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Ai primi sintomi influenzali nei bambini per riconoscere se è covid 19 chiedere subito il tampone

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Chiariamo subito un dubbio: nei bambini non si possono distinguere i sintomi dell’influenza stagionale da quelli del Covid-19, se non facendo il tampone. Per questa ragione anche un giorno solo di febbre o il semplice muco nasale o “moccio” come dir si voglia può essere spia di infezione da Covid. Dunque un intervento “tempestivo” sia da parte dei genitori che del pediatra, evita il peggio, soprattutto in termini di diffusione del contagio. In realtà se anche in passato si fosse evitato di esporre in comunità un bambino raffreddato il circolare dell’influenza stagionale si sarebbe ridotto molto, ma oggi in epoca di pandemia dobbiamo stare molto più attenti e rispettosi nei confronti degli altri perché è in gioco la vita umana.

Come ribadito anche da Paolo Biasci, presidente Fimp, Federazione Italiana Medici Pediatri: “La letteratura scientifica parla chiaro: il virus influenzale può manifestarsi con tutta una serie di sintomi che sono la febbre, la tosse, cefalea, sintomatologia gastrointestinale, mal di gola, dispnea (difficoltà respiratoria), rinorrea (scolo di muco dal naso) e congestione nasale che si possono presentare singolarmente o l’uno associato all’altro. “Dunque i bambini il più delle volte hanno una sintomatologia molto lieve (solo nel 50% dei casi o poco più è presente la febbre) e di conseguenza diventa impossibile distinguere quale tipo di infezione, soprattutto nella stagione autunnale e invernale, ha causato questi sintomi. Per tale motivo per ogni sintomo sarà necessario il tampone ed i genitori e devono essere responsabili da escludere temporaneamente il figlio dalla comunità (ovvero non mandarli a scuola ed evitare contatti extra-familiari). Se il pediatra non può escludere una infezione da covid dalla visita come potrebbe farlo un genitore sottovalutando un problema di tale entità?

Con la riapertura delle scuole i genitori a questo punto si chiedono quale sia l’iter da seguire in caso di comparsa di sintomi nei propri bambini.
Esiste una flow-chart da seguire estratta da un documento ufficiale redatto dall’Istituto Superiore di Sanità, dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Istruzione, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni e allegato il 7 di settembre al Dpcm che è uscito quel giorno e che ha valore come linea guida operativa. La prima cosa da fare in caso di comparsa di sintomi influenzali è quella di rivolgersi al pediatra o al medico di base che effettua immediatamente un triage telefonico e poi una televisita sul bambino. Dopo la rilevazione dei sintomi, noi pediatri dobbiamo chiedere immediatamente il tampone.

 


Molti genitori giudicanoi“terroristi” ed “esagerati” i pediatri che richiedono tamponi per i propri figli alla comparsa di anche solo uno dei sintomi, ma i pediatri DEVONO chiedere il test diagnostico non solo per la salute del bambino interessato, ma per tutta la comunità, per impedire la diffusione dell’infezione.

L’invito quindi è di non sottovalutare anche un sintomo che in passato poteva sembrarci banale accusando i medici che svolgono la propria professione secondo etica di essere “estremisti”.La prudenza in questo periodo non è mai troppa anche nei confronti di familiari soprattutto quelli più fragili.

* Alessandra Cioffi, l’autrice di questo articolo, è un medico pediatra  

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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