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Corona Virus

Coronavirus, niente sarà più come prima: ecco come cambierà (un po’ in meglio) la nostra vita

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L’unica certezza e’ un’ammissione di incertezza: “Tutto quanto non sara’ piu’ come prima”. Una prospettiva che in queste settimane di quarantena e dati statistici mette d’accordo chiunque: leader politici e speculatori, sociologi e influencer, star dello spettacolo e studenti, imprenditori e casalinghe. “Non piu’ come prima”. Lo stesso concetto diffidente che ha inaugurato fasi storiche come il dopoguerra, il post 11 settembre o l’avvento dell’euro, ma che applicato al quotidiano ci costringe a modificare il futuro. Dovremo abituarci a scambiare tempo in cambio di sicurezza, anteporre il binomio diffidenza-distanza alle abitudini post-globalizzazione, convivere con mascherine e guanti. Quello che segue e’ il profilo della vita al tempo del virus.

  • – CASA: Ci siamo stati molto e alcune abitudini rimarranno. Dovendo diffidare dell’ascensore, nel quale e’ difficile mantenere le distanze, continuera’ la riscoperta delle scale (almeno fino ai piani praticabili), utili anche all’esercizio fisico. Per garantire la sicurezza dell’ambiente domestico si e’ ormai diffusa l’abitudine “giapponese” di abbandonare le scarpe all’ingresso. Mascherine, guanti e detergente saranno i nuovi accessori obbligati che accompagneranno chiavi e portafoglio.
  • – CONTROLLI: Dopo averla difesa a denti stretti saremo costretti a cedere sul piano della privacy. Il tracciamento da parte di app per individuare assembramenti o contatti con persone infette e’ cosa di giorni, ma il futuro non ha limiti. Le app potrebbero spingersi a individuare comportamenti a rischio o sintomi pericolosi, a segnalare tempi di attesa per i mezzi pubblici e per l’ingresso nei supermercati. In base ai dati virtuosi raccolti, alle app potrebbe essere affidata l’ultima parola per l’ingresso in luoghi di aggregazione
  • – LAVORO E SMART WORKING: Indietro non si torna, o meglio solo un po’. Il lavoro a domicilio si sta diffondendo forzosamente nel mondo delle imprese e della PA. Superata la quarantena si tornera’ in fabbrica e negli uffici, ma alcune attivita’, resteranno efficienti anche ai “domiciliari”. Un vantaggio per molte famiglie. Un rischio per molte situazioni di precariato che potrebbero essere ancor piu’ marginalizzate
  • – COMMERCIO: Il coronavirus ha fatto volare l’online e la tendenza si rafforzera’ ancora. Le nuove fasce di popolazione che si sono abituate durante la quarantena a fare acquisti a distanza forzeranno negozi e punti vendita anche di medie dimensioni a trasformarsi in centri di distribuzione a domicilio per ordini effettuati da cataloghi.
  • – TRASPORTI PUBBLICI: Dopo anni di campagne promozionali per scoraggiare l’uso dell’auto, ora bus, metropolitane e treni sono i nuovi “nemici”. Per riavvicinare pendolari e utenti le societa’ di gestione stanno studiando nuovi piani operativi, con spazi delimitati per l’attesa e corse a “numero chiuso” in modo da garantire le distanze. Inevitabile l’aumento dei tempi di attesa e la necessaria dose di pazienza per affrontarli. Le stazioni della metro e quelle ferroviarie hanno il problema degli spazi comuni da gestire: dovremo abituarci a percorsi di distanziamento e controlli. I mezzi di trasporto verranno sottoposti a pulizie e disinfezioni dopo ogni corsa.
  • – TRASPORTO AEREO: Uno dei settori maggiormente rivoluzionato. Dopo decenni di espansioni delle low cost, riduzioni tariffarie e analoghe contrazioni degli spazi fra i seggiolini, le compagnie dovranno riprogettare le procedure: termo scanner agli imbarchi, guanti e mascherine per i passeggeri, imbarco coi soli “finger”, posti contingentati e assegnati ad adeguata distanza, sanificazione frequente delle toilette, pasti rigorosamente sigillati, pulizia e sterilizzazione degli ambienti a fine volo. Per le sale transiti degli aeroporti valgono le considerazioni delle stazioni. I serpentoni fitti disegnati dalla colonnine “tendi nastro” apparterranno al passato
  • – SCUOLA: Scuole e universita’ dovranno riorganizzarsi: distanze, buone pratiche e disinfettanti, maggior uso della tecnologia, con corsi e lezioni online. Le universita’ in particolare adotteranno il numero chiuso per chi la lezione vuole seguirla dall’aula, predisponendo sale di ascolto o accessi da remoto per gli altri. Esami frammentati in piu’ date, per gestire piccoli gruppi, limitando allo stretto necessario gli scritti
  • – RISTORANTI: Verra’ limitato il numero di clienti che vi accedono, con distanza di oltre due metri tra i tavoli e camerieri in guanti e mascherina. Le prenotazioni diverranno la norma e le file per entrare dovranno essere distanziate. Per i ristoratori e’ ragionevole mettere in conto una riduzione dei coperti, meno accentuata per quelli che dispongono di spazi esterni. Per recuperare in parte i danni quelli che durante l’epidemia hanno spinto sulle consegne a domicilio potrebbero strutturare questo servizio. Modifiche anche nell’organizzazione del lavoro in cucina per garantire sicurezza ai lavoratori e piatti a prova di contagio per i clienti. Aumenteranno le dark kitchen, quelle cucine aperte solo per la consegna a domicilio.
  • – PALESTRE E SPORT: Le realta’ di grandi dimensioni si attrezzeranno con percorsi su prenotazione costruiti sull’uso di macchine ad personam e sanificazione a fine turno. Ma la nuova situazione spingera’ a puntare di piu’ su corsi online con personal trainer in video che guidano lezioni ed esercizi a casa. Aumenteranno gli acquisti e gli affitti temporanei di attrezzi e strumenti. Difficile ipotizzare gli sviluppi per lo sport amatoriale di contatto come calcio e basket.
  • – CINEMA, TEATRI, CONCERTI, DISCOTECHE: I posti potrebbero essere assegnati con prenotazione, numero limitato di spettatori, comportamenti meno espansivi. Percorsi filtrati
  • – RIFIUTI: La rivoluzione Greta ha dovuto incassare il colpo. Se e’ vero che lockdown e quarantene mondiali hanno azzerato o quasi i livelli di inquinamento, mascherine, guanti e confezioni usa e getta sono rifiuti non semplici da smaltire.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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