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Missili Patriot, l’ombrello (costoso) che protegge Kiev: la guerra in Ucraina dipende da 6 batterie americane

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«Devo solo fare un grande ringraziamento ai creatori dei Patriot»: così Volodymyr Zelensky, all’inizio del 2024 al World Economic Forum di Davos, rendeva omaggio al sistema difensivo americano che, più di ogni altro, ha salvato Kiev dalla distruzione. Un appello sincero, ribadito nei mesi successivi con sempre maggiore urgenza, soprattutto di fronte al disimpegno crescente di Donald Trump, tornato alla guida degli Stati Uniti e tutt’altro che incline a nuove forniture militari all’Ucraina.

Solo sei i Patriot operativi in Ucraina

Al momento, l’Ucraina dispone di otto sistemi Patriot, ma solo sei sono operativi. Gli altri due sono in manutenzione. Quasi tutti sono schierati a difesa della capitale, dove servono a proteggere palazzi istituzionali e popolazione civile. Ogni batteria richiede 90 militari per essere manovrata e utilizza missili PAC-2 e PAC-3, gli unici efficaci contro gli Iskander e i Kinzhal russi.

Il problema è che i Patriot sono pochi, costosissimi e difficili da sostituire. Secondo l’International Institute for Strategic Studies di Londra, solo 16 Paesi al mondo li possiedono, per un totale di 186 batterie operative. Gli Stati Uniti ne controllano circa un terzo, ma ne hanno dislocate molte in Asia, Medio Oriente ed Europa. Un Patriot israeliano, in via di trasferimento verso Kiev, è un modello datato e meno efficace.

Un sistema americano pensato per i teatri di guerra

Il Patriot è nato negli anni ‘60 per iniziativa della Raytheon, colosso americano della difesa. Il nome è un acronimo di Phased Array Tracking Radar to Intercept On Target. Il debutto operativo risale al 1990, durante la Guerra del Golfo, quando fu usato per difendere Israele e l’Arabia Saudita dai missili Scud iracheni.

Negli anni è stato potenziato fino a diventare l’arma antiaerea più efficace al mondo, capace di colpire anche missili ipersonici. Ma la sua efficacia ha un prezzo elevatissimo: secondo il Centro per gli Studi Strategici e Internazionali (CSIS), ogni batteria costa 1,1 miliardi di dollari, di cui 690 milioni solo per i missili. Un singolo intercettore Patriot costa 4,1 milioni di dollari.

Trump: “Zelensky chiede sempre missili”

Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha cambiato l’equilibrio. L’ex presidente ha rifiutato di fornire altri Patriot, accusando Zelensky di essere “sempre a caccia di missili”. Ma la realtà è che senza quei sistemi, Kiev sarebbe esposta agli attacchi russi, come ha ammesso lo stesso presidente ucraino:
«Contiamo sul continuo sostegno degli Usa, perché ha certi mezzi che l’Europa non ha».

Le alternative europee: Samp/T e Iris-T

A livello europeo, Francia e Italia hanno sviluppato il sistema Samp/T, in grado di intercettare missili balistici e droni. I tedeschi puntano sul sistema Iris-T, ma è limitato a distanze ravvicinate. Per ora, però, il Patriot resta l’unico scudo affidabile a lungo raggio.

E mentre Lockheed Martin e Raytheon cercano di accelerare la produzione, il tempo stringe per l’Ucraina, che rischia di restare senza intercettori. Se gli USA dovessero davvero chiudere i rubinetti, milioni di vite ucraine sarebbero esposte al fuoco russo. E Putin potrebbe avere gioco facile nel vincere la guerra.

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Attacco a Teheran, Pezeshkian accusa Israele: “Volevano uccidermi”

Il presidente iraniano Pezeshkian accusa Israele di un attentato a Teheran. Sei missili contro il Consiglio di sicurezza: ferito, riesce a fuggire. Caccia ai traditori interni.

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Il 16 giugno, poco prima di mezzogiorno, sei missili israeliani hanno colpito un edificio strategico nella zona ovest di Teheran. All’interno si teneva una riunione del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale: presente anche il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che sarebbe rimasto ferito ma riuscito a fuggire.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Fars, vicina ai Guardiani della Rivoluzione, i missili hanno colpito gli ingressi e le uscite dell’edificio, nel tentativo di bloccare ogni via di fuga. Pezeshkian e i presenti si sono salvati solo grazie a un portello d’emergenza.

In un’intervista a Fox News, il presidente ha accusato direttamente Israele: “Hanno cercato di uccidermi”, ha dichiarato.

Il Mossad sotto accusa

In un clima carico di sospetti, Mehdieh Shadmani, figlia del comandante dei Pasdaran Ali Shadmani, ucciso nei raid israeliani, ha pubblicato un post sui social in cui racconta che suo padre cambiava posizione ogni poche ore, senza portare con sé dispositivi elettronici, seguendo rigidi protocolli di sicurezza.

Secondo lei, il Mossad avrebbe superato i metodi tradizionali di spionaggio, lasciando intendere l’esistenza di una falla interna o l’uso di tecnologie avanzatissime.

C’è anche chi ipotizza teorie al limite del surreale: l’ex direttore di un giornale legato alle Guardie, Abdollah Ganji, ha sostenuto che l’intelligence israeliana avrebbe fatto ricorso a scienze occulte e creature soprannaturali per localizzare i bersagli.

Caccia alla talpa

I punti chiave delle ultime analisi da Teheran convergono su tre elementi:

  1. Israele sapeva tutto, non solo i luoghi in cui si trovavano i vertici politici e militari iraniani, ma persino i rifugi alternativi. In alcuni casi, è riuscito a colpire anche i successori dei leader eliminati.

  2. All’interno del sistema iraniano cresce il sospetto di una fonte ai massimi livelli che abbia fornito informazioni al nemico, una dinamica già verificatasi a Beirut con i leader di Hezbollah.

  3. Si amplifica il mito del Mossad: una costruzione utile sia all’Iran, per giustificare le falle nella propria sicurezza, sia a Israele, per rafforzare l’immagine di onnipotenza del proprio servizio segreto.

Una guerra nell’ombra

Il conflitto tra Israele e Iran si è ormai spostato sul piano della guerra segreta, dove le informazioni valgono quanto i missili. In questo scenario, anche i social network e i canali informativi paralleli diventano strumenti di propaganda, specchi deformanti attraverso cui i nemici si osservano, si temono e si combattono.

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Biden: “Ho concesso io le grazie, l’autopen è legale e usato anche da Trump”

Joe Biden chiarisce al New York Times di aver concesso personalmente tutte le grazie firmate con autopen. “Sistema legale, usato anche da Trump”.

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Joe Biden rompe il silenzio e risponde alle accuse mosse dai repubblicani riguardo al suo stato cognitivo e al presunto mancato controllo sulle grazie presidenziali emesse a fine mandato. In un’intervista concessa al New York Times, l’ex presidente americano ha chiarito che tutte le decisioni di clemenza e grazia annunciate negli ultimi giorni della sua presidenza sono state personalmente autorizzate da lui.

Le accuse dei repubblicani

Negli ultimi giorni, alcuni esponenti del Partito Repubblicano hanno sollevato dubbi sulla lucidità mentale di Biden, insinuando che non sarebbe stato in grado di decidere autonomamente e che le grazie siano state firmate da altri a sua insaputa. In particolare, hanno puntato il dito sull’uso dell’autopen, uno strumento che replica automaticamente la firma del presidente.

La difesa di Biden: “Tutto legale, anche Trump lo ha fatto”

Biden ha spiegato che l’uso dell’autopen è assolutamente legale e ampiamente utilizzato: “Lo ha usato anche Donald Trump”. L’ex presidente ha precisato che tutte le grazie e commutazioni sono state decise oralmente da lui, e poi i suoi collaboratori hanno proceduto a formalizzarle con lo strumento automatico, dato l’elevato numero di persone coinvolte.

Grazia preventiva ai familiari

Biden ha anche ammesso di aver concesso la grazia preventiva a familiari e membri della sua amministrazione, una mossa pensata per proteggerli da eventuali ritorsioni del suo successore alla Casa Bianca. Una decisione controversa, ma secondo Biden necessaria: “Era un atto di responsabilità”, ha affermato.

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Trump: “Missili Patriot all’Ucraina, pagherà l’Unione Europea”

Donald Trump annuncia l’invio di missili Patriot all’Ucraina: “Ne hanno bisogno, noi non pagheremo nulla. Coprirà tutto l’Unione Europea”.

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Donald Trump annuncia l’invio di missili Patriot all’Ucraina: “Ne hanno bisogno, noi non pagheremo nulla. Coprirà tutto l’Unione Europea”.

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Donald Trump durante una conferenza stampa con sfondo bandiere americane e militari.


Trump annuncia l’invio dei missili Patriot all’Ucraina: “Pagherà tutto l’Unione Europea”

Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti invieranno i sistemi di difesa aerea Patriot all’Ucraina, affermando che si tratta di un equipaggiamento “di cui hanno disperatamente bisogno”. Il presidente americano ha parlato con i reporter, sottolineando che, sebbene non sia stato ancora deciso il numero esatto di missili, l’invio avverrà a breve.

L’incontro con il segretario generale della NATO

Nel suo intervento, Trump ha anche confermato che incontrerà domani il segretario generale della NATO, Mark Rutte, per discutere delle forniture militari all’Ucraina e della sicurezza europea. Il colloquio si inserisce in un momento delicato della guerra, in cui Kiev continua a chiedere maggiore supporto militare per difendersi dagli attacchi russi.

Nessun costo per gli Stati Uniti, secondo Trump

Noi non pagheremo nulla”, ha puntualizzato Trump, precisando che l’intero costo dell’operazione sarà a carico dell’Unione Europea. “Loro (gli ucraini, ndr) ne avranno un po’, perché hanno bisogno di protezione”, ha dichiarato. Il presidente ha inoltre aggiunto che gli ucraini pagheranno il 100% per gli altri equipaggiamenti militari sofisticati che saranno forniti da Washington.

Un messaggio politico e strategico

Le parole di Trump arrivano in un contesto di crescente pressione su NATO e Unione Europea per il sostegno all’Ucraina. Il leader americano, pur ribadendo il supporto militare, ha marcato con decisione la linea del “niente spese per gli Stati Uniti”, segnando una chiara posizione di disimpegno economico diretto, ma non operativo.


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