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Venezia tra erotismo, guerra, Usa e cinquina Italia

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Voci della vigilia avevano lasciato trapelare che Alberto Barbera, a cui è stato rinnovato il mandato per altri due anni, quest’anno era alle prese con un’enorme quantità di film anche per il ritorno del cinema Usa dopo lo sciopero degli sceneggiatori, ma nessuno si sarebbe immaginato che l’81/a edizione della Mostra del cinema di Venezia (28 agosto-7 settembre) sarebbe stata così extra-extra large, piena di star, serie tv, autori e temi come erotismo, guerra e politica. E anche all’Italia poi non è andata affatto male, essendo in corsa con cinque film (l’anno scorso erano sei), vale a dire: Iddu, dedicato al boss Matteo Messina Denaro, diretto dalla coppia Grassadonia e Piazza; Queer di Luca Guadagnino, adattamento del romanzo di William Burroughs, che si annuncia ad alto contenuto erotico; Diva futura di Giulia Steigerwalt dedicato alla fabbrica di sogni erotici di Riccardo Schicchi tra Ilona e Moana; Campo di battaglia di Gianni Amelio ambientato al fronte, durante la Prima Guerra Mondiale, con due medici divisi su tutto e Vermiglio di Maura Delpero “una vera e propria reincarnazione di Ermanno Olmi”, così l’ha definita Barbera. Per quanto riguarda poi gli autori, oltre a quelli già citati, troviamo: Pedro Almodovar (The Room Next Door); Pablo Larrain (Maria) atteso film sulla Callas; Alfonso Cuaron (con la serie tv Disclaimer); Todd Phillips (Joker: Folie à deux); Tim Burton (Beetlejuice Beetlejuce); Takeshi Kitano (Broken Rage); Amos Gitai (Why War) e Thomas Vinterberg (Families Like Ours) serie distopica sul cambiamento climatico.

Sul fronte politica e guerra a parte Campo di battaglia di Amelio, da non perdere The Order di Justin Kurzel, thriller politico sui suprematisti bianchi con Jude Law e Nicholas Hoult; Apocalypse in the Tropics di Petra Costa, indagine in otto capitoli sull’ascesa al potere di Bolsonaro e sui movimenti fondamentalisti religiosi; Israel Palestine on Swedish Tv 1958-1989 di Goran Hugo Olsson, un riassunto cronologico dei servizi della tv svedese sul conflitto; Russians at War, docu di Anastasia Trofimovia “dall’adesione patriottica dei soldati russi alla disillusione più totale” e, infine, dall’altra parte della barricata, Songs of Slow Burning Earth di Olha Zhurba ovvero immagini inedite dal fronte ucraino. Ancora più d’attualità c’è poi Of Dogs and Men di Dani Rosenberg, “quasi un instant movie – lo definisce Barbera – con una ragazzina che torna nel kibbutz subito dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre”. L’Eros dice la sua in questa 81/a edizione, a parte i film già citati, anche con Love di Dag Johan Haugerud, ultima parte di una trilogia sull’analisi dei comportamenti sessuali in contrasto con le norme sociali; Babygirl di Halina Reijn, ovvero Nicole Kidman manager insoddisfatta che si butta in un rapporto sadomaso con Harris Dickinson. Per la storia italiana grande curiosità poi su M – Il figlio del secolo (otto episodi) di Joe Wright, serie Sky Original dal romanzo di Antonio Scurati che racconta “la storia d’Italia dall’ascesa di Mussolini al delitto Matteotti”. In questa edizione è extra-large anche la durata di molti film, a parte le serie che verranno proiettate per intero: “Lasciatemi ricordare che ci sono molti film lunghi – ha detto il direttore artistico Alberto Barbera che non può che essere soddisfatto di questo mega-festival – sto lavorando al calendario che spero di poter pubblicare al più presto per consentire a tutti di organizzare la loro presenza a Venezia”.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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