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Cultura

Le grandi mostre dell’estate 2025: un viaggio tra arte, fotografia e riflessioni sul tempo

Da Cattelan a Modigliani, passando per il Giubileo a Roma e la fotografia di Brassaï: l’arte si fa protagonista della stagione.

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L’estate 2025 è una stagione ricchissima di mostre in tutta Italia, con proposte per tutti i gusti: dalla provocazione concettuale di Maurizio Cattelan al lirismo di Modigliani, passando per la fotografia documentaria, l’arte contemporanea e la memoria visiva. Ecco una selezione degli appuntamenti imperdibili.

Bergamo: Cattelan e le stagioni del tempo

Alla GAMeC di Bergamo, Maurizio Cattelan è protagonista con “Seasons” fino al 26 ottobre. La mostra si articola in quattro sedi cittadine: a Palazzo della Ragione con November (2023), alla GAMeC con Empire (2025) e No (2021), all’Ex Oratorio di San Lupo con Bones (2025) e nella Rotonda dei Mille con One (2025). Un’esplorazione del tempo e della realtà nella loro complessità e drammaticità.

Roma: lo sguardo dei fotografi sul Giubileo

Al Vittoriano fino al 28 settembre, la mostra “Città aperta 2025. Roma nell’anno del Giubileo” racconta la trasformazione della Capitale attraverso gli scatti di Diana Bagnoli, Alex Majoli e Paolo Pellegrin, tra volti di fedeli, visioni intime e riflessioni sul cambiamento urbano. Un viaggio fotografico nella Roma viva e pulsante del Giubileo di papa Francesco.

Milano: l’amore e la memoria nel segno di Lovett/Codagnone

Il PAC di Milano ospita “I Only Want You To Love Me”, prima retrospettiva dedicata al duo Lovett/Codagnone, attivo dal 1995. In mostra fotografie, video, installazioni e una giostra monumentale creata da Valerio Berruti per “More than Kids”, al Palazzo Reale dal 22 luglio, con musiche originali di Ludovico Einaudi.

Perugia: Modigliani in mostra

Alla Galleria Nazionale dell’Umbria, torna “Un capolavoro a Perugia”: protagonista è il Nu couché (1917-1918) di Amedeo Modigliani, dalla Collezione della Pinacoteca Agnelli di Torino, affiancato da altre otto opere del maestro, in dialogo con esempi di arte antica europea ed extraeuropea. Visitabile fino al 15 settembre.

Matera: i segni di Dadamaino

Al Museo della Scultura Contemporanea di Matera, dal 5 luglio al 5 ottobre, la mostra “Dadamaino. Segni, grafie, spazi” propone opere dell’artista milanese realizzate tra il 1975 e il 1996, accanto a ceramiche inedite prodotte in città negli anni ’70. A cura di Flaminio Gualdoni.

Aosta: Brassaï e la Parigi notturna

Al Centro Saint-Bénin, dal 19 luglio al 9 novembre, si tiene la retrospettiva “Brassaï. L’occhio di Parigi”, con oltre 150 stampe d’epoca, sculture e oggetti personali. Un affascinante racconto della capitale francese attraverso lo sguardo del grande fotografo ungherese.

Fabriano: Giacomelli e Massi in dialogo

A Zona Conce fino al 19 ottobre, la mostra “Passaggi” mette a confronto Mario Giacomelli e Simone Massi: 35 fotografie e 35 disegni raccontano il rapporto tra immagine e movimento. L’iniziativa celebra il centenario della nascita di Giacomelli.

Firenze: l’ecologia di Haley Mellin

Al Museo Novecento, fino al 29 ottobre, “Siamo Natura” presenta la prima personale italiana dell’artista americana Haley Mellin, che unisce arte e attivismo ambientale. I dipinti all’aperto e a emissioni zero raccontano paesaggi protetti, realizzati in piena armonia con la natura.

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Cultura

A Andrea Bajani il premio Strega dopo le tensioni con il Mic

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Vince il superfavorito Andrea Bajani con 194 voti per ‘L’anniversario ‘(Feltrinelli) il Premio Strega 2025 (anche se sul tabellone per la fretta era stato scritto il numero sbagliato di 187 voti), una serata finale dopo una vigilia di tensioni tra gli organizzatori e il governo che pensa al trasloco a Cinecittà per il principale premio letterario italiano nel 2026, anniversario degli 80 anni. “Sono ventidue anni che pubblico libri. Gratitudine a quelli che hanno creduto in me, i lettori, gli editori. Quest’anno sono i 60 anni della Feltrinelli che ha creduto in me” ha detto Bajani, emozionato bevendo dalla bottiglia del liquore Strega.

“La letteratura è contraddire la versione ufficiale” ha aggiunto lo scrittore in abito minimal. La serata del 3 luglio, in cui spicca l’assenza del ministro della Cultura Alessandro Giuli per impegni istituzionali a Berlino, “potrebbe essere l’ultima serata finale del Premio Strega al Ninfeo di Villa Giulia a Roma. Per l’anno prossimo – spiegano fonti del Collegio Romano – il ministero della Cultura si riserva di offrire alla Fondazione Bellonci la sede di Cinecittà”. Già vincitore del Premio Strega Giovani 2025 e già finalista al Premio Strega e Campiello nel 2021 con Il libro delle case (Feltrinelli), Bajani mette a nudo ne L’anniversario, tra romanzo e autofiction, i micidiali intrecci di una famiglia opprimente con un doppio passo: “da un lato il racconto dell’inferno domestico, dall’altro il distacco di chi pensa ‘di tutto questo posso dire la mia versione’.

L’idea della fuga sta sempre dentro l’idea della colpa” dice Bajani. Sulla premiazione al Ninfeo del Museo etrusco di Villa Giulia a Roma hanno pesato anche gli strascichi delle polemiche della vigilia tra gli organizzatori e Giuli che aveva sottolineato “di non aver ricevuto nessun libro” e aveva ironizzato: “da Amico della Domenica sono diventato nemico della Domenica” facendo riferimento alla giuria del premio. Ma il direttore della Fondazione Bellonci, Stefano Petrocchi, prima della diretta su Rai3, condotta da Pino Strabioli, ha rassicurato: “Oggi abbiamo mandato i libri dei finalisti al ministro Giuli e da Berlino ha ringraziato tramite il suo ufficio”.

Presente il presidente della Commissione Cultura della Camera e Responsabile Nazionale cultura e innovazione di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone che dice: “il Premio Strega è una festa alta e popolare. Qui c’è tutto il sistema editoriale che deve essere sostenuto e rafforzato. Con il ministro Giuli e con il Parlamento abbiamo stanziato 44 milioni per aiutare la filiera editoriale e aprire nuove librerie per giovani, soprattutto dove non ci sono”.

Le votazioni hanno riservato una sorpresa: nella sfida per il secondo posto ha prevalso Elisabetta Rasy con 133 voti per ‘Perduto è questo mare’ (Rizzoli) in cui a tenere la scena sono un padre sognatore e un grande amico e scrittore, Raffaele La Capria. Mentre Nadia Terranova, per la seconda volta finalista allo Strega, si è dovuta accontentare del terzo posto per ‘Quello che so di te’ (Guanda), 117 voti, in cui indaga sulla bisnonna Venera che ha vissuto l’esperienza del manicomio per 11 giorni nel 1928. Quarto Paolo Nori, con ‘Chiudo la porta e urlo’ (Mondadori), 103 voti, in cui le poesie di Raffaello Baldini diventano racconto e non molto distante al quinto posto (erano ex aequo in cinquina) l’anestesista esordiente Michele Ruol con Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa), 99 voti, in cui racconta il lutto entrando nell’intimità dei personaggi attraverso le impronte lasciate sugli oggetti. Ventagli ai tavoli nella serata bollente al Ninfeo che ha visto Filippi Timi in cinque momenti teatralizzati presi dagli incipit dei libri finalisti, accompagnato da due musicisti d’eccezione, Roberto Angelini e Rodrigo D’Erasmo, e Anna Foglietta in un assolo in cui ha ricordato Pasolini a 50 anni dalla morte e il tema che unisce i cinque libri, la famiglia, concluso con un appello alla “Palestina libera”.

E ancora un’intervista ad Anna Foa, vincitrice del Premio Strega Saggistica con Il suicidio di Israele (Laterza). Al tavolo Rizzoli, Dacia Maraini, contraria al trasferimento a Cinecittà del premio. “Il Ninfeo ha una tradizione importantissima, non va cambiata. Qui c’è una grande comunità letteraria. Era bello che venisse il ministro”. Mentre Elisabetta Rasy commenta: “come il Ninfeo anche Cinecittà è un posto bellissimo. Perché farsi concorrenza, si potrebbe fare un po’ e un po’”. Donatella Di Pietrantonio sottolinea che “la decisione spetta alla Fondazione Bellonci”. Il totale dei voti espressi è 646, pari al 92% degli aventi diritto.

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Cultura

Tutti pazzi per i Beatles: 60 anni fa il leggendario concerto del Vigorelli

Il 24 giugno 1965 la beatlemania travolse Milano. Ora quella giornata rivive in una mostra fotografica.

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Sessant’anni fa, il 24 giugno 1965, Milano fu teatro di un evento destinato a entrare nella leggenda della musica: il doppio concerto dei Beatles al Velodromo Vigorelli. Non fu un’impresa semplice. All’epoca il quartetto inglese era ritenuto da alcuni ancora poco conosciuto in Italia, e la loro prima tappa italiana fu accompagnata da qualche scetticismo. Ma bastarono poche ore per capire che anche il pubblico italiano era pronto a farsi travolgere dalla Beatlemania.

Ora quell’epopea rivive in una mostra fotografica promossa da Intesa Sanpaolo, visitabile dal 24 giugno al 7 settembre alle Gallerie d’Italia di Milano, in Piazza Scala. La mostra, curata da Barbara Costa, responsabile dell’Archivio Storico della banca, si intitola: “Tutti pazzi per i Beatles. Il concerto del 1965 a Milano nelle fotografie di Publifoto”.

Le immagini che raccontano un mito

La rassegna espone 62 fotografie restaurate e digitalizzate tratte dall’archivio dell’agenzia Publifoto. In totale sono oltre 500 gli scatti custoditi e ora resi accessibili anche online (https://asisp.intesasanpaolo.com/publifoto/). Le immagini raccontano non solo i due concerti (uno alle 16, l’altro alle 21), ma anche l’arrivo del gruppo alla Stazione Centrale di Milano, la conferenza stampa al Grand Hotel Duomo, e soprattutto l’entusiasmo contagioso dei fan italiani.

«Publifoto è un giacimento straordinario di immagini che racconta la storia del Paese anche nei suoi momenti più euforici», spiega Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo. «Le fotografie che catturano i Beatles in Italia ci parlano ancora oggi con forza e freschezza».

L’arrivo, la folla, la magia

Il 23 giugno 1965, i Beatles arrivarono a Milano da Lione. Duemila fan li attendevano in stazione. Il fotografo Tino Petrelli li immortalò stipati tutti insieme su un’unica Alfa Romeo Spider, travolti dalla calca. Il giorno dopo, le foto con il Duomo sullo sfondo e la conferenza stampa anticiparono l’esibizione al Vigorelli.

Per documentare lo storico evento, Publifoto ingaggiò sei fotografi: oltre a Petrelli, anche Sergio Cossu, Gianfranco Ferrario, Carlo Fumagalli, Benito Marino ed Eugenio Pavone. Le immagini parlano da sole: un’Italia in fermento, la gioventù che si affaccia al mondo globalizzato, e l’eco di una rivoluzione musicale già leggenda.

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Cultura

Addio ad Arnaldo Pomodoro, genio della scultura italiana

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Arnaldo Pomodoro (foto Imagoeconomica)  è stato uno degli artisti italiani contemporanei più noti, riconoscibili e apprezzati a livello internazionale. Le sue sculture, a partire dalla celebre Sfera, sono diventate simboli urbani, installate nei luoghi più rappresentativi del mondo: dal Cortile della Pigna dei Musei Vaticani al Palazzo delle Nazioni Unite a New York, fino alla Farnesina a Roma e al lungomare di Pesaro, dove la sua “Sfera Grande” è ormai parte dell’identità cittadina.

Un universo nascosto nel metallo

La sua arte unisce la perfezione esterna del metallo splendente con un cuore di fragilità, mistero e meccanismo interno. Le sue opere – sfere, obelischi, dischi, labirinti – esprimono visivamente quella complessità che Pomodoro stesso sintetizzava in una frase: “L’arte è un labirinto”. Dentro la superficie levigata, si nasconde un universo segnato da fratture, tensioni, architetture nascoste.

Le origini e la formazione

Nato il 23 giugno 1926 a Morciano di Romagna, Pomodoro aveva iniziato gli studi come geometra. Si appassiona presto ai metalli e inizia come orafo. Il trasferimento a Milano nel 1954 segna la svolta: stringe legami con Lucio Fontana e fonda il gruppo Continuità, iniziando a lavorare su forme segniche che superano i confini tra bidimensionale e tridimensionale.

Dal teatro all’arte pubblica

Nel tempo, la sua arte si espande fino a toccare la scenografia teatrale, come per la storica Semiramide di Rossini al Teatro dell’Opera di Roma (1982) o per le Orestiadi di Gibellina nel 1985. Resta memorabile anche il suo lavoro su Edipo Re di Stravinsky a Siena, con una scenografia dominata da un gigantesco occhio. Celebre anche il guanto-scultura per Ornella Vanoni, esempio di commistione tra arte, gioielleria e moda.

Opere simboliche e imponenti

La sua produzione si estende anche a interventi religiosi e istituzionali: tra i tanti, il portale bronzeo del Duomo di Cefalù (1998), gli arredi sacri nella chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo in collaborazione con Renzo Piano, il Disco Solare donato alla Russia nel 1991, e il cimitero di Urbino. L’ultima grande mostra, nel 2023, è stata realizzata con Fendi al Palazzo della Civiltà Italiana a Roma.

Il ruolo della Fondazione

La Fondazione Arnaldo Pomodoro continuerà il lavoro iniziato dal maestro, come sottolinea la direttrice Carlotta Montebello: “Mancherai a tutti noi Arnaldo e faremo tesoro dei tuoi insegnamenti”. La Fondazione continuerà a diffondere il suo lascito artistico e intellettuale attraverso mostre, eventi e attività educative.

Il cordoglio delle istituzioni

Numerosi i messaggi istituzionali. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato di “un grande vuoto nel mondo dell’arte”. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha ricordato come “la sua arte ha scolpito l’anima dell’Italia”. Per il ministro della Cultura Alessandro Giuli, “l’Italia perde un protagonista indiscusso della scultura contemporanea”.

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