Collegati con noi

Cronache

Tifoso ucciso a Milano, ultrà del Napoli: non ho investito nessuno…

Pubblicato

del

“Non ho investito nessuno, sono solo fuggito spaventato perche’ intorno all’auto avevo una trentina di persone. E se ho investito qualcuno, non me ne sono accorto”. Fabio Manduca per la prima volta ha deciso di rispondere ai magistrati di Milano per difendersi dall’accusa di omicidio volontario, formulata dai pm convinti che il tifoso napoletano abbia travolto e ucciso con il proprio suv Daniele Belardinelli, l’ultra’ del Varese morto negli scontri del 26 dicembre 2018, poco lontano da San Siro prima della partita fra Inter e Napoli. La tesi della Procura era stata sposata dal gip Guido Salvini, che un anno fa ha ordinato l’arresto del 40enne, poi dal Tribunale del Riesame e infine e’ sostenuta da una consulenza tecnica firmata da diversi esperti, tra cui la nota anatomopatologa Cristina Cattaneo. Il prossimo vaglio sara’ quello del giudice Carlo Ottone De Marchi, che nell’udienza preliminare ha accolto la richiesta dell’imputato di essere giudicato con il rito abbreviato, iter che, in caso di condanna, garantisce uno sconto di un terzo sulla pena. La prima udienza e’ fissata per il 2 novembre. Intanto, Manduca da dicembre e’ ai domiciliari, con il permesso di uscire per svolgere il suo lavoro di autista per un’agenzia di pompe funebri. E, come preannunciato, l’ultra’ napoletano ha chiesto di essere interrogato questa mattina: dopo aver scelto di rendere solo dichiarazioni spontanee al gip a fine 2019 e piu’ volte rimasto in silenzio di fronte agli inquirenti, per la prima volta l’imputato ha risposto alle domande (una cinquantina) del gup e dei pm Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro, titolari dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Letizia Mannella per fare luce sugli scontri fra gli ultra’ del Napoli e quelli dell’Inter, spalleggiati dagli ‘alleati’ di Nizza e Varese. Difeso dall’avvocato Eugenio Briatico, l’uomo ha negato di essere un ultra’ del Napoli, ma si e’ definito piuttosto un simpatizzante dell’Inter. Ha sostenuto che quella era la sua prima volta allo stadio per assistere a una partita degli azzurri, che solo tre giorni prima si era procurato la tessera da tifoso. E che conosceva solo una delle altre quattro persone a bordo del suo Renault Kadjar, il fratello di un leader del gruppo ultra’ napoletano Mastiffs. “Ho visto un razzo rosso prima del semaforo – si e’ difeso Manduca -. Il Transit davanti a me ha fatto retromarcia e l’ho passato a sinistra. Poi la polizia ha fatto segno di andare avanti e ho guidato dritto fino allo stadio senza fermarmi”. Manduca ha anche raccontato di aver sentito, prima del semaforo di via Zoia, il suo suv sobbalzare, spiegando pero’ di non aver capito cosa fosse l’ostacolo, e che sull’asfalto c’erano bastoni e altri oggetti. Una versione “non credibile” per l’avvocato Gianmarco Beraldo, legale della mamma di Belardinelli, una delle tre parti civili che si sono costituite, assieme alla moglie dell’ultra’ del Varese e alla figlia. Una versione molto diversa dalla ricostruzione dei pm, sostenuta dalla perizia tecnica, secondo cui Belardinelli, che aveva assunto cocaina, nella prima fase della ‘guerriglia’ ha colpito con un bastone, o qualcosa di simile, il finestrino del Transit, in testa alla carovana dei tifosi napoletani. E’ caduto per terra, rompendosi una clavicola e a quel punto, Manduca, con il suo Kadjar, subito dietro il Transit, ha accelerato e schiacciato l’ultra’ del Varese. Una circostanza provata, hanno rilevato gli esperti, da una traccia di sigillante trovata sul giubbotto della vittima, che e’ quello utilizzato dal costruttore per il pianale inferiore del Kadjar.

Advertisement

Cronache

Auto in fiamme, muore una donna

Pubblicato

del

Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

Continua a leggere

Cronache

Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

Pubblicato

del

Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

Continua a leggere

Cronache

Malore in caserma, muore vigile del fuoco

Pubblicato

del

Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto