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Cronache

Torre Annunziata, arresti nel clan Gionta: in carcere Gemma Donnarumma, moglie del boss

Blitz contro il clan Gionta a Torre Annunziata: 19 misure cautelari. In carcere anche Gemma Donnarumma, moglie del boss Valentino Gionta. Armi e pizzo a Palazzo Fienga.

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Dopo la sua scarcerazione, Gemma Donnarumma, 71 anni, moglie dello storico capoclan Valentino Gionta condannato all’ergastolo, aveva ripreso un ruolo di rappresentanza camorristica, tornando a essere figura apicale del clan Gionta. Il gruppo criminale, secondo l’accusa della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, aveva continuato a usare Palazzo Fienga come roccaforte, nonostante la confisca dell’edificio e l’imminente demolizione. All’interno del palazzo sono state ritrovate armi e munizioni.

Diciannove misure cautelari: 17 in carcere, 2 ricercati

All’alba di ieri, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della DDA, colpendo 19 persone: 17 sono finite in carcere, mentre due 37enni sono attualmente irreperibili.

Tra gli arrestati, oltre a Donnarumma, ci sono Gaetano Amoruso, Raimondo Bonfini, Giancarlo De Angelis, Alfredo Della Grotta, Enrico Donnarumma, Salvatore Ferraro, Michele Guarro, Mariano La Rocca, Amedeo Rosario Mas, Salvatore Palumbo, Alfredo Savino, Massimo Savino, Fabiano Tammaro, Raffaele Uliano, Michele Mas e Luigi Di Martino.

Estorsioni, armi e droga: le accuse

I reati contestati, aggravati dal metodo mafioso, includono associazione di tipo camorristico, estorsioni, traffico di stupefacenti e detenzione di armi. I fatti risalgono al periodo compreso dal 2021 ad oggi. Secondo gli inquirenti, “donna Gemma” convocava imprenditori e commercianti nella sua nuova residenza, ricalcando le antiche ritualità camorristiche. Gli estorti, sotto minaccia, erano costretti a pagare il pizzo e ad assumere affiliati del clan.

Generazioni a confronto e rete criminale strutturata

Accanto a Gemma Donnarumma, operava una rete formata da giovani affiliati, guidata da Gaetano Amoruso, genero del boss Aldo Gionta, figlio primogenito di Valentino e Gemma, noto come il “boss poeta”. Gli estorsori avrebbero agito anche attraverso Amedeo Rosario Mas, recidivo e già noto alle forze dell’ordine. Alcune estorsioni hanno colpito una scuola guida, obbligata a rilasciare patenti gratuite a parenti dei camorristi.

Armi e decisioni operative, come agguati e stese, erano affidati a De Angelis, Uliano e ai figli di Felice Savino, detto “peracotta”. Sul fronte della droga, il clan aveva riattivato le piazze di spaccio di Torre Annunziata, sostenuto da un’alleanza con il clan Gallo-Cavalieri, in contrapposizione con il nascente “quarto sistema” del rione Penniniello.

Il commento del sindaco Cuccurullo

«Lo Stato è presente e non arretra di un millimetro», ha dichiarato il sindaco di Torre Annunziata Corrado Cuccurullo, esprimendo soddisfazione per l’operazione condotta da Procura, DDA e Carabinieri. L’inchiesta segna un nuovo colpo alla criminalità organizzata che, nonostante gli arresti storici e le confische, tentava ancora di imporre il proprio potere sul territorio.

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Ragazzo pestato durante la movida, altri tre indagati

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Napoli, violenta lite a Chiaia per una fila: giovane aggredito con il calcio di una pistola. Esplosi colpi tra la folla. Tre nuove misure cautelari. Una banale discussione per una fila non rispettata si è trasformata in un episodio di violenza inaudita nel cuore della movida partenopea. È successo la notte del 1° febbraio 2025 nel quartiere Chiaia, all’interno e poi all’esterno di un noto locale notturno, dove un giovane è stato brutalmente aggredito. La causa scatenante: un alterco per l’accesso ai servizi igienici.

Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo di Napoli Bagnoli, la vittima sarebbe stata colpita prima con il calcio di una pistola e poi ripetutamente presa a calci e pugni. La situazione è degenerata ulteriormente quando, all’esterno del locale, uno degli aggressori avrebbe esploso diversi colpi d’arma da fuoco in strada, in mezzo a una folla di giovani, al solo scopo di intimidire.

A seguito degli accertamenti, supportati dalle immagini di videosorveglianza e dalle testimonianze raccolte, i Carabinieri hanno dato esecuzione a un provvedimento emesso dalla 10ª Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Il provvedimento riguarda tre ulteriori indagati – di età compresa tra i 20 e i 31 anni – ritenuti gravemente indiziati di concorso in lesioni personali aggravate.

Per uno di loro è stata disposta la custodia cautelare in carcere (l’indagato è già detenuto per altra causa), mentre per gli altri due sono scattati gli arresti domiciliari. Il provvedimento rappresenta un’integrazione rispetto a un’ordinanza emessa il 2 aprile 2025 dal GIP del Tribunale di Napoli, che aveva inizialmente disposto misure cautelari solo nei confronti di tre dei sei soggetti coinvolti, ritenuti responsabili – tra le varie imputazioni – anche di minaccia, intimidazione pubblica con uso di armi e reati aggravati da metodo mafioso.

Il Riesame, accogliendo l’impugnazione del Pubblico Ministero, ha ritenuto fondata la ricostruzione secondo cui tutti e sei gli indagati abbiano partecipato attivamente all’aggressione, rendendo necessario un intervento più ampio sul piano cautelare.

Si precisa che le misure eseguite sono provvedimenti cautelari emessi in fase di indagini preliminari. I destinatari restano, a norma di legge, persone sottoposte alle indagini e pertanto presunte innocenti fino a eventuale condanna definitiva.

L’episodio riaccende i riflettori sul tema della sicurezza nei luoghi della movida cittadina e sulla pericolosa escalation della violenza legata a comportamenti di tipo mafioso, anche per motivi apparentemente futili.

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Cronache

Maradona senza pista e con terzo anello: Manfredi mostra alla Uefa il masterplan per Euro 2032

Il Comune presenta alla Uefa il progetto di riqualificazione del Maradona: via la pista di atletica, spalti ravvicinati e impianto attivo 7 giorni su 7. Manfredi sarà subcommissario.

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Tra otto giorni gli inviati della Uefa arriveranno a Palazzo San Giacomo per incontrare il sindaco Gaetano Manfredi, proprietario dello stadio Maradona e punto di riferimento per la candidatura di Napoli tra le città italiane ospitanti di Euro 2032, il torneo che l’Italia organizzerà con la Turchia. Invitato anche il presidente della SSC Napoli Aurelio De Laurentiis, che al momento però non sembra intenzionato a investire nell’impianto di Fuorigrotta.

Il progetto del Comune: restyling con terzo anello e niente pista

Durante il vertice, Manfredi consegnerà alla Uefa il masterplan redatto dal Comune per il Maradona, intitolato: «Riqualificazione dello stadio Maradona e riapertura del terzo anello». Un progetto dettagliato per rendere l’impianto conforme agli standard Uefa, attraverso una modernizzazione radicale e funzionale.

Il Comune ha pensato a uno stadio senza pista di atletica, con spalti ravvicinati al campo per migliorare la visione e aumentare la pressione “calda” del pubblico. Una soluzione storicamente auspicata da De Laurentiis, che da anni chiede un impianto interamente dedicato al calcio. Il nuovo Maradona sarebbe organizzato su una singola gradinata senza soluzione di continuità, ispirata al modello Maracanã, e dotato di strutture interne polifunzionali come spazi food, intrattenimento e un museo del Napoli.

Arriva il commissario per velocizzare tutto

La riqualificazione sarà sostenuta dalla struttura commissariale nazionale prevista dal Governo, che prevede l’assegnazione a Manfredi del ruolo di subcommissario per l’impianto partenopeo. Il nuovo assetto garantirà procedure accelerate e semplificate, bypassando ostacoli burocratici che spesso rallentano i cantieri sportivi italiani. La misura è stata fortemente voluta dal ministro dello Sport Andrea Abodi, ed è stata inserita nel Decreto Sport, insieme alle norme speciali per la Coppa America a Bagnoli.

Agevolazioni per gli investitori privati

Il Governo ha spiegato al sindaco fin dove potrà spingersi in termini di supporti amministrativi e finanziari. Non si parlerà di fondi a fondo perduto, ma di un mix di strumenti incentivanti: piccole quote di investimento, garanzie, contributi in conto interessi, credito sportivo e culturale. Inoltre, Napoli rientra già in una Zona economica speciale, con una fiscalità agevolata per i privati che decidono di investire sul territorio.

Il silenzio di De Laurentiis

Nonostante il masterplan rifletta in pieno molte delle richieste storiche del patron azzurro, De Laurentiis non ha ancora manifestato alcuna disponibilità a partecipare alla riqualificazione del Maradona. Il rischio concreto è che il presidente del Napoli resti concentrato sul progetto alternativo del nuovo stadio a Caramanico, presentato alla Zes. Tuttavia, la partita è ancora aperta: l’incontro del 25 luglio con la Uefa potrebbe rappresentare un momento decisivo per il futuro del calcio a Napoli.

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Il “bancomat” dei Casalesi: truffe con slot truccate e scommesse illegali, 8 arresti

Indagine “Doppio gioco”: il clan dei Casalesi guadagnava milioni con slot e scommesse illegali. Arrestati anche Ivanhoe Schiavone e la moglie del cassiere, percettrice del Reddito.

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Un retrobottega, fumo di sigaretta e una slot machine scollegata dai sistemi dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: nessuna possibilità di vincita per il giocatore, ignaro di star alimentando la cassa di un clan. Così funzionava il bancomat criminale messo in piedi dai Casalesi, al centro di un’inchiesta che ha portato a otto arresti, sei in carcere, due ai domiciliari, e un divieto di dimora.

Il sistema criminale: slot truccate e 14 siti di scommesse pirata

A orchestrare il sistema è stato Raffaele Letizia, il “cassiere” della fazione Russo-Schiavone, tornato operativo dopo la scarcerazione. Con lui anche il cognato Pasquale Di Bona e altri sette indagati. Il business, secondo le stime, generava oltre 5 milioni di euro l’anno di guadagni non dichiarati, tra slot non collegate e scommesse clandestine su 14 siti web pirata, con la complicità di tre agenzie di gioco “compiacenti” tra Aversa, Castel Volturno e San Cipriano.

L’indagine della Guardia di Finanza di Napoli, diretta dal colonnello Paolo Consiglio e coordinata dalla Procura di Napoli guidata da Nicola Gratteri, ha fatto emergere un meccanismo perverso: ai gestori delle agenzie andava una percentuale del 2% sulle giocate illegali. Il resto, tolte le (rare) vincite, finiva direttamente nelle casse del clan.

Il trucco: le puntate alte dirottate sui circuiti legali

Uno stratagemma confermato da intercettazioni ambientali: Letizia, parlando col figlio, spiegava che le puntate più alte dovevano essere dirottate su Snai, canale legale, così da “liquidare” il giocatore e minimizzare il rischio d’impresa per il clan. Un doppio binario tra illegalità e copertura legale.

Ivanhoe Schiavone tra gli arrestati: minacce per i terreni del boss

L’altro filone dell’inchiesta riguarda la riappropriazione violenta di terreni del valore di circa 500mila euro nella zona dell’aeroporto di Grazzanise. Tra gli arrestati anche Ivanhoe Schiavone, figlio del capoclan Francesco detto “Sandokan”. Il giovane avrebbe minacciato via social e di persona l’affittuario di uno dei due terreni per costringerlo a lasciare il fondo senza opporsi alla vendita, poiché “già venduto” a terzi. I suoli erano riconducibili a Sandokan, ma il clan voleva tornare in possesso diretto.

Il paradosso del Reddito di cittadinanza

L’inchiesta, denominata “Doppio gioco”, ha infine svelato una contraddizione lampante: la moglie di Letizia, nonostante fosse percettrice del Reddito di cittadinanza, risultava cliente fissa da anni di un noto salone di bellezza di Ostia Lido, frequentato da celebrità e con tariffe altissime. La donna si sarebbe anche sottoposta a chirurgia estetica in una clinica dei Parioli, alimentando i sospetti della Finanza sulla sproporzione tra il reddito dichiarato e il tenore di vita familiare.

Un’indagine che ancora una volta mette in luce la capacità dei clan camorristici di evolversi, sfruttando tecnologia e reti digitali per alimentare i propri affari, mentre usano la fragilità economica delle persone per mimetizzarsi dietro il paravento del disagio.

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