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Vertice Usa-Russia, colloquio produttivo tra Putin e l’inviato di Trump: dazi all’India e sanzioni imminenti

Incontro costruttivo tra Putin e l’inviato Usa Witkoff a Mosca. Trump annuncia dazi all’India sul petrolio russo e minaccia nuove sanzioni contro Mosca se non arriva una tregua.

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È stato definito un incontro “molto utile e costruttivo” dal Cremlino e “molto produttivo” dal presidente Usa Donald Trump. Il faccia a faccia a Mosca tra Vladimir Putin e l’inviato speciale americano Steve Witkoff, il quinto dall’insediamento del tycoon, ha ricevuto valutazioni positive da entrambe le parti. Ma nonostante i toni distesi, Washington resta ferma sulla linea dura.

Dazi all’India sul petrolio russo

Trump ha infatti annunciato dazi fino al 50% sulle importazioni di petrolio russo da parte dell’India, una misura che segna l’avvio di quelle che potrebbero essere sanzioni secondarie contro i paesi che aggirano le restrizioni occidentali su Mosca. “Le politiche del governo russo rappresentano una minaccia straordinaria per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, si legge nell’ordine esecutivo firmato dal presidente americano.

La risposta di New Delhi non si è fatta attendere: l’India ha definito le misure “ingiuste e irragionevoli”, annunciando che proteggerà la propria sicurezza energetica e i diritti di 1,4 miliardi di cittadini. L’India è il primo importatore di armi russe e mantiene relazioni strategiche con Mosca. Proprio in questi giorni, il consigliere per la sicurezza Ajit Doval era a Mosca per discutere delle forniture di greggio.

Tregua parziale e sanzioni imminenti

Secondo fonti di Bloomberg, Putin avrebbe ventilato l’ipotesi di una tregua nei bombardamenti aerei con droni e missili, piuttosto che un cessate il fuoco vero e proprio. Si tratterebbe di una sospensione temporanea, simile a quella ipotizzata da Mosca nel marzo scorso, mai concretizzata.

Intanto, Trump ha ribadito che nuove sanzioni contro la Russia restano sul tavolo e potrebbero scattare già venerdì, termine fissato come ultimatum da Washington per l’avvio di una tregua. Lo riferisce Axios, citando un alto funzionario Usa.

Trump aggiorna gli alleati e chiama Zelensky

Dopo l’incontro moscovita, Trump ha riferito di aver informato alcuni alleati europei sui contenuti del colloquio. Ha inoltre parlato telefonicamente con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, collegato con altri leader europei. “Tutti concordano sul fatto che questa guerra debba finire”, ha scritto Trump sul suo social Truth.

Zelensky, da parte sua, ha ribadito che “solo una pressione adeguata può portare Mosca a voler realmente la pace” e ha chiesto sanzioni più dure contro il Cremlino.

Civili ancora sotto le bombe

Intanto il conflitto continua a mietere vittime. Le autorità ucraine riferiscono di un attacco aereo russo su un centro ricreativo a Zaporizhzhia che ha causato due morti e dodici feriti, tra cui quattro bambini. Zelensky ha parlato di “crudeltà deliberata volta a intimidire”.

Dal lato opposto, fonti russe parlano di due vittime a Lugansk e una donna anziana ferita da un attacco con droni ucraini. Un quadro che conferma la persistente intensità e asimmetria del conflitto, nonostante le manovre diplomatiche in corso.

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Vucic elogia Meloni dopo la visita a Belgrado: “È una delle donne più potenti del mondo”

Il presidente serbo Vucic definisce Giorgia Meloni “una delle donne più potenti del mondo” dopo il colloquio a Belgrado. Al centro dell’incontro: Balcani, riforme e percorso europeo della Serbia.

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La presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni è stata accolta a Belgrado dal presidente serbo Aleksandar Vucic, che ha definito il colloquio “di estrema importanza” per il futuro della Serbia. Nonostante la brevità della visita, Vucic ha sottolineato il peso politico dell’incontro e il valore personale della leader italiana: “Una delle donne più potenti del mondo, uno dei capi di governo più influenti non solo in Europa, ma a livello globale”.

Al centro: Balcani, Europa e stato di diritto

In un’intervista concessa all’emittente serba Prva, Vucic ha dichiarato che con Meloni ha discusso la situazione geopolitica internazionale e regionale, soffermandosi in particolare sui Balcani occidentali, la stabilità della regione e il percorso di adesione della Serbia all’Unione Europea.

“È stato un colloquio molto utile, che ha toccato riforme, stato di diritto e sviluppo interno”, ha spiegato il presidente serbo. Vucic ha anche aggiunto di aver ascoltato i consigli e le idee di Meloni, interessato a conoscere la visione italiana sul futuro della Serbia e dell’Europa.

Riconoscimento al ruolo internazionale dell’Italia

Le parole del presidente serbo confermano l’importanza crescente della diplomazia italiana nei Balcani, dove Roma punta a rafforzare i legami politici ed economici, sostenendo la stabilità e l’europeizzazione dell’area.

La visita di Meloni si inserisce in questo quadro e viene percepita da Belgrado come un segnale di attenzione e sostegno, non solo in ottica europea ma anche nel delicato equilibrio regionale.

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Colombia, Petro: “Mercenarismo è tratta di uomini da uccidere”. Morti 40 colombiani in Sudan

Dopo l’abbattimento in Sudan di un aereo con mercenari colombiani, Petro chiede una legge urgente contro il mercenarismo: “Una tratta di uomini usati come merce per uccidere”.

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Il presidente della Colombia Gustavo Petro ha confermato la probabile morte di 40 cittadini colombiani in Sudan, dopo l’abbattimento di un aereo degli Emirati Arabi Uniti da parte dell’aviazione sudanese. L’aereo trasportava presunti mercenari colombiani, e la notizia ha scosso profondamente il governo di Bogotá.

“Ho ordinato alla nostra ambasciatrice in Egitto di verificare il numero esatto di vittime”, ha scritto Petro sul suo account X. “Si parla di 40 connazionali uccisi”.

Un appello urgente per vietare il mercenarismo

Nel suo messaggio, il presidente ha ribadito la necessità di approvare una legge contro il mercenarismo, già passata alla seconda Commissione della Camera. “Si tratta di una tratta di uomini, trasformati in merci da uccidere”, ha denunciato, criticando aspramente chi recluta giovani colombiani per combattere guerre in Paesi dove “nessuno ci ha fatto del male”.

“Volevano così tanta guerra in Colombia”, ha aggiunto Petro, “che, man mano che la guerra qui si spegneva, la cercavano fuori. I ‘capi’ che mandano i giovani a uccidere e a morire sono spettri della morte. Hanno tradito il giuramento a Bolívar”.

Un business internazionale della guerra

Il fenomeno dei mercenari colombiani reclutati per conflitti all’estero non è nuovo. Ex militari o giovani disoccupati vengono arruolati con promesse di guadagni elevati per partecipare a guerre lontane — spesso in Medio Oriente o in Africa — fuori da ogni cornice legale e morale.

L’episodio in Sudan, che coinvolge direttamente gli Emirati Arabi Uniti, getta nuova luce su un sistema opaco e pericoloso, in cui uomini diventano merce bellica su scala globale.

Una ferita diplomatica e politica

L’incidente rischia di avere ripercussioni internazionali: oltre al bilancio tragico, il coinvolgimento degli Emirati e del Sudan potrebbe aprire un caso diplomatico. Intanto, la Colombia si prepara a discutere in via urgente la legge per vietare il mercenarismo, nella speranza che tragedie simili non si ripetano.

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Lula: “Chi non accetta la legge brasiliana può lasciare il Paese”. Il presidente rilancia la regolamentazione delle Big Tech

Lula attacca le pressioni internazionali contro la regolamentazione delle Big Tech: “In Brasile valgono le nostre leggi. Se non vi sta bene, uscite dal Paese”.

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Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva è tornato con forza a porre la questione della regolamentazione delle piattaforme digitali, denunciando l’esistenza di pressioni esterne per ostacolare l’approvazione di leggi che disciplinino il potere delle Big Tech in Brasile.

Nel corso di una lunga intervista rilasciata a Reuters, Lula ha detto chiaramente: “Se non vuoi la regolamentazione brasiliana delle Big Tech, esci dal Brasile”. Una frase che ha immediatamente fatto il giro dei principali media del Paese.

“Anche le aziende straniere devono rispettare le leggi brasiliane”

Lula ha ribadito che le piattaforme digitali devono rispondere alla legislazione locale, come accade in qualsiasi altro Stato sovrano: “Negli Stati Uniti, un’azienda brasiliana è obbligata a seguire la legge americana, in Francia segue quella francese. E in Brasile deve rispettare la nostra”.

Il presidente ha poi chiarito che non si tratta di una forzatura ideologica, ma di un principio basilare di sovranità nazionale e rispetto della Costituzione: “Questo Paese ha una legislazione ed è nostro dovere regolare ciò che riteniamo opportuno in base agli interessi e alla cultura del popolo brasiliano”.

Il riferimento a Trump e alle resistenze degli Stati Uniti

Nel suo intervento Lula ha alluso direttamente al presidente statunitense Donald Trump, sottolineando che l’ingerenza di interessi stranieri nel dibattito interno brasiliano è inaccettabile. “Aspetta un attimo — ha detto —. Qui siamo in Brasile. Qui decidiamo noi. Non ammettiamo che qualcuno dall’esterno venga a dire cosa possiamo o non possiamo fare”.

Il nodo della regolamentazione digitale

Il dibattito sulle Big Tech è da mesi al centro dell’agenda politica brasiliana, tra iniziative parlamentari e accuse di scarsa trasparenza, diffusione di disinformazione e mancato rispetto delle norme fiscali e civili. Lula ha più volte chiesto un modello normativo solido per piattaforme come Google, Meta, X (ex Twitter) e TikTok.

Il messaggio del presidente è chiaro: nessuna piattaforma è al di sopra della legge. E il Brasile, ha detto Lula, intende difendere la propria sovranità anche nello spazio digitale.

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