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Salute

A Cona installato uno dei primi “orecchi bionici” d’Italia: intervento innovativo per combattere la sordità

Impiantato un dispositivo cocleare di nuova generazione: è aggiornabile, compatibile con la risonanza magnetica e dotato di memoria interna personalizzata.

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All’ospedale di Cona (Ferrara) è stato eseguito uno dei primi impianti di orecchio bionico smart in Italia. L’intervento, altamente innovativo, ha visto protagonista una donna di 50 anni residente in provincia di Ferrara, affetta da sordità, ed è stato condotto con successo dall’équipe di Otorinolaringoiatria diretta dal professor Stefano Pelucchi. A eseguire l’operazione è stata la dottoressa Michela Borin.

Un dispositivo “intelligente” che memorizza i dati del paziente

Il nuovo impianto cocleare è un passo avanti nella tecnologia medica: è il primo in Italia a disporre di una memoria interna capace di archiviare le mappature personalizzate di ciascun paziente. In caso di necessità, i dati possono essere recuperati rapidamente, permettendo un ritorno più veloce all’udito.

L’impianto cocleare, comunemente detto “orecchio bionico”, trasforma i suoni in impulsi elettrici che stimolano direttamente il nervo acustico. È composto da una parte interna, impiantata sotto la cute del cranio con elettrodi che raggiungono l’orecchio interno, e una parte esterna, dotata di microfoni e processore per la digitalizzazione del suono ambientale.

Tecnologia avanzata e aggiornabile nel tempo

Il dispositivo presenta caratteristiche all’avanguardia:

  • Spessore ridotto a soli 3,9 millimetri, per un maggiore comfort;

  • Firmware aggiornabile, che consente al paziente di accedere a future innovazioni senza ulteriori interventi chirurgici;

  • Compatibilità con la risonanza magnetica, fondamentale per una gestione sanitaria efficace nel lungo termine.

Una rivoluzione per i pazienti

“La capacità di essere aggiornabile – spiega la dottoressa Borin – significa che non stiamo solo fornendo un aiuto oggi, ma garantiamo un accesso continuo alle innovazioni del futuro. Inoltre, la compatibilità con la risonanza magnetica offre tranquillità e semplicità nella gestione medica nel tempo”.

Questo intervento segna una tappa importante per la sanità italiana e in particolare per il sistema sanitario ferrarese, sempre più orientato verso l’adozione di tecnologie di ultima generazione nel trattamento delle disabilità sensoriali.

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In Evidenza

Neuromed, scoperto nuovo algoritmo per distinguere i parkinsonismi atipici: guida internazionale firmata da Antonio Suppa

Il neurologo Antonio Suppa guida un team internazionale nella definizione di un nuovo algoritmo diagnostico per distinguere PSP e MSA, pubblicato su “Movement Disorders Journal”.

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Il professor Antonio Suppa, docente di neurologia presso il Dipartimento di Neuroscienze Umane della Sapienza Università di Roma e ricercatore dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, ha coordinato un importante lavoro internazionale culminato nella pubblicazione del “position paper” ufficiale della International Parkinson and Movement Disorder Society (MDS). L’articolo è stato pubblicato sulla rivista “Movement Disorders Journal” e definisce un nuovo algoritmo diagnostico basato su esami neurofisiologici per distinguere con maggiore accuratezza tra le diverse forme di parkinsonismo atipico, in particolare tra paralisi sopranucleare progressiva (PSP) e atrofia multisistemica (MSA).

professor Suppa

Un algoritmo per diagnosi più precise

L’obiettivo della ricerca è fornire agli specialisti una guida diagnostica step-by-step, costruita con metodiche accessibili, già disponibili nella maggior parte dei laboratori di neurofisiologia clinica. “Non si tratta di tecnologie complesse o riservate a centri ultra-specialistici – spiega Suppa – ma di strumenti ampiamente diffusi che, impiegati in modo sistematico, possono fare la differenza nei casi più difficili.”

Una guida fondamentale nelle fasi iniziali

Il nuovo algoritmo è pensato per essere di aiuto soprattutto nelle prime fasi della malattia, quando i sintomi sono sfumati e la diagnosi incerta. “I parkinsonismi atipici – sottolinea Suppa – si manifestano inizialmente con segni simili alla Malattia di Parkinson, ma hanno un decorso più rapido, una risposta ridotta alla L-Dopa, e spesso sono accompagnati da gravi disturbi cognitivi e dell’equilibrio”.

Il ruolo del Neuromed e il prestigio internazionale

Il coinvolgimento del Neuromed di Pozzilli in questo progetto internazionale rappresenta un riconoscimento della qualità della ricerca italiana nel campo dei disturbi del movimento. “È la conferma del ruolo strategico del nostro Istituto e delle competenze sviluppate in anni di lavoro – conclude il professor Suppa – nella neurofisiologia applicata alle malattie neurodegenerative.”

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Politica

Emergenze affollate da codici verdi e bianchi, Gemmato: “Il 65% dei pazienti al Pronto soccorso non dovrebbe esserci”

Il sottosegretario alla Salute: “Stiamo costruendo 1.050 Case di comunità con i medici di base. Obiettivo: tutte operative entro giugno 2026”.

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Il 65% delle persone che oggi affollano i Pronto soccorso in Italia potrebbero essere curate altrove. Lo ha dichiarato il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, intervenendo al Forum in Masseria durante il dibattito “Le nuove frontiere della salute: innovazione, prevenzione e sostenibilità”.

“Mediamente i codici verdi e bianchi sfiorano il 60-65%. In sostanza, 65 persone su 100 al Pronto soccorso non dovrebbero esserci, perché manca purtroppo un filtro territoriale per la bassa complessità”, ha affermato Gemmato.

Secondo il sottosegretario, questa situazione alimenta tensioni e disservizi, contribuendo alla percezione negativa del sistema sanitario da parte dei cittadini.

La risposta: 1.050 Case di comunità con i medici di base

Per rispondere a questa emergenza organizzativa, il Ministero della Salute ha avviato la creazione di 1.050 Case di comunità distribuite uniformemente sul territorio nazionale, che saranno gestite in collaborazione con i medici di Medicina Generale.

“Chiediamo ai medici di operare anche all’interno delle Case di comunità, per un monte orario settimanale di 15-18 ore, in modo da garantirne l’apertura almeno dalle 8 alle 22”, ha aggiunto Gemmato.

Entro giugno 2026 tutte le strutture operative

L’obiettivo, secondo quanto precisato, è che entro giugno 2026 tutte le Case di comunità siano pienamente operative, dotate di strumentazioni adeguate e personale sanitario. Il Ministero, ha concluso il sottosegretario, eserciterà funzioni di indirizzo e controllo per accompagnare le Regioni nel completamento di questa rete territoriale.

L’iniziativa è destinata a colmare il vuoto di assistenza primaria, alleggerendo i Pronto soccorso e garantendo una presa in carico più efficiente dei pazienti con patologie a bassa complessità.

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Cronache

Doppio trapianto a 6 mesi, salvata da fegato della mamma

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Il suo destino sembrava segnato da una rara e misconosciuta malformazione delle vene biliari, ma l’amore incondizionato della mamma, e un eccezionale doppio trapianto, hanno salvato una bambina di appena sei mesi. È una storia a lieto fine di generosità e coraggio, abbinate all’eccellenza sanitaria della Città della Salute di Torino, quella della piccola Sara – nome di fantasia -: ricoverata per un’insufficienza epatica così grave da non lasciare speranze di sopravvivenza, a due settimane dall’intervento ha già iniziato la riabilitazione nutrizionale e presto sarà dimessa. Nata lo scorso dicembre, ad aprile Sara è arrivata al Pronto soccorso dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino in preda a un grave scompenso epatico con un ittero severo e liquido nell’addome.

Presa in carico dai gastroenterologi pediatrici diretti da Pierluigi Calvo, la bimba era apparsa fin da subito in condizioni cliniche tali da non poter essere operata. Inserita in lista d’attesa per il trapianto, dopo venti giorni senza offerte di organi le condizioni del suo fegato si sono aggravate. “Il tempo a disposizione era sempre meno, ho deciso per questo. Avrei fatto qualunque cosa per salvarla”, dice la mamma 32enne raccontando perché ha voluto donare il fegato alla sua Sara. Eseguiti gli accertamenti di compatibilità, e ottenuta l’autorizzazione del Tribunale di Torino e del Centro Nazionale Trapianti di Roma, due settimane fa madre e figlia sono entrate insieme nelle sale operatorie del Ce+ntro Trapianto Fegato delle Molinette di Torino.

L’equipe del professor Renato Romagnoli, neo direttore del nuovo Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica e dei Trapianti della Città della Salute di Torino, hanno prelevato la parte sinistra del fegato, la più piccola sulla mamma donatrice. Poi si sono concentrati sulla bimba, trovando anche un grave restringimento della vena porta, il tronco venoso che raccoglie il sangue dall’apparato digerente e lo trasporta al fegato. Per sostituirlo è stata utilizzata con un vero e proprio autotrapianto la vena giugulare prelevata dal collo della stessa piccola. Per tredici interminabili ore in sala operatoria si sono avvicendati numerosi infermieri e operatori socio-sanitari esperti nel trapianto di fegato. Attivati anche i Laboratori analisi e la Banca del sangue.

“Ci avevano dato qualche settimana, invece adesso sembra che nostra figlia possa avere tutta la vita davanti. Un miracolo”, sottolinea il papà della piccola Sara, le cui condizioni sono migliorate al punto da essere già stata trasferita al Regina Margherita per la riabilitazione. “Il grande gesto d’amore della mamma coniugata con l’eccellenza dei nostri sanitari ha reso possibile ciò che non sembrava esserlo più”, sottolinea l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Federico Riboldi. “Un esempio delle eccellenze della nostra Città della Salute, che conferma quanto meriti il ruolo di Irccs dei trapianti”, conclude il Commissario della Città della Salute Thomas Schael.

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