infrastrutture del gruppo Fs, per la progettazione esecutiva e la realizzazione di lavori di manutenzione straordinaria nelle stazioni distribuite sull’intero territorio nazionale. Gli interventi sono suddivisi in 10 lotti del valore complessivo di circa 390 milioni di euro.

Lo rende noto la società. Tra le attività previste l’adeguamento di pensiline esistenti o installazione di nuove, l’innalzamento dei marciapiedi ferroviari allo standard europeo H55 e loro ripavimentazione e sistemi di orientamento per le persone con disabilità visive. Le attività rientrano nel più ampio Piano Integrato Stazioni (Pis) avviato da Rfi per la riqualificazione di oltre 600 stazioni su tutto il territorio nazionale; tra queste, quelle a maggiore rilevanza trasportistica, che intercettano oltre il 90% del totale dei passeggeri, ma anche stazioni medio – piccole di particolare rilevanza in relazione alle molteplici richieste espresse dalla collettività e dagli stakeholder istituzionali, spiega Rfi, che tra la fine del 2022 e i primi mesi del 2024 ha pubblicato gare per l’esecuzione dei lavori di riqualificazione delle stazioni di importo complessivamente pari a circa 1,6 miliardi aggiudicandone 12 per circa 1,2 miliardi.

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